Un bellissimo documento geografico con scritte e disegni. Forse risalente all'antico Egitto, forse invece fatto da un falsario dell'800. Da sette anni gli studiosi litigano sulla sua autenticità. E lo spettacolo continua
Lo avevamo lasciato due anni fa sbugiardato su tutti i giornali italiani come un falso ottocentesco. Lo ritroviamo al centro di convegni e saggi di specialisti di tutto il mondo. E pronto a mostrarsi di nuovo in pubblico. Ma cos’è successo al Papiro di Artemidoro?
Era il 2006 quando questo oggetto singolare - un rotolo frammentato, lungo oltre due metri, coperto su entrambi i lati da un testo in greco, disegni e una carta geografica - balzò agli onori delle cronache, passando poi precipitosamente dalle stelle alle stalle. Esposto a febbraio a Torino da una Fondazione per l’Arte della Compagnia San Paolo fiera di mostrare come aveva investito l’iperbolica cifra di 2 milioni 750 mila euro, il papiro fu presto impallinato con critiche sempre più dettagliate da Luciano Canfora, grecista famoso e polemista imbattibile, e da altri studiosi.
Quello che per Salvatore Settis, storico dell’arte antica e collaboratore di questo settimanale, e per il papirologo Carlo Gallazzi - consulenti dell’acquisto - era un
tesoro del primo secolo d.C., per Canfora era invece l’opera del re dei falsari ottocenteschi, il greco Costantino Simonidis. La
polemica è andata avanti per anni sui principali quotidiani italiani. Che all’inizio si sono divisi il campo - Canfora attaccava dal “Corriere della Sera”, Settis rispondeva da “Repubblica”, “La Stampa” tifava San Paolo con moderazione - per essere poi tutti conquistati dal “partito del falso”: finché nel 2011 il “
Sole 24 Ore” ha parlato di «pistola fumante» che dimostrava la frode.
La cosa è finita lì. Ma solo in Italia, dove Settis e i suoi avevano da tempo scelto il silenzio di fronte alle accuse di Canfora, che al “falso Artemidoro” ha dedicato finora una cinquantina di articoli e diversi volumi divisi tra Sellerio, Laterza,
Rizzoli e altri editori. All’estero però gli studi non si sono fermati. E molti lavori scientifici, tutti schierati per l’autenticità dello “strano Artemidoro”, sono arrivati in libreria proprio in questi mesi. Fino a creare l’impressione di una disputa papirologica che vede l’Italia schierata contro il resto del mondo.
Nel settembre scorso, la rivista tedesca “Historia” pubblica gli atti di un convegno tenuto a Oxford nel 2011. Come riassume nella sua introduzione l’archeologo Jas Elsner, «gli autori dei saggi qui riuniti sono convinti che il papiro sia autentico», perché «malgrado la straordinaria energia di chi vorrebbe negarne l’autenticità, l’ipotesi che si tratti di un falso poggia su una fragile struttura». In ottobre esce a Cambridge “
The Classical Review”, che nel 2009, con una recensione del grecista americano Richard Janko, aveva dato un fondamentale appoggio alle ipotesi di Canfora. Ora però Dominic Rathbone, storico del King’s College di Londra, recensendo tre volumi della sterminata bibliografia sull’Artemidoro,
stronca le ipotesi di falso.
Studiosi spagnoli, francesi, tedeschi e americani raccolgono in un volume delle edizioni Led i loro interventi al convegno del 2009 dalla Società Geografica Italiana. L’anno 2013 si apre con un convegno a Madrid su “Arte scienza geografia e filosofia nel papiro di Artemidoro”. Lo presiede Irene Pajon Leyra, geografa spagnola che pochi giorni fa, in una conferenza a Budapest, ha riconosciuto i meriti di Canfora: «Anche se la maggior parte della comunità scientifica accetta ormai l’autenticità del papiro, bisogna sottolineare che gli argomenti con cui Canfora ha sostenuto le sue ipotesi sono in gran parte basati su reali problemi che il documento presenta e che prima di lui erano passati inosservati. L’attenzione attirata su questi punti ha portato gli studiosi a concentrare i loro sforzi, e paradossalmente la ricerca ha fatto progressi più rapidi grazie alle polemiche». Vediamo questi progressi, confrontando nei punti principali le ipotesi di Canfora e dei suoi
sostenitori con le risposte recenti degli studiosi stranieri.
TRE VITE CONTRO TRE FALSARI Vero o falso che sia, di certo questo papiro è ben strano: tanto che in entrambe le ipotesi per realizzarlo ci vogliono tre passaggi. Settis e i suoi hanno ipotizzato “tre vite”: la prima come testo geografico, interrotto forse per un errore nella carta geografica, che è incompiuta; la seconda come prontuario di illustrazioni per mosaici, che spiegherebbe gli eleganti disegni di animali simili a quelli del mosaico romano di Palestrina; la terza come foglio per schizzi di studenti di disegno, che avrebbero realizzato volti, piedi e mani che riempiono gli spazi bianchi accanto al testo.
Per Canfora queste sono tutte fantasie, ma anche la realizzazione “falso Artemidoro” sarebbe avvenuta in tre fasi. Prima ci sono tre «sigari» di papiro arrotolato che erano conservati in un museo di Liverpool accanto a una collezione, i Papiri Meyer, su cui il famigerato Simonidis aveva lavorato a metà dell’Ottocento. Poi, nel Novecento, quei “sigari” manipolati dal falsario sono stati rubati e trasformati nei frammenti comparsi misteriosamente sul mercato intorno al 1980. Infine la terza frode: la falsificazione della foto che proverebbe l’esistenza del “Konvolut”, l’ammasso di fogli che secondo gli attuali proprietari conteneva il papiro. Foto dichiarata falsa da tecnici italiani, ma autentica per l’esperto tedesco Hans Baumann, che in un lungo intervento in appendice al volume delle edizioni Led spiega perché «non c’è motivo di pensare che questa foto sia un falso».
PAPIRO, INCHIOSTRO E GRAFIA Il rotolo in sé è antico: su questo sono tutti d’accordo, grazie alla datazione al carbonio 14. Qui però le strade si dividono. Simonidis era in grado di procurarsi papiro antico, dice Canfora. Ma Rathbone su “Classical Studies” risponde così: «La storia di un falsario che si procura un grande rotolo di papiro antico mai usato e realizza inchiostri identici a quelli antichi per creare un prodotto che un bel giorno viene fatto a pezzi e nascosto nel “Konvolut” è troppo difficile da accettare. Più ancora dell’idea che da quell’ammasso informe e di dubbia provenienza» sia stato riportato alla luce un documento autentico. Datare l’inchiostro non è possibile (bisognerebbe distruggere gran parte di testo) ma esami chimici hanno confermato che è a composizione vegetale, come usava in quell’epoca: «Mentre Simonidis, che ha riutilizzato alcuni frammenti di papiro autentico, ha sempre usato inchiostri metallici», nota Rathbone. La scrittura? Secondo il papirologo belga Alain Delattre un eventuale falsario avrebbe dovuto ispirarsi per le diverse lettere a quelle testimoniate da vari papiri di Ercolano, fino a produrre un inverosmile collage paleografico. E comunque, nota Rathbone, «la scrittura usata da Simonidis nei suoi
falsi non è mai simile a questa».
TESTO, SBAVATURE E AVATAR Una parte del testo era già nota: è un brano sulla Spagna del geografo Artemidoro di Efeso. Le colonne che la precedono però offrono un testo incomprensibile: da qui sono iniziati i dubbi di Canfora. «È vero, ma la sequenza presentata dagli editori è smentita dalla disposizione delle tracce speculari lasciate da testo e disegni sul lato opposto del rotolo», dice Giambattista D’Alessio, grecista italiano trapiantato al King’s College di Londra, che infatti ha proposto una diversa
ricostruzione dei frammenti. «Le colonne non artemidoree offrono un testo non ben riuscito, da un punto di visto stilistico e linguistico. Ma mentre la selezione della tradizione medievale ci ha filtrato per lo più testi di livello elevato, i papiri conservano anche numerosi prodotti meno rifiniti e tentativi letterari più bizzarri». Per Canfora l’intraducibilità di alcune frasi è una prova del falso, ma Rathbone obietta: «Non è detto che il testo sia opera di “un greco non antico”. Potrebbe essere di “un antico non-greco”, cioè appunto di un egiziano». La ricostruzione proposta da D’Alessio è stata confermata anche da uno spettacolare esperimento raccontato su “Historia”. Segoléne Tarte, studiosa francese specializzata nel rapporto tra immagini digitali e realtà, ha presentato un
avatar del papiro ricostruito sulle “tracce speculari” che sono uno dei punti più controversi. Canfora se ne fa gioco nelle pagine più caustiche del suo “La meravigliosa storia del falso Artemidoro”. Per la Tarte invece sono la prova della teoria del rotolo unico: con buona pace dei tre “sigari” di Liverpool.
LA MAPPA Occupa quasi la metà del rotolo ed è un vero rompicapo. Pierre Moret, archeologo di Tolosa, nel volume Led scrive che «tutto porta a credere che qui sia raffigurato il delta del Nilo». Altri parlano della
Spagna o di
Cipro. Nessuno dei geografi prende sul serio l’ipotesi che si tratti di un falso. L’americano Richard Talbert, decano degli storici della cartografia, nota: «I falsari amano creare enigmi, ma allo stesso tempo tendono a lasciare indizi che conducono alla soluzione. E Simonides in particolare amava evidentemente prendere in giro e sfidare esperti e collezionisti».
Tutto chiaro quindi? Niente affatto. Come dice D’Alessio, «con le nuove tecnologie è più facile scoprire i falsi ma è anche più facile realizzarli. Di nessun manufatto siamo in grado di dire che non sia stato falsificato l’altroieri, e questo vale, in teoria, anche per il papiro di Artemidoro. Ma nessuna prova anche lontanamente convincente a questo riguardo è stata portata, e io non ho nessun motivo di ritenere che sia un falso, ma molti motivi per ritenere che sia autentico. Che sia ottocentesco, poi, credo che lo si possa escludere con totale certezza». Intanto, dopo essere rimasto per anni chiuso nella Reggia di Venaria, il Papiro tornerà alla luce entro fine anno. Non però nel Museo Egizio al quale era destinato prima della bufera, ma nel Museo di antichità di Torino. «Lo esporremo in una
sala speciale, con tutte le informazioni sulla polemica date con la massima obiettività», spiega la direttrice Gabriella Pantò. «Noi della soprintendenza propendiamo per l’autenticità, ma anche in caso contrario è comunque una straordinaria opera d’ingegno». Se poi si dimostrasse che il papiro è vero le sue vicissitudini non sarebbero finite, anzi. Finché regge la tesi di Canfora, Artemidoro può restare a Torino. Ma se è autentico, l’Egitto potrebbe tornare alla carica, come aveva fatto nel 2006, per chiederne la restituzione.
Altri siti interessanti sull'argomento La principale
fonte sulle frodi di Simonidis – parla dei “tre sigari” ma scrive che Simonides non era in grado di falsificare papiri: J.A. Farrer, Literary Forgeries
Sito australiano su
tutti i tipi di falsificazione – l'unico papiro citato è quello di Artemidoro
Catalogo della mostra del British Museum sui falsi: si parla di Simonidis per un codice. Nella mostra non c'era nessun papiro, a conferma che nella storia delle frodi, i papiri falsi sono stati solo falsi grossolani e presto scoperti
Ancora sulla difficoltà di falsificare un papiro: circa 1000 dei 180mila papiri della collezione ottocentesca della Biblioteca nazionale di Vienna sono falsi, ma «questi pezzi oggi sono facilmente riconoscibili subito come falsi»: introduzione alla mostra “
Kopie und Falschung” del 2001
Come si estrae un papiro sano e leggibile dall'
imbottitura di una maschera mortuaria Ma come sono fatti gli altri papiri? La collezione del
Museo del Cairo