Nel primo grado di giudizio, per la morte del ragazzo romano sono state assolte le guardie penitenziarie e condannati i medici dell'ospedale in cui fu ricoverato durante la detenzione. Ma in appello l'avvocato della famiglia darà battaglia per chiarire tutti i punti oscuri della vicenda

Stefano Cucchi
Chi non ricorda la foto shock del corpo di Stefano Cucchi con il viso tumefatto, con le stimmate di un pestaggio brutale? Il processo di primo grado ha assolto le guardie penitenziarie, ma condannato i medici dell’ospedale dove era stato ricoverato durante le detenzione.

In pratica, secondo i giudici, Stefano è stato picchiato a sangue dopo l’arresto per possesso di droga, ma poi sarebbe morto di fame durante il ricovero. Una mezza verità per la sorella Ilaria Cucchi: «Chiediamo che si faccia luce su tutta la vicenda. Era nelle mani dello Stato, e doveva essere tutelato, Stefano è morto di giustizia. Come è stato possibile che durante il processo per direttissima in cui era imputato mio fratello, né i giudici, né il pm, né il cancelliere, si siano accorti delle sue condizioni?». 

Il caso
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18/9/2014
Chi l’ha ridotto in quelle condizioni? Una domanda su cui l’avvocato Fabio Anselmo darà battaglia nel processo di secondo grado che inizierà il 23 settembre. E anche la procura generale ha intenzione di vederci chiaro: ha infatti presentato appello per tutte le accuse, anche quelle di lesioni. Intanto c’è già un colpo di scena: il giudice scelto ha rimesso il mandato. Quel giudice era Giancarlo De Cataldo, l’autore di “Romanzo criminale” e collaboratore de “l’Espresso” che subito dopo il fatto ha scritto parole durissime su “L’Unità”: «Chissà che da qui, dalle atroci fotografie di quel corpo, non nasca un doveroso ripensamento: collettivo, commosso
e trasversale come l’indignazione»

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