"La prostituzione è nata con il genere umano? Anche l'omicidio. Ma non per questo ci sogneremmo di legalizzarlo". ha detto la scorsa settimana alla stampa Myrthe Hilkens, trentaquattrenne deputata laburista olandese, poco prima di imbarcarsi sul volo che l'avrebbe portata a Stoccolma. Motivo della visita? Un incontro con le autorità locali per studiare la via scandinava al problema della prostituzione. Secondo il governo svedese, la normativa introdotta nel 1999, che proibisce l'adescamento ma non punisce le prostitute, avrebbe ridotto del 50% il fenomeno, cancellando la presenza di lucciole dalla strada. E proprio a questo modello stanno guardando i laburisti del Pvda (partij van de arbeide), partner di minoranza della coalizione "violetta" alla guida dei Paesi Bassi, per combattere lo sfruttamento della prostituzione: tolleranza zero contro il traffico di persone e sanzioni per i clienti.
Ma l'Olanda non è la Svezia e nel paese dei tulipani l'esercizio del mestiere più antico del mondo è legale dal 2000: alle lavoratrici del sesso è richiesto di aprire una partita Iva presso il Belastingdienst, l'ufficio delle tasse dei Paesi Bassi o, nel caso delle signore assunte da bordelli, sex-clubs o agenzie di escort (attività anche queste legali) di pretendere dal loro datore di lavoro un regolare contratto.
Sorprendentemente le critiche più aspre alla legislazione in vigore arrivano proprio dalla nuova classe dirigente del più grande tra i partiti progressisti che allora votarono la riforma. Se la giornalista-onorevole Hilkens considera la legge del 2000 "un'ingenuità politica" il collega di partito Lodewijk Asscher, 38 anni, vicepremier e ministro degli affari sociali, è già un veterano della guerra alla prostituzione combattuta fino allo scorso anno da vicesindaco di Amsterdam.
Un dato preoccupante è che a 13 anni di distanza dall'entrata della riforma, il processo di "normalizzazione" delle professioni legate al sesso, come denunciato dall'ex sindaco di Amstrdam Job Cohen, sembra essersi incagliato tra le maglie della tratta internazionale delle schiave e degli enormi investimenti della criminalità organizzata.
"8 ragazze su 10 in vetrina non sono olandesi" racconta Jacqueline, volontaria presso il centro di informazione per le prostitute, un'associazione no-profit che ha sede nel cuore del Quartiere a Luci Rosse di Amsterdam "vengono in gran parte da Bulgaria, Ungheria, Ucraina e Russia. E' probabile che che fenomeni di sfruttamento esistano ma comunicare con loro non è affatto semplice: poche parlano inglese o olandese e il "ricambio" è molto rapido: difficile vedere le stesse facce per più di qualche settimana." Un commesso, che preferisce restare anonimo, di uno dei tanti sexshop che si succedono ininterrottamente lungo i canali del quartiere a Luci Rosse, ci spiega che lavora quotidianamente a stretto contatto con le ragazze: "Vengono ad acquistare da noi preservativi, lubrificanti, tamponi, abiti sexy per il lavoro e quant'altro. Le vedi per settimane, poi spariscono per mesi e quindi tornano nuovamente" prosegue "Sono molto schive e quasi nessuna di loro parla inglese, quindi è difficile comunicare. Ma le poche che lo fanno ti raccontano che nei periodi di assenza sono a lavorare presso altri quartieri a luci rosse in giro per l'Europa: oggi ad Amsterdam, domani ad Amburgo, dopodomani magari a Bruxelles."
Secondo alcuni politici, tra il 50% e l'80% delle professioniste sarebbe vittima di sfruttamento. "Difficile dirlo" prosegue il commesso "spesso vengono in compagnia di uomini di mezza età i quali fanno per loro acquisti per centinaia o anche migliaia di euro. Non saprei dire se i loro accompagnatori siano stati scelti volontariamente o meno ma quando vengono da sole, o in compagnia, spendono cifre da capogiro." Imprenditrici autonome o schiave-pendolari nel mercato unico del sesso? Per Corinne Dettmeijer, capo dell'Osservatorio dei Paesi Bassi sulla tratta degli esseri umani, la libera circolazione in Europa è una questione chiave: "Rispetto al 2000, il quadro è mutato radicalmente: non più solo donne olandesi, come una volta, emancipate e sicure che lavorano in luoghi che conoscono. Ora si tratta nella maggior parte dei casi di ragazze giovanissime provenienti soprattutto dall'Europa centro-orientale, povere e vulnerabili. In qualità di consulente per il governo, ho redatto una proposta di modifica all'attuale normativa, ora in discussione al senato; se dovesse essere approvata, tra le altre previsioni, l'età legale per prostitursi salirà a 21 anni, saranno introdotti l'obbligo di registrazione ed un test di lingua olandese."
Un giro di vite, certamente, ma ben lontano da quella legislazione semi-proibizionista adottata in Svezia che ha raccolto il consenso trasversale di laburisti e partiti a ispirazione cristiana. "Il sistema svedese parte dal principio morale che pagare per una prestazione sessuale è sbagliato. Ragionamento legittimo, ma la discussione in corso in Olanda è altra e riguarda la lotta allo sfruttamento, non un giudizio sulla prostituzione. Non esistono d'altronde prove scientifiche che confermino l'efficacia di un sistema rispetto all'altro a proposito della grave questione della tratta delle donne."
Il primo esperimento al mondo di regolamentazione del settore può essere considerato un successo, seppur parziale? Conclude Corinne Dettmeijer: "La legalizzazione delle case di tolleranza ha certamente migliorato la sicurezza delle prostitute dando loro visibilità e favorendo un processo di destigmatizzazione dell'attività. Ora però è fondamentale che lo Stato si concentri anche sui fenomeni di sfruttamento che avvengono nel sommerso"