Inchieste
19 giugno, 2014

Amazon, cosa è il Turco Meccanico

Come funziona e chi utilizza il 'market place' delle micro attività creato dal colosso americano. In cui migliaia di persone vengono pagate pochi spiccioli per dei lavori digitali ripetitivi

“Mechanical Turk”, Turco Meccanico. Così si chiama la piattaforma di crowdworking inventata nel 2005 da Amazon, oggi leader nel settore “catene di montaggio virtuali”, con oltre 500 mila lavoratori (almeno, dati ufficiali non esistono) che si contendono quasi 300 mila micro-attività per migliaia di padroni: il modello dello spezzatino produttivo portato a estremi che neanche Adam Smith sarebbe riuscito a immaginare.

Le mini-mansioni digitali messe in palio sulla piattaforma sono chiamate “Hits”, che sta per “Human intelligence tasks”, ovvero compiti che hanno bisogno dell’intelligenza umana: attività sufficientemente ripetitive e meccaniche da poter esser eseguite da chiunque, insomma, ma non abbastanza perché il computer se la cavi da solo.
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La piazza del nuovo caporalato funziona così: i web-padroncini mettono in palio attività digitali esplicitando la paga che intendono offrire. Gli aspiranti si candidano. E inviano al committente il risultato delle loro fatiche. A quel punto il “requester” può decidere di rifiutare - e quindi non pagare - i prodotti consegnati. Correndo l’unico rischio di finire fra i cattivi capi, vituperati dagli ex dipendenti sui forum.

Tutte le contraddizioni di questo modello sono indicate già nel nome scelto da Jeff Bezos: Turco Meccanico, ovvero il progenitore primo degli inganni nascosti nelle promesse tecnologiche. Il “Mechanical Turk” è infatti uno dei più celebri automi (o falsi-automi) della storia, inventato da Wolfgang von Kempelen su commissione dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Si trattava di un manichino di legno vestito all’orientale, capace di giocare a scacchi da solo. Il suo volto scuro e i suoi ingranaggi, portati in tournée, impressionarono migliaia di persone, diventando un mito del progresso. Ma un articolo del 1836 svelò come dietro quel robot affascinante ci fosse in realtà solo un povero schiavo che muoveva dall’interno la struttura. L’autore del pezzo? Era Edgar Allan Poe.

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