Il fondatore del M5S è  arrivato nella Capitale e pensa di restarci. Per controllare da vicino i suoi parlamentari ma soprattutto per la campagna del Campidoglio. Anche perché il Pd non riesce a trovare un candidato decente

Nel centro di Roma l'eco delle risate e delle urla di Beppe Grillo durante la manifestazione di Piazza San Giovanni non si è mai dissolta. E ora si pensa che lo tsunami grillino che si è abbattuto sulle elezioni politiche della settimana scorsa, con ogni probabilità possa ripetersi per le elezioni amministrative di Roma del prossimo 26 e 27 maggio. 

Roma, la nuova Parma
A sibilare a denti stretti il paragone tra la città emiliana e la Capitale sono soprattutto i dirigenti del Partito Democratico romano. I dati usciti dalle urne delle elezioni politiche sono (per loro) preoccupanti. Infatti, se nelle elezioni regionali la figura di Nicola Zingaretti ha trainato alla vittoria la coalizione di centrosinistra in maniera nettissima, il voto politico, soprattutto alla Camera dei Deputati, non può lasciare tranquilli i dirigenti democratici. Il Pd, a Roma città, è il primo partito davanti al MoVimento 5 stelle per soli 20 mila voti. Un'inezia. E all'eventuale ballottaggio, viene dato per scontato che al secondo turno, l'elettorato di centrodestra riverserà il proprio gradimento sul M5S. Esattamente lo stesso meccanismo che ha fatto trionfare Pizzarotti. 

Primarie o non primarie
A circa due mesi dal voto per il Campidoglio, poi, il centrosinistra è ancora in alto mare nella scelta del suo candidato. E il risultato nazionale di certo non ha aiutato a sbrogliare la matassa: «Siamo come pugili suonati», confessano dal partito. Dopo che ad ottobre Nicola Zingaretti ha accettato la candidatura alla regione Lazio, si è solo navigato a vista, senza alcuna certezza. Sono mesi, infatti, che le primarie per la scelta del candidato sindaco vengono annunciate e ribadite ufficialmente, mentre "in camera caritatis" tutti si dicevano sicuri che le primarie non si sarebbero mai svolte. Un pasticcio nel quale - nell'inerzia totale - proliferava il numero dei candidati, senza però che un progetto per la città, o almeno una parvenza di discussione sul futuro di Roma, prendesse corpo. Addirittura ancora oggi c'è chi mette in dubbio non solo la data nella quale le primarie si dovrebbero tenere (7 aprile), ma anche che le primarie stesse si tengano. 

I candidati
La prima a candidarsi, addirittura l'estate scorsa, quando Nicola Zingaretti lanciava la sua scalata al Campidoglio, è stata la combattiva Patrizia Prestipino, assessore alla provincia di Roma, sostenitrice di Matteo Renzi alle primarie, compagna di Riccardo Milana, ex coordinatore romano della Margherita, poi passato all'Api con Rutelli, e in seguito all'Udc di Casini. Oltre a lei, in autunno, sono 'scesi in campo' anche David Sassoli, capo delegazione del Pd in Europa, Paolo Gentiloni, ex ministro delle comunicazioni, e Umberto Marroni, ex capogruppo del Pd in Campidoglio e da pochi giorni neodeputato democratico. Ma non mancano altri outsider o candidati minori.  In realtà, fanno notare dalla segreteria romana, a oggi si tratta solo di autocandidature , visto che i candidati ufficiali saranno proclamati solo dopo il 14 marzo, data entro la quale chi vorrà correre per le primarie dovrà presentare le firme. La verità è che nessuna di queste candidatura raccoglie appieno la fiducia del partito nazionale o di quello romano. Insomma, mentre si attende ancora la "candidatura della provvidenza", il nome che riesca a superare un impasse che va avanti da mesi, i giorni passano, il voto si avvicina, e la partita per il Campidoglio si fa sempre più difficile per il centrosinistra. 

Ignazio Marino
Nell'ultima settimana sembra aver preso corpo la candidatura del senatore Ignazio Marino. Sono molte settimane che si parla di un pressing di Goffredo Bettini, ideatore del cosiddetto "modello Roma" sul chirurgo per scendere in campo nella Capitale. Marino, dopo un primo diniego, sembra ora essersi convinto, anche se dal suo staff tirano il freno a mano, assicurando che per ora «non c'è alcuna certezza». Martedì sera, al tempio di Adriano a Piazza di Pietra, il neo governatore del Lazio Zingaretti ha chiamato sul palco e abbracciato Marino. Quasi un endorsement, insomma, da parte di quello che è sicuramente l'uomo politicamente più forte della Capitale. 

Ignazio Marino, candidato gradito anche da Vendola e dal suo partito, secondo il ragionamento di chi lo sostiene sarebbe - visto il suo profilo - l'esponente democratico che meno presterebbe il fianco alle critiche dei grillini, non essendo un uomo d'apparato, ma venendo dal mondo delle professioni.  Marino però sarebbe disposto ad accettare la sfida della Capitale soltanto se sostenuto dal partito, romano e nazionale; disponibile ad accettare elezioni primarie, ma solo sulla falsa riga di quanto accaduto in Lombardia con Ambrosoli. Insomma, la candidatura Marino - suggeriscono i bene informati - potrebbe materializzarsi se almeno uno dei due big in gara - Sassoli o Gentiloni - si ritirasse dalla competizione cosa che, al momento, nessuno dei due pare intenzionato a fare. Anzi, entrambi, sembrano non rallentare le proprie iniziative, proprio in vista dell'inizio della campagna elettorale vera e propria. Inoltre, gli avversari di Marino fanno notare che oltre a non essere romano (è nato a Genova), la poltrona di sindaco della Capitale per il chirurgo sembra un ripiego dopo che il ruolo di ministro della Sanità, a cui date le sue competenze mirava, sembra ormai sfumato. 

La decisione finale
Il voto delle elezioni politiche, fanno notare dalla segreteria romana - ha ulteriormente complicato la partita del Campidoglio. In molti erano sicuri del fatto che con una vittoria del centrosinistra, la poltrona di sindaco di Roma diventasse un elemento dell'accordo nazionale con i 'montiani'. Ora che il centro è praticamente sparito dalla geografia politica della Capitale, e che la segreteria di Bersani non sembra in grado di imporre nulla a nessuno, la partita si complica ulteriormente. «Quel che è certo - ammetto alcuni dirigenti romani - è che rimangiarsi le primarie è improponibile, la base non lo accetterebbe mai». E intanto, c'è chi agita il fantasma Grillo, intenzionato - dicono - a conquistare Roma, trasferendosi nella Capitale per tutto il mese di maggio a fare campagna elettorale.