Imboscata nelle scorse ore a un blindato Lince. La pattuglia circondata da miliziani armati. Che hanno sparato ad altezza d'uomo. È la terza aggressione contro il contingente tricolore in pochi giorni. Il segno di quanto la tensione stia salendo anche lì
Agguato a una pattuglia italiana sulla frontiera tra Libano e Israele, quella Blue Line decisiva per il mantenimento della pace in Medio Oriente. È accaduto ieri pomeriggio, a pochi chilometri dalla grande base Onu di Naqura. Lo schema è quello classico delle imboscate arabe. I tre soldati a bordo di un blindato Lince sono stati bloccati durante un pattugliamento di routine, intrappolandoli tra le case.
Un suv è spuntato all'improvviso, sbarrando la strada. Tempo pochi secondi e una seconda vettura è comparsa alle spalle, impedendo la fuga. Gli aggressori hanno esploso in aria diverse raffiche di kalashinikov. Il soldato sul tetto del Lince manovrava una mitragliatrice, ma rispettando le regole di ingaggio ha risposto usando solo la pistola. Ha prima sparato in aria, poi ha fatto fuoco davanti ai piedi degli aggressori. Che gli hanno puntato contro le armi, sparando ad altezza d'uomo.
A quel punto i militari si sono rinchiusi nel mezzo blindato. Gli assalitori sono saliti sul tetto, portando via la mitragliatrice. Poi hanno saccheggiato il bagagliaio esterno, rubando alcuni giubbotti antiproiettili e sono fuggiti con le loro prede, sparando altre raffiche verso l'alto.
È il terzo episodio in poche settimane. Con un'escalation lenta ma costante. Lo scorso 11 novembre c'è stato un assalto simile. Due Lince di pattuglia sono stati circondati dalla folla nel centro di uno dei borghi di frontiera devastati durante l'invasione israeliana del 2006. Una trentina di persone sono sbucate all'improvviso. Alcune sono salite sul tetto di un Lince, picchiando il militare alla mitragliatrice e minacciandolo con un coltello. I soldati italiani hanno sparato in aria, ma la folla non si è dispersa. Solo dopo lunghi minuti di tensione, gli aggressori hanno deciso di andarsene.
All'inizio del mese, poi, un Suv con a bordo un ufficiale del nostro contingente è stato inseguito al tramonto da due auto misteriose. Uno dei veicoli si è poi avvicinato, esplodendo diversi colpi di fucile prima di scappare.
Non ci sono informazioni sulla matrice degli attacchi. Lo Stato Islamico di sicuro non c'entra. I rapporti tra i caschi blu italiani e Hezbollah, l'organizzazione sciita che domina gran parte dei villaggi a ridosso della frontiera ed è impegnata nel conflitto siriano al fianco di Assad, sembrano ancora buoni. Difficile che dietro ci sia la mano delle organizzazioni qaediste, attive anche tra i profughi palestinesi che da decenni vivono in Libano e che in passato da quella zona hanno sporadicamente lanciato razzi contro Israele. Ma in tutto il paese la tensione è alle stelle, con il tentativo dello Stato islamico di innescare scontri tra sciiti e sunniti.
Sei giorni fa due attentati suicidi rivendicati dall'Is hanno provocato quasi cinquanta morti in un quartiere sciita di Beirut amministrato da Hezbollah. C'è quasi un milione di profughi siriani in una nazione con soli quattro milioni di abitanti. Più volte le milizie del Califfato e quelle legate ad Al Qaeda hanno attaccato villaggi in prossimità del confine, con battaglie sanguinose fronteggiate dall'esercito di Beirut. Ma il governo libanese sembra sempre fragile e fatica a sostenere i problemi interni e l'estensione del conflitto siriano al suo territorio.
Lì dal 2006 i caschi blu italiani svolgono un ruolo fondamentale nel garantire la pace. Sul confine israeliano sono riusciti a conquistare il rispetto delle forze sul campo e la fiducia della maggioranza della popolazione. Hanno saputo dosare determinazione e diplomazia nel gestire le crisi sorte tra rivali, in occasione degli attacchi partiti dal Libano e delle rappresaglie israeliane. Quel modello di “soft power” evocato proprio ieri dal premier Matteo Renzi e riconosciuto dal vertice delle Nazioni Unite, che ci ha chiesto di mantenere il comando dell'intera missione Onu, con 10 mila militari di quaranta nazioni. I contingenti più importante sono il nostro con 1075 soldati, affiancati da 835 francesi e 701 spagnoli.
Ma la situazione anche in Libano sta rapidamente peggiorando. E evidenzia la dimensione globale della crisi che l'Occidente e i paesi arabi devono affrontare: un'onda di guerra e violenza in continuo allargamento. Con un disegno chiaro perseguito dallo Stato Islamico: portare il terrore ovunque.