Decine di scienziati. Migliaia di studi. Per trovare un test. Capace di dire se è più vecchio di noi. E quanto rischiamo

Anna è una splendida donna di trentacinque anni. Fuma da quando è ragazza e proprio non riesce a rinunciare alle sigarette. Il medico, nelle poche volte che si è fatta controllare la pressione, ha rilevato una massima che si aggira intorno ai 160 millimetri di mercurio. Suo padre è morto d’infarto, e lei lo ricorda bene, visto che era con lui quando è venuto l’attacco cardiaco. Il suo colesterolo supera di molto i 200 milligrammi per decilitro, ed è in massima parte di tipo “cattivo”, cioè legato alle particelle Ldl. Anna è in gran forma: non ha una ruga, la sua pelle è liscia, in ufficio è invidiata dalle colleghe. Eppure il suo cuore è “vecchio”: ha più o meno 47 anni. Nei prossimi dieci anni, il rischio di un infarto per lei è poco meno inferiore al 2 per cento. Eppure basterebbe poco per “ringiovanire” il suo cuore: un po’ di jogging, un drastico calo del colesterolo da ricondurre ben sotto i 180 milligrammi per decilitro, e della pressione da far scendere sotto i 130 di massima (eventualmente, ma non necessariamente con i farmaci), l’addio alle sigarette. Così, in poco tempo, il suo cuore sarebbe ben più giovane, persino della sua età anagrafica: avrebbe trent’anni. E Anna potrebbe aspettarsi di campare senza problemi cardiaci fino a 85 anni, e il rischio di averne nei prossimi dieci anni scenderebbe allo 0,25 per cento.

[[ge:rep-locali:espresso:285124042]]Marco ha la stessa età di Anna, e vive male come lei: un pacchetto di sigarette al giorno, il colesterolo supera i 250 milligrammi per decilitro, è iperteso. Anche lui ha avuto un caso di infarto in famiglia. Risultato: il suo cuore dimostra quasi dieci anni di più e lui si può aspettare un primo evento cardiovascolare intorno ai 66 anni. Eppure basterebbe poco: un modico calo del colesterolo – con la dieta – una riduzione della pressione arteriosa anche senza farmaci, lo stop al fumo e il gioco è fatto. Il suo cuore guadagna almeno sei anni, con l’età “cardiaca” che arriverebbe quasi a coincidere con quella anagrafica. L’importante, per Anna e Marco, è fare presto. Più tardano a prendere contromisure, più si avvicinano infarto o ictus. E mettere a posto il cuore diviene via via sempre più difficile.

Calcolatore on line
E voi? Quanti anni ha il vostro cuore? Non è un’escamotage giornalistico. A fare i calcoli e definire i paramentri è il nuovo calcolatore di rischio JBS3, messo a punto nel Regno Unito grazie al lavoro combinato di 11 diverse società scientifiche, da quella dei cardiologi a quella dei medici dell’ipertensione, da chi si occupa di ictus fino ai diabetologi e ai nefrologi. Per la prima volta non è più solo il medico a poter decifrare il rischio cardiaco del suo paziente attraverso le apposite carte, ma il cittadino stesso diventa il protagonista della prevenzione.

Lo strumento è stato presentato in pompa magna sulla prestigiosa rivista “Heart”. Si chiama Jbs 3 (Joint British Societies 3) ed è un algoritmo capace di rivelarci, per la prima volta, l’età del nostro cuore, che può essere anche dieci anni e più superiore a quella anagrafica. Il test (a questo link) può essere fatto da chi ha meno di 74 anni (dopodiché le faccende comunque si complicano) e da chi non ha già un’acclarata patologia cardiaca o comunque non è già sotto controllo medico a causa di un alto rischio cardiaco.

Non solo: consente anche di ottenere un vero e proprio sguardo sul futuro della salute, definendo quanti anni senza problemi a cuore e vasi sanguigni ci possiamo attendere. Un’operazione trasparenza in pieno stile anglosassone e firmata dall’intero establishment medico di fronte alla quale non possiamo far finta di non capire: le informazioni sono tradotte in immagini facilmente percepibili, che chiariscono quanti anni di salute ci possiamo aspettare se non prendiamo provvedimenti sui fattori di rischio. Il tutto attraverso una serie di passaggi a misura di analfabeta informatico.

Completata la stima del rischio, l’algoritmo propone le contromisure. E presenta varie opzioni che devono essere adattate caso per caso: così possiamo scoprire se abbassando la pressione l’età cardiaca si modifica, se la riduzione del colesterolo può portare a risultati davvero apprezzabili, quale può essere l’impatto in termini di salute dell’addio alla sigaretta. «È sicuramente uno strumento molto convincente», spiega Paolo Bellotti, primario di Cardiologia dell’Ospedale San Paolo di Savona: «Il cittadino comprende visivamente cosa significhi davvero fare prevenzione e quanto può guadagnare in termini di salute mettendo in atto semplici misure, in accordo con il suo medico, e non necessariamente attraverso i farmaci. Conoscere l’effettiva età del cuore significa davvero capire quanto importante può essere la prevenzione e come sia fondamentale iniziare subito, magari già in età giovanile, perché si ha davanti agli occhi quanto si allunga la propria vita».

Non solo diabete
Per ottenere questo risultato, i ricercatori d’oltre Manica si sono lanciati in un lavoro davvero ciclopico di revisione e valutazione dei dati. Il calcolo del rischio cardiovascolare infatti non si limita solamente ai parametri cardiaci, ma tiene conto sia del coinvolgimento di diversi organi che impattano sulla salute del muscolo più importante del nostro corpo, come ad esempio il rene, sia sull’eventuale presenza di patologie concomitanti, come il diabete o la fibrillazione atriale, che aumenta anche fino a cinque volte il rischio di andare incontro ad un ictus.

Accade così che chi utilizza lo strumento informatico - inserendo i propri dati generali, le abitudini di vita e parametri semplici come i valori di colesterolo e della pressione arteriosa - non ha solamente davanti agli occhi quanto rischia di avere un infarto nei dieci anni immediatamente successivi, ma può leggere in una semplice rappresentazione grafica il proprio punteggio . «Con Jbs3 la persona può davvero scegliere, sulla base della propria situazione, se fare prevenzione, quando e come portarla avanti, e finalmente comprende che non bisogna aspettare di aver superato i cinquant’anni per cominciare a pensare al proprio cuore», fa notare Bellotti.

Il nuovo algoritmo informatico, insomma, potrebbe diventare uno strumento estremamente efficace per dare un impulso alla guerra contro infarti e ictus cerebrali, che negli ultimi vent’anni ha conquistato una drastica riduzione della mortalità. Almeno la metà di questo successo è collegata direttamente alla riduzione dei fattori di rischio come fumo, ipercolesterolemia, ipertensione, diabete, obesità, sedentarietà e dieta povera di verdura e pesce.

«Ciononostante le malattie cardiovascolari rimangono la causa più frequente di ospedalizzazione e morte in tutto il mondo», osserva Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico Gemelli- Università Cattolica di Roma. E questo accade per due motivi. Certamente perché molte persone vivono portandosi appresso i loro conosciuti fattori di rischio: continuano a fumare, mangiano male, non si curano la pressione alta, ingrassano, non fanno attività aerobica. Ma anche perché, aggiunge Crea: «Circa il 10-20 per cento delle malattie cardiovascolari non è spiegato dai fattori di rischio conosciuti».

Abuso di farmaci
Resta comunque il fatto che la prevenzione cardiovascolare è il più potente salvavita mai conosciuto. E che l’opportunità di scoprire l’età del nostro cuore e dare uno sguardo al futuro ci mette a diretto contatto con le potenzialità concrete che ha cambiare il nostro stile di vita. Basta non farsi impaurire al punto da correre, invece che in palestra, in farmacia. Perché il rischio è quello di vedere decuplicati i consumi di antiipertensivi e statine per abbassare il colesterolo inghiottiti nel tentativo di dare più anni al nostro cuore.

E stiamo parlando dei due tipi di farmaci più consumati al mondo. Pompati spesso da indicazioni mediche molto discutibili. Tanto discutibili che le linee guida per utilizzarli differiscono di molto negli Usa e in Europa dove usiamo molto meno le statine, ad esempio. A rilevare questa discrepanza è una ricerca pubblicata su “Jama” e condotta presso l’Università Erasmus di Rotterdam. Gli scienziati, guidati da Maryam Kavousi, hanno dimostrato che seguendo i dettami delle società scientifiche d’oltreoceano (American Heart Association e American College of Cardiology) il trattamento farmacologico sarebbe stato indicato nel 96,4 per cento dei maschi e nel 65,8 per cento delle donne oltre i 55 anni. Applicando invece le linee guida della Società Europea di Cardiologia (Esc), invece, solo due uomini su tre e il 39 per cento delle donne avrebbe avuto necessità di un trattamento farmacologico per ridurre il colesterolo.

Se sul fronte del colesterolo l’eccesso di trattamento è dietro l’angolo, per l’ipertensione la situazione non appare di molto migliore. Le linee guida Usa, infatti, prescrivono di raggiungere valori che per gli over-60, in particolare se affetti da diabete e malattie croniche, davvero difficili da ottenere senza farmaci.

Jbs3, invece, vuole andare proprio nella direzione opposta. Come sottolinea ancora Crea: «L’obiettivo non è quello di incrementare il trattamento farmacologico dei fattori di rischio, ma piuttosto migliorare lo stile di vita». E basta andare oltre la schermata con l’età del cuore calcolata per avere i consigli degli espertti inglesi. Semplicemente, di click in click. Come per scegliere un mutuo per la casa o l’assicurazione auto più conveniente. In questo caso, però, non si assicura un mezzo, ma piuttosto il motore del corpo. E il tagliando delle arterie va iniziato fin da quando si è giovani.