Una sequenza di villette-e-stabilimenti, interrotta dai centri commerciali, ?ha cancellato l’antico equilibrio
Montebelluna, Arzignano, Riviera del Brenta. Fermo, Prato, Mirandola. Sono luoghi simbolo della “terza Italia”, dove in mezzo secolo il territorio ?ha subito cambiamenti così importanti da rendersi irriconoscibile perfino ?a chi lo abita da sempre. ?È la Repubblica dei distretti industriali, una formula di sviluppo economico ?che ha fatto la fortuna del Nord Est, ?di parti della Toscana e della dorsale adriatica, mutando però i connotati ?al territorio con eccessi mai visti neanche nel triangolo industriale.
In Veneto l’impatto è stato più forte: ?da paesaggio prevalentemente ?agricolo alla cosiddetta città diffusa. Una sequenza di villette-e-stabilimenti, interrotta dai centri commerciali, ?che ha cancellato l’antico equilibrio. ?Nel Trevigiano
il polo sportivo ?di Montebelluna finisce dove inizia ?la ceramica di Bassano che tocca ?l’oro di Vicenza che lambisce ?le concerie di Arzignano, ?funzionali alle calzature del Brenta. ?
Anche i distretti agricoli incidono: ?il prosecco di Conegliano ?e Valdobbiadene uniforma inesorabilmente la campagna ?del Veneto orientale a vigneto.
Tanta vitalità, solo negli ultimi anni messa a dura prova dalla crisi economica, si rispecchia nei numeri. ?Il Montebelluna Sportsystem ?- è il nome del distretto - abbraccia ?25 comuni in un’area di 320 kmq ?dove insistono 1.700 aziende. ?Lungo la dorsale adriatica il distretto delle scarpe tra Fermo e il maceratese è la maggior concentrazione mondiale di fabbriche di calzature con circa 3.800 aziende sparse in una sessantina di comuni. ?Dal 2001 in tutte queste aree ?la legge Tremonti bis ha visto esplodere la costruzione di capannoni grazie ?alle defiscalizzazioni degli investimenti. Cemento inutile: proprio in quegli ?anni i distretti iniziavano a delocalizzare parte delle produzioni. ?Dov’era la programmazione pubblica? ?Affogata nel calcestruzzo.