Diventa editore in proprio. Consegna i prodotti in un’ora dal clic. Sfida l’iPad col tablet ?a 60 euro. Produce film e serie tv. Vende musica on line. Dove vuole arrivare Jeff Bezos?
L’uomo che ha ucciso le librerie ha aperto una libreria. Classica, tanti scaffali di legno a dividere lo spazio, ciascuno dedicato a un genere, saggistica, letteratura, storia, fiction, turismo, cucina, viaggi, infanzia. Con qualche poltrona qui e là, perché in America è consuetudine entrare in un negozio di libri prenderne uno dagli scaffali e cominciare a leggerlo. Per poi, forse, acquistarlo. La libreria è nell’UVillage di Seattle, un grande centro commerciale nella zona universitaria.
L’evento potrebbe essere lo spunto per uno studio psicologico. Perché la decisione di aprirla e la proprietà fanno capo a Jeff Bezos, il 51enne inventore di Amazon e che ha accumulato un patrimonio di quasi 55 miliardi di dollari con l’e-commerce (è diventato il quarto uomo più ricco del mondo). [[ge:rep-locali:espresso:285168795]] Bezos ha cominciato a vendere libri via Internet nel 1994, dopo aver lasciato un lavoro in un hedge fund di New York. Mister e-commerce mise assieme la sua passione digitale (a Princeton aveva studiato scienze dei computer), l’inizio della diffusione di Internet e la decisione della Suprema Corte degli Stati Uniti che consentiva alle società di vendita via posta (e dunque anche le nascenti via Internet) di non pagare necessariamente le tasse negli Stati dove non erano presenti fisicamente con uffici o magazzini.
Ma l’apertura della libreria di Seattle che porta come insegna sempre il logo Amazon.com non è un ritorno alle origini, né un pentimento da parte dell’uomo che è stato accusato di essere all’origine della chiusura di centinaia di piccole librerie degli Stati Uniti che non hanno potuto reggere il confronto commerciale con la potenza di fuoco degli scaffali virtuali.
Da una parte, è un modo di dire “adesso vi mostro che io sono capace di gestire anche una libreria classica” (materia viva per lo psicologo), dall’altra è il frutto dell’attività di un imprenditore visionario, incapace di stare fermo, pronto a scommettere con nuove iniziative in ogni campo. È la logica conseguenza di un pensiero che Bezos ha esternato più volte negli ultimi anni: «Se tu decidi di fare solo le cose che sei certo funzioneranno, allora lascerai sul tavolo un sacco di opportunità».
Per Jeff Bezos, nato ad Albuquerque (New Mexico), cresciuto tra Texas e Florida, un padre adottivo di origine cubana, sempre primo della classe dalle elementari al college, questa filosofia significa gettarsi in attività di ogni tipo: dai tablet low cost (ha appena sfornato un modello da 60 euro) alla produzione di contenuti video, dallo streaming musicale alla moda (ha annunciato il lancio di una propria linea), dalla realtà aumentata ai viaggi spaziali, dagli investimenti nella “nuvola” per immagazzinare dati fino ai brevetti più curiosi (ha da poco registrato un airbag che protegge i telefonini quando cadono a terra). Senza dimenticare la cosiddetta old economy, visto che solo due anni fa ha acquistato per 250 milioni il “Washington Post”.
La sua Amazon oggi vale in Borsa 300 miliardi di dollari: una singola azione a gennaio 2015 quotava 285 dollari mentre oggi ne vale oltre 650 e in cassa ci sono contanti per oltre 17 miliardi di dollari. È la benzina che permette a Bezos di intraprendere qualsiasi iniziativa in cui crede, anche grazie alla scelta di privilegiare il reinvestimento degli utili piuttosto che la politica del fare contenti gli azionisti con ricchi dividendi trimestrali (in questo modo è il valore dell’azione che cresce).
Jeff Bezos ha scelto questa strada perché la sua cultura lo guida lungo il sentiero che dice il cliente prima di tutto, anche se lui poi estende questo principio sostenendo che il sindacato è un ostacolo a buoni rapporti con la clientela e, dunque, non li vuole tra i piedi nella sua azienda. «Ci sono due strade per costruire una compagnia di successo. La prima è di lavorare molto, molto duro per convincere i tuoi clienti a pagare un prezzo alto per i tuoi prodotti. La seconda è di lavorare molto, ma molto duramente per essere capaci di offrire ai clienti prezzi bassi offrendo il massimo dell’efficienza. Entrambi i sistemi funzionano, si tratta di punti di vista. Noi abbiamo scelto il secondo».
Se si affianca questa filosofia aziendale al ruolo della Rete e alla ricerca perenne di innovazione senza mai fermarsi pensando di aver raggiunto il punto più alto, allora è facile comprendere come Amazon sia diventata una delle grandi società dell’era Internet insieme a Apple, Google, Microsoft. Il mito dell’efficienza a favore del cliente - un’asticella da spostare sempre più in là - ha portato anche agli esperimenti di consegna delle merci con i droni e al servizio di consegna entro un’ora dal clic (Prime now), da poco sbarcato anche a Milano.
Bezos ha guardato al potenziale cliente così sin dall’inizio della sua avventura. Quando aprì le porte della libreria virtuale, decise che il prezzo di copertina suggerito dagli editori andava tagliato. Non poco, quasi sempre del 30 per cento, che è poi la quota di fatturato che in una libreria classica serve a pagare l’affitto dei locali e una parte del personale. Questa scelta, ovviamente, ha fatto sì che il rapporto tra libraio ed editore subisse profonde modifiche: il potere di Amazon divenne subito enorme, era l’e-commerce che dettava legge non solo sui prezzi ma sui titoli, bastava che una copertina apparisse circondata da giudizi positivi e recensioni per schizzare in alto nelle vendite.
Conseguenza immediata fu che Amazon dettava i termini dei contratti e gli editori accettavano: non potevano fare altrimenti visto che dopo 15 anni di attività il fatturato era pari a quello di tutte le librerie americane messe insieme. A chi faceva le bizze o diceva che le condizioni erano troppo onerose, è capitato di scoprire che era impossibile acquistare il suo titolo perché il bottone “buy” era stato disattivato.
Jeff Bezos è stato un pioniere dell’e-book. Ci ha creduto così tanto da inventare Kindle, il tablet per scaricare e leggere i libri elettronici. E fin dal primo momento ha detto agli editori che il prezzo non poteva essere più alto di 14 dollari e 99 centesimi (ma l’ideale per lui oscilla tra 2 dollari e 99 centesimi e 9 e 99), ha scatenato una guerra durissima contro chi si è opposto (come l’editore Hachette), ha cercato in tutti i modi di portare dalla sua parte gli autori utilizzando lo specchietto magico di diritti fino al 70 per cento del prezzo di copertina se avessero sostenuto Amazon. Alla fine ha vinto, l’e-book è oggi una realtà anche se Bezos non ha mai rivelato quanti Kindle abbia venduto sino a oggi, così come resta un segreto quante copie di ciascun titolo vengono vendute dalla libreria virtuale. Si sa soltanto che Amazon ha una quota di mercato del 90 per cento dei libri digitali.
Il segreto è una delle basi su cui si poggia lo sviluppo di Amazon. Nel suo centro ricerche hanno preso corpo tutte le iniziative di Jeff Bezos. Dall’attività di ricerca e di costruzione dei server che rappresentano gli scaffali dove vengono venduti i libri e ogni altra merce è nata Amazon Web Service, la nuvola che oggi accoglie non soltanto la memoria dell’azienda di Seattle, ma offre i suoi spazi alla Nasa, a Netflix, al “New York Times” e perfino alla Cia. Oggi questa divisione macina profitti su profitti.
Sulla ricerca del migliore sistema per tenere legati ad Amazon i clienti, ha innestato le sue ultime iniziative: chi aderisce ad Amazon Prime, che apre la porta a più sconti, più offerte e una consegna ultra veloce e senza spese, ottiene anche i servizi di Prime Video e Prime Music, ovvero film e musica in streaming. «Chi controlla i contenuti, controlla tutto» è la ferma convinzione di Bezos. Risultato? Ha cominciato a produrre fiction e film. Per ora non ha avuto lo stesso successo di Netflix, ma il mercato è promettente. E in questi giorni, la casa di produzione Amazon Studios offre in tutti i cinema americani l’anticipazione del suo ultimo prodotto, il trailer della serie “The Man on High Castle”.
L’inventore di Amazon vive con un sogno nel cassetto: i viaggi spaziali, passione che coltivava sin da giovane e che a Princeton gli valse l’incarico di presidente degli Students for the Exploration and Development of Space. Vuole realizzare la possibilità di viaggiare da turisti nello stazio attraverso la società Blue Origin. In Texas ha messo in piedi un centro di progettazione per la navicella e due razzi orbitali, solo poche settimane fa ha lanciato il guanto della sfida a un altro talentuoso innovatore, quell’Elon Musk che dopo aver inventato Paypal, sistema di pagamento via Internet, ed aver fondato la Tesla Motors, auto elettriche, è entrato nel mondo dei viaggi spaziali con SpaceX. Bezos ha annunciato un accordo fino al 2065 tra Blue Origin e la Nasa per l’utilizzo di spazi a Cape Kennedy.
Un altro sogno destinato a divenire realtà? È probabile visti i precedenti. Ma se per vedere un volo nello spazio targato Bezos ci vorrà tempo, la quotidianità impone ad Amazon di inventare tutti i giorni. Così anche il Natale diventa una grande occasione. Quest’anno, Bezos e Amazon hanno deciso di trasformare il Natale e la festa commerciale che lo accompagna in una lunga campagna di vendite, offerte, grandi occasioni. Si comincia subito, dai giorni immediatamente precedenti alla festa di Thanksgiving, il giorno del ringraziamento (giovedì 26 novembre), e si va avanti a tamburo battente fino alla fine dell’anno. E per fare questo ha già annunciato di aver bisogno in tutto il mondo di 100 mila lavoratori stagionali.