La chiamano la scuola multietnica dell'Esquilino, il fiore all'occhiello della multiculturalità romana. Eppure proprio la scuola elementare Di Donato, poco dopo Pasqua, si è resa protagonista di un rumoroso gesto di intolleranza. A sole sette settimane dalla fine dell'anno scolastico, ha infatti lasciato a casa 500 bambini italo-cinesi che da settembre utilizzavano le sue aule per il loro doposcuola. Lo ha fatto legalmente, dopo avere scelto di non rinnovare la convenzione con l'organizzazione cinese di soli tre mesi, pur sapendo che il programma dell'associazione segue il calendario scolastico.
Nel farlo ha gettato alle ortiche non solo sei anni di collaborazione proficua, durante i quali la scuola Zhonghua, riconosciuta dal governo cinese e seconda per importanza a livello nazionale dopo un istituto di Prato, era diventata il punto di riferimento della comunità cinese romana, ma anche una reputazione che era sinonimo di speranza.
«I bambini del doposcuola rubavano matite e gomme dei bambini del lungo orario e lasciavano i banchi in disordine: la situazione era diventata intollerabile», tuona Francesca Valenza, presidente del Consiglio di Istituto della Di Donato, aggiungendo che c'erano anche irregolarità amministrative, ma rifiutandosi di chiarire quali.
Motivazioni troppo deboli per giustificare un gesto simile. Difficile pensare che la stessa situazione sarebbe potuta accadere a 500 compagni di scuola italiani. «Noi abbiamo pagato tutto tutto ciò che era richiesto dal contratto fino ad Aprile», ribadisce Zhonghua Jiang, la maestra cinese, laureata in lingua e letteratura cinese, che ha fondato l'associazione: «Ogni problema lo avremmo potuto risolvere e ci avrebbero anche potuto avvertire che non ci avrebbero voluti l'anno prossimo, ma così, all'improvviso, lasciando i bambini letteralmente per strada è terribile». C'è chi sospetta che la scuola stava avendo troppo successo, che la comunità cinese che girava attorno all'istituto era troppo numerosa. Altri mormorano dell'interesse di alcuni membri del Consiglio di istituto a creare una loro scuola cinese.
La preside, Maria Letizia Ciferri, non risponde al telefono. Il presidente del primo municipio, Orlando Corsetti, in quota Pd, ha tentato una mediazione per permettere ai ragazzi di terminare almeno l'anno scolastico. Tentativo infrantosi però sull'intransigenza del ministero dell'Istruzione che ha ribadito che le scelte riguardanti il doposcuola spettano al Consiglio di Istituto.
Zhonghua aveva cominciato con 26 alunni cinesi e un pizzico di inventiva. Lo scopo era dare ai figli degli immigrati cinesi l'opportunità di potere imparare a leggere e a scrivere la propria lingua pur crescendo in un ambiente italiano. Dopotutto saranno loro i ponti del domani: coloro che con fatti e parole potranno concretamente essere l'anello di congiunzione tra il nostro Paese e la Cina.
Nel corso dei sei anni il numero di studenti era cresciuto tanto da raggiungere i 50 bambini al giorno durante la settimana e 400 il sabato.Vi giungevano non solo da tutta Roma ma anche dalla provincia. E negli ultimi anni la scuola aveva perfino attratto l'attenzione di alcune famiglie italiane che vi inviavano i pargoli perché apprendesse la lingua del futuro.
«Nostra figlia era molto felice di questa scuola», racconta Clara Colombo, una grafica che lavora all'Esquilino: «Era un piccolo grande passo verso l'integrazione». Adesso i cancelli di ferro scuro sono chiusi per il doposcuola cinese. Come dice il cartello: «Fino a ulteriore avviso».