Politica
31 gennaio, 2015

E Matteo Renzi dà scacco matto

Sergio Mattarella sarà chiamato a dare un senso e una credibilità all’assetto repubblicano tracciato in questi mesi con determinazione dal riformismo populista del premier. Che ancora una volta ha dimostrato un fiuto politico capace di spiazzare sia i nemici dentro il suo partito, il Pd, che gli amici dentro Forza Italia, Berlusconi innanzitutto

La nuova repubblica di Renzi ha il volto del tempo passato. Si impersona in Sergio Mattarella, appena eletto al Quirinale, galantuomo delle istituzioni così lontano dallo spirito del tempo. Nel boom dell’inflazione delle parole e nel trionfo dell’incoerenza dei comportamenti il neo-presidente degli italiani è chiamato a dare un senso e una credibilità all’assetto repubblicano tracciato in questi mesi con determinazione dal riformismo populista di Matteo Renzi.

Abolizione del vecchio Senato sostituito con la Camera delle regioni dai poteri vaghi e ininfluenti, fine del bicameralismo perfetto su cui si è retta – a fatica – l’attività legislativa, riduzione del numero dei parlamentari, legge elettorale profilata sul rafforzamento della figura del capo del governo: ecco come sta cambiando la Costituzione di cui Mattarella sarà il garante. Sicuramente scrupoloso.

Tutto si sta concentrando in un arco temporale velocissimo. Cui l’Italia politica non è abituata. Effetto dell’energia incontenibile e della spregiudicata capacità di manovra dell’ex sindaco di Firenze. Ancora una volta Renzi ha dimostrato un fiuto politico capace di spiazzare sia i nemici dentro il suo partito, il Pd, che gli amici dentro Forza Italia, Berlusconi innanzitutto.

Mattarella infatti è fuori dal Parlamento dal 2008, giudice costituzionale di peso ma estraneo al circuito mediatico che crea e impone carriere, a volte fondate sull’apparenza. Una sorta di legge del contrappasso: vince la riservatezza, il rigore e la serietà quando ormai sembravamo assuefatti all’inconsistenza e alle smargiassate. E’ un buon viatico per affrontare questa fase di estrema delicatezza nel bilanciamento dei poteri democratici.

Vedremo rapidamente che presidente sarà: la storia ci insegna che ogni presidente della Repubblica ha imposto la sua personalità meno prevedibile proprio nel momento in cui ha varcato il portone del Quirinale.

Gli effetti politici dell’elezione del nuovo presidente sono intanto già visibili. Ancora una volta, ma questa era l’occasione più delicata, Renzi ha dimostrato di dominare il suo partito costringendo quelle che vengono definite le minoranze interne (al plurale, perché divise e con prospettive divergenti) ad accettare un candidato che viene dalla tradizione cattolica post-democristiana.

Così il principale partito della sinistra italiana non ha più posizioni di rilievo affidate a personalità provenienti dall’esperienza post-comunista; l’ultimo, con grande merito, è stato Giorgio Napolitano.

Il patto del Nazareno, peccato originale del renzismo dilagante, si è eclissato in queste ore concedendo al premier-leader del Pd una presa tale da far convogliare su Mattarella anche i voti di Nichi Vendola e dei suoi, da tempo alla ricerca di ruolo. Sempre fuori gioco, invece, i parlamentari 5 Stelle incapaci di svolgere un qualche ruolo: dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, ci sono rimasti incastrati.

Ma le conseguenze maggiori si intravedono subito nel centrodestra, già per effetto delle schede bianche mancanti. Angelino Alfano umiliato come non mai. Contrordine: ha dovuto votare il presidente della Repubblica perché s’era dimenticato di essere nel frattempo ministro dell’Interno.

Nel caos Forza Italia, i cui parlamentari mostrando assenza di stile non hanno applaudito quando pochi minuti prima delle 13 si è raggiunto il quorum dei 505 voti. Le schede bianche a loro attribuibili sono state molto meno; i gruppi parlamentari si sono spaccati. Berlusconi, lontano da Roma per i suoi guai giudiziari, si è impuntato in un braccio di ferro con Renzi uscendone stremato.

Certo il patto del Nazareno potrà sempre resuscitare ma ormai l’ex cavaliere è definitivamente gregario con un partito che non gli ubbidisce più. Una legislatura destinata dunque a durare fino alla scadenza naturale del 2018, con Matteo Renzi padrone della scacchiera: con quei 665 voti confluiti su Sergio Mattarella ha dato scacco matto agli alleati e ai nemici. Insuperabile. Finora.

Twitter @VicinanzaL

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