«Poco tempo fa un fratello giovane ha pubblicato una sua foto a una festa su Facebook. È stato richiamato per quello che noi consideriamo un comportamento disdicevole». Antonio Binni, 77 anni, avvocato civilista con studio a Bologna, numero uno della Gran Loggia d’Italia degli Alam (antichi liberi accettati muratori) dopo le elezioni dello scorso dicembre, non ha paura di essere elitario, un filo démodé. La sua obbedienza, che una volta stava a Roma in piazza del Gesù e oggi si è spostata poco distante a palazzo Vitelleschi, è la seconda sotto il profilo numerico dopo il Grande Oriente con 10 mila iscritti (500 logge) ed è sempre passata per essere più conservatrice rispetto al Goi, oltre che collegata al Grande Oriente di Francia (52 mila iscritti) mentre il Goi si richiamava ai fratelli inglesi della Gran Loggia Unita.
L’elezione di Binni - suo zio era l’italianista Walter - è stata una conferma della linea di continuità con il passato contro i progetti rottamatori dell’avversario Luciano Romoli. La parola d’ordine è “pochi ma buoni” contro l’espansionismo modernista del Goi di Gustavo Raffi.
«Lui si è dichiarato massone in jeans. Io sono massone in blazer e non vengo remunerato per la mia carica», dice Binni. «Non lo dico per fare polemica con lui. Abbiamo buoni rapporti con il Grande Oriente d’Italia ma la nostra linea punta di più sugli aspetti culturali, è più restrittiva. E quando un profano “bussa” da noi per ottenere l’affiliazione, non ci limitiamo a richiedere il certificato penale o i carichi pendenti, ma ci informiamo con la nostra rete locale e pretendiamo che ci sia qualcuno che presenti il candidato facendosene garante. Questo ci ha tenuti lontano dagli scandali giudiziari tipo P2 che, pur essendo una loggia coperta del Goi e non nostra, ci attirò un mese di perquisizioni».
La presa di distanza dalla disinvoltura di certe affiliazioni targate Goi è evidente. Nello stesso modo pacato e filosofico Binni non risparmia la stoccata al Vaticano che, secondo quanto risulta al Gran Maestro, conta parecchi sacerdoti iscritti agli Alam, con buona pace di papa Bergoglio che ha denunciato il lobbismo dei muratori in tonaca. «Il pregiudizio religioso o laicista per noi non esiste», dice Binni. «A Milano ho appena affiliato un fratello musulmano che ha giurato sul Corano. In tutto il Nordafrica siamo ben organizzati, così pure nella zona balcanica e mi hanno appena chiesto di aprire una loggia in Ucraina».
L’altro punto di forza degli Alam è l’apertura alle iscrizioni femminili che rappresentano il 45 per cento dell’obbedienza e che spesso sono le mogli e le sorelle dei massoni del Goi. Nella prossima tornata elettorale, prevista nel 2016 se non sarà portata a termine la riforma verso un unico mandato quinquennale non rinnovabile, Binni si aspetta una candidatura femminile. «L’apporto della donna è indispensabile. Sempre sotto il profilo della tradizione».