Come superare la Legge 40? Chi deve pagare? Il servizio nazionale? Che ruolo ha il Parlamento? La sterilità è ancora un tabù?  L'Espresso raccoglie i pareri degli esperti e lancia un dibattito. In attesa delle motivazioni con cui la Consulta spiegherà il suo ultimo intervento

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Fatti: l'infertilità colpisce, secondo l'Istituto superiore della sanità, il 15/20 per cento delle coppie. E la percentuale è in aumento. In Italia, però, la procreazione medicalmente assistita, (la possibilità quindi di avere figli grazie ai progressi della scienza) è stata fin qui regolata da una legge - la cosiddetta legge 40 - che impedisce a migliaia di persone l'accesso alle tecnologie mediche disponibili, costringendole ad andare all'estero.

Ora: il 9 giugno sono attese motivazioni della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha rifiutato uno degli ultimi divieti rimasti in piedi della legge, che in questi anni è stata via via dichiarata incostituzionale e discriminatoria in molte sue parti, così decadute. Il divieto su cui si è espressa da ultimo la Consulta è quello che impediva la fecondazione eterologa, ovvero la creazione di un embrione con gameti estranei alla coppia.

Quindi: quest'ennesima sconfitta della legge, e dunque della volontà del Parlamento, solleva molte questioni. Che riguardano la famiglia, la morale, il diritto alla procreazione, le priorità del Servizio sanitario nazionale e i suoi doveri. Domande che "l'Espresso" ha deciso di provare a porre a esperti, avvocati, pazienti. Per uscire dal conflitto manicheo fra oscurantismo (legge 40) e scienza (fecondazione artificiale), e affrontare invece i tanti dilemmi etici che questo tema porta con sé.

Riportiamo di seguito alcuni stralci dei primi interventi che abbiamo raccolto come base per una discussione. Al termine di ognuno c'è il link a cui trovare i testi completi. In fondo, lo spazio per le vostre risposte.

Chi paga?
"La base di ogni ragionamento è semplice: le tecniche di procreazione medicalmente assistita ci sono, chi vuole figli deve potervi avere accesso, le istituzioni devono garantire che questo accada nel rispetto della Costituzione, vale a dire che nella pratica medica non ci sia nulla che può danneggiare la salute delle coppie e dei nascituri. Perciò io penso che sia il Servizio sanitario nazionale a dover erogare le terapie. Chiaro e semplice, no? Mi resta però un interrogativo che si trascina dietro una valanga: chi paga? Tutto l'amabardan clinico della procreazione medicalmente assistita deve essere a carico della fiscalità generale e incluso nei livelli essenziali di assistenza? Io sarò molto chiara, a costo di risultare antipatica: no.
 -- > L'intervento completo di Daniela Minerva:  Procreazione assistita: chi paga?

Passateci voi
«Vorrei che lo viveste voi quel giorno. Che lo superaste voi quel mattino in cui il medico ti dice: “Lei non può avere figli”. Provatelo voi, quel momento. E poi saprete dire se l'infertilità è una malattia oppure no. Se va curata nelle strutture pubbliche oppure no. Coi soldi pubblici oppure no». Barbara Verza ha 43 anni. Ne aveva 29 quando è nato, grazie alla fecondazione artificiale, Saul. Sopravvissuta a due anni di ormoni, visite e controlli, non ha dubbi: «Se rinunciamo alla possibilità di garantire a tutti la procreazione medicalmente assistita significa che rinunciamo alla possibilità di essere un paese civile». Perché, insiste: «Che Stato è quello che ti dice: “Ho la cura, conosco il progresso che ha fatto la scienza in questo campo, ma non me lo posso permettere: per cui tieniti la tua menomazione?”».
--> La testimonianza completa di Barbara Verza:
"Io che l'ho vissuta non ho dubbi: lo Stato ha il dovere di dare questa speranza"


Lasciate che gli esperti
«La medicina deve intervenire per lenire la sofferenza là dove ne ha la possibilità». E chi decide cosa è malattia e cosa no? «Nei campi in cui non c'è una verità assoluta, e su cui la morale comune cambia continuamente, come quando si parla di salute riproduttiva, i consensi li fanno gli esperti. Sono loro – in questo caso l'Organizzazione mondiale della Sanità – a elaborare, anche sulla base della spinta etica socialmente condivisa, le definizioni. A cui lo Stato dovrebbe attenersi. Solo l'idea che oggi le linee guida sulla fecondazione artificale tornino nelle mani dei deputati cattolici, gli stessi che sostengono di sentire "l'odore di zolfo del demonio", mi terrorizza».
--> La discussione completa con Carlo Flamigni: Fecondazione assistita: "Decidano esperti e cittadini"

Lo Stato garantisca il diritto alla salute
L'infertilità? «È una malattia riconosciuta. Che per questo andrebbe assolutamente inserita, il prima possibile, nei livelli essenziali di assistenza dei nostri ospedali. Perché riguarda la vita di migliaia di coppie. Donne e uomini che negli ultimi dieci anni hanno dovuto lottare, fra giudici e sentenze, per vedersi garantita una possibilità che dà loro la medicina. E ora le decisioni vengano affidate agli istituti scientifici, non ai movimenti per la vita»
--> L'intervista completa a Filomena Gallo:
"Il Parlamento non ostacoli il diritto alla salute"


La priorità resta la salute della donna
«Occorre sempre tenere a mente che il percorso di procreazione medicalmente assistita, con il suo rituale complesso, l'alta frequenza dei controlli, il grande numero di variabili, l’incertezza della riuscita e le aspettative che vengono a generarsi contribuiscono a creare sentimenti di continua speranza e frustrazione. Inoltre, l'attenzione ossessiva ai propri processi corporei, indotta dalle cure, genera paure e tensioni. Fondamentale è prospettare sempre alla coppia la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento come alternativa alla procreazione medicalmente assistita».
--> L'intervista completa a Nicola Surico: Io, medico, cattolico: "La priorità resta la salute della donna"

A decidere sia la donna, non la coppia
Secondo la docente di bioetica Caterina Botti, la legge 40, nonostante gli smantellamenti della Corte Costituzionale, resta iniqua. Perché? «Perché impone un unico modello di famiglia. I giudici hanno deciso di abolire il divieto alla fecondazione eterologa perché, tra le varie cose, creava una discriminazione economica fra chi si poteva permettere di fare l'operazione all'estero e chi no. Bene: la stessa iniquità rimane ancora in piedi. Per le donne single, ad esempio. Per le coppie gay o lesbiche. Chi può sborsare decine di migliaia di euro va altrove e torna con un figlio. Gli altri, niente. Come avveniva per l'eterologa»
--> il confronto con Caterina Botti: "A decidere sia la donna, non la coppia"