Centinaia di migliaia di euro in banconote da 500. Fatte recapitare dal Cavaliere al senatore, in una valigia, a palazzo Madama. Per farlo passare dall'Idv alla destra. Ecco tutti i verbali e la confessione dell'imputato

Come in un film di Brian De Palma, Sergio De Gregorio ha rovesciato la valigia piena dei soldi sulla sua scrivania. I soldi erano tanti, centinaia di migliaia di euro in banconote da 500, quelli che Silvio Berlusconi gli ha fatto recapitare per tradire il centrosinistra e passare con lui.

Incredibilmente, Valter Lavitola, il corriere, non li porta a casa del senatore, o in un bar del centro. La mazzetta arriva direttamente in Parlamento, nell'ufficio di De Gregorio. Uno sfregio alle istituzioni mai visto prima.

Andrea Vetrominile è uno dei testimoni chiave dell'inchiesta che rischia di travolgere - ancora una volta - Silvio Berlusconi. Vetrominile è uno dei principali collaboratori di Sergio De Gregorio, nonché contabile del suo movimento "Italiani nel Mondo, e assiste alla scena. È un testimone oculare.

Racconta ai pm Woodcock e Piscitelli che Berlusconi, allora capo dell'opposizione, avrebbe versato 2,5 milioni in tutto in più tranche. Un milione tramite un bonifico a "Italiani nel mondo". Un altro milione e mezzo in contanti «Mi risulta che solo Lavitola ha consegnato al De Gregorio la somma in contanti di 450/500 mila euro nella sede del Parlamento. Ciò mi consta in quanto assistetti all'operazione. Ricordo che stavo con De Gregorio quando si presentò la Vitola con una borsa che io sapevo che re piena di soldi in quanto fu lo stesso De Gregorio che mi annunciò la visita di Lavitola. Gli avrebbe consegnato i soldi di Berlusconi qual ringraziamento per il passaggio al suo schieramento politico».

A quel tempo, ricordiamolo, De Gregorio era presidente della Commissione difesa del Senato. Eletto con la lista di Antonio Di Pietro, aveva ottenuto l'incarico facendosi votare dal centrodestra. «Quando Lavitola entrò nella stanza De Gregorio mi chiese di uscire. Dopo, quando rientrai, la scrivania di De Gregorio era piena di soldi. A domanda rispondo che i soldi erano nel cassetto e che li vidi perché il De Gregorio ne prelevò una parte per pagare un suo collaboratore».

La Procura di Napoli ha depositato in mattinata alla Camera dei Deputati la richiesta di sequestro di una cassetta di sicurezza intestata a Silvio Berlusconi, perché l'ex presidente del consiglio è indagato per corruzione e finanziamento illecito, relativa a una vicenda di compravendita di senatori nel 2006, all'inizio della legislatura. In particolare ci si riferisce all'erogazione di somme di denaro, quantificate in tre milioni di euro, al senatore Sergio De Gregorio in relazione al suo passaggio dall'Idv al Pdl. Berlusconi è stato inoltre invitato a comparire davanti ai magistrati martedì 5 marzo per essere interrogato.

L'inchiesta ha portato ad interrogare numerose persone per riscontrare le accuse di De Gregorio che ha deciso di collaborare visto che la sua mancata candidatura lo porterà presto, con il nuovo parlamento, a privarsi dell'immunità e quindi a finire in cella. Nei suoi confronti è stato emesso in passato un provvedimento cautelare bloccato dal Senato.

Anche la segretaria del senatore accusato di essere stato corrotto dall'ex premier è stata sentita dai giudici. Sempre assillato da problemi economici e debiti, De Gregorio la manda continuamente in banca a spicciare le sue faccende. «Lui» racconta Patrizia Gazzulli «non le frequentava volentieri». Tutto cambia nel 2006, quando l'ex giornalista entra in Senato. La segretaria capisce che le cose si sono messe bene quando, d'improvviso, una mattina De Gregorio le affida 150 mila euro in contanti per versarli in uno dei suoi conti aperti a Napoli. «Fu proprio in quel'occasione» ricorda «che De Gregorio - dandomi la suddetta somma che prelevò da un cassetto dove c'erano altri soldi - mi disse sorridendo che da lì in poi, almeno per un certo periodo, non avremmo avuto più problemi dal momento che l'onorevole Berlusconi gli aveva dato del denaro».

Insieme a Silvio Berlusconi il trasformista Sergio De Gregorio confessa ai pm di Napoli di «avere combattuto una guerra», perché «il problema di Berlusconi era immaginare che Prodi, che aveva prevalso per una manciata di voti, lo mandava a casa».

De Gregorio spiega che Berlusconi «era deciso ad individuare il malessere di alcuni senatori, di alcuni deputati che potevano determinare l'evento finale».
L'inchiesta mette in evidenza un sistema di corruzione, che per i pm sarebbe stato messo in atto da Berlusconi, Lavitola e De Gregorio. Quest'ultimo ammette di aver ricevuto dall'ex presidente del consiglio, tramite l'ex direttore de L'avanti, due milioni di euro in nero e in contanti in diverse tranche.

L'accordo che De Gregorio aveva stabilito con Berlusconi era a conoscenza non solo Lavitola, ma secondo il politico anche Marcello Dell'Utri. A questo proposito racconta che fra giugno e luglio scorso i due politici si sono incontrati in un albergo di Roma e De gregorio rivolgendosi a Dell'Utri gli ha detto: «Marcello, voglio soltanto dirti quali sono le cose che io ho fatto pe ril presidente Berlusconi, in base alle quali credo, non dovendomi e non volendomi candidare, credi di meritare in qualche modo un riconoscimento per il mio futuro, per la mia vita futura, perché questa vicenda giudiziaria mi auguro finirà».

Nelle storie che ricostruisce De Gregorio sull'accordo con Berlusconi ci sono retroscena curiosi, come quando il politico venne ricoverato per dei calcoli renali. «E proprio in quei giorni si verificò la circostanza che il governo Prodi metteva la fiducia, che io dissi che non avrei votato. Essendo in ospedlae, il presidente Berlusconi ritenne, con Lavitola, di venirmi a trovare, per darmi la sua solidarietà. Fu particolarmente clamorosa questa visita, il presidente mi venne a salutare e io gli dissi che sarei andato a votare anche in barella. E infatti, mi feci accompagnare in barella, in aula e votare contro la fiducia al governo Prodi».

De Gregorio, dopo aver ricordato che i rapporti numerici tra maggioranza e opposizione al Senato erano di 158 a 156, aggiunge che «ciò faceva ovviamente immaginare la possibilità di ribaltare gli elementi numerici e ricordo bene che già dopo il voto che mi vide eletto presidente della Commissione Difesa, discussi a palazzo Grazioli con Berlusconi di una strategia di sabotaggio, della quale mi intesto tutta la responsabilità».

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