Marco Staderini, l'uomo di Casini
che non piace a Matteo Renzi
Dopo una lunga serie di incarichi, spesso cumulati, il fedelissimo del leader Udc è riuscito a diventare presidente di Sogesid, la controllata del ministero dell'Economia che si occupa di bonifiche, acque, rifiuti. Ma il presidente del Consiglio non ha gradito. E ora vuole tenerlo fuori dai fondi per il dissesto
E' stato nominato il 26 agosto, con un blitz estivo, secondo le migliori tradizioni. «Per fare un salto di qualità nelle sfide che attendono il Paese nel campo delle bonifiche ambientali e del dissesto idrogeologico», recitava il comunicato del ministero dell’Ambiente. Certo, chi meglio di lui per fare il salto? L’ingegner Marco Staderini, romano, 68 anni, è il nuovo presidente di Sogesid, società per azioni controllata al cento per cento dal ministero dell’Economia che si occupa di acque, bacini idrici, bonifica delle terre, rifiuti. E produce consulenze: 35 milioni in quattro anni, giusto la cifra già stanziata ma mai utilizzata che sarebbe servita a bonificare il Bisagno all’origine delle catastrofiche alluvioni di Genova.
Nel curriculum Staderini vanta poltrone di tutti i tipi e in ogni campo, spesso cumulando gli incarichi: amministratore delegato e presidente di Lottomatica; presidente della Sogei, l’agenzia del ministero dell’Economia che cura l’anagrafe tributaria; presidente dell’Inpdap, l’Istituto nazionale di previdenza dipendenti aziende pubbliche. E ancora, consigliere di amministrazione delle Ferrovie e due volte nel cda della Rai, infine amministratore delegato dell’Acea, la multiutility romana, ad occuparsi di acqua e rifiuti.
Un uomo per tutte le stagioni? No, perché in ogni passaggio Staderini rappresenta sempre la stessa quota, anzi, lo stesso partito, meglio ancora, lo stesso leader: Pier Ferdinando Casini. Una garanzia: dove c’è lui c’è Pier. Così modellato sul suo protettore che una volta, era il 2002, con la Rai nel caos, Staderini cominciò a disertare le sedute del cda di cui era ago della bilancia: aspettava il ritorno di Casini in visita di Stato da presidente della Camera in Brasile per decidere con chi schierarsi, se con i consiglieri della destra o della sinistra. Casini tornò e Staderini, finalmente, decise.
Per piazzare l’amico alla Sogesid Casini ha mosso la sua pedina nel governo, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. E ha sfidato le ire di Matteo Renzi: il premier non era informato della nomina ed è andato su tutte le furie. E dire che all’inizio dell’estate i rapporti tra Pier e Matteo erano idilliaci, con il centrista che si proponeva come terzo lato del patto del Nazareno, amico di Matteo e di Silvio, candidato ideale per il Quirinale.
Più delle amicizie contano gli interessi. La torta del dissesto idrogeologico, nel Paese delle frane e delle alluvioni, equivale a 2,3 miliardi di euro per realizzare 3.395 opere di messa in sicurezza del territorio, di cui 2600 mai partite. Staderini alla guida della Sogesid significa aprire un canale importante nel settore per la Vianini di Francesco Gaetano Caltagirone, suocero di Casini, proprietario del 16 per cento dell’Acea, molto interessato al business del futuro, le bonifiche ambientali. Un potere forte e al tempo stesso liquido (nel senso di disponibilità finanziaria) che in questi mesi ha calorosamente sostenuto il governo Renzi.
Il premier, però, è fermamente intenzionato a gestire il dossier sicurezza del territorio in prima persona. Da giugno c’è l’unità di missione di Palazzo Chigi guidata da un suo fedelissimo, l’ex sottosegretario ai Trasporti nel governo Letta Erasmo D’Angelis, già consigliere regionale toscano e presidente di Publiacqua con un passato in Legambiente, esperto di tutela del territorio. Tocca a lui gestire le risorse e le deroghe per accelerare i cantieri previsti nel decreto Sblocca Italia. Un modo per centralizzare gli interventi su Palazzo Chigi e strapparli al ministero dell’Ambiente.
Chi conosce Staderini prevede che la convivenza tra la Sogesid e l’unità di missione di D’Angelis sarà pacifica: tanto i renziani sono irruenti, tanto gli amici di Casini sono accomodanti. Eppure quella nomina sfuggita a Renzi dimostra che antiche lobby e vecchie parentele politiche sopravvivono anche nella nuova stagione. E sono pronte a contare.