Le mistificazioni dei crociati della “guerra santa” trovano terreno fertile nella crisi economica e nelle politiche che la determinano. Come il gold standard britannico fu foriero del primo conflitto mondiale, l’eurozona tedesca è la levatrice degli odierni imperialismi europei
Difendere i valori della cristianità contro orde di musulmani intenzionati a soggiogare l’Europa. Chiudere le frontiere e respingere gli immigrati per impedire l’accesso ai terroristi. Partecipare ai bombardamenti e inviare truppe per reagire agli attentati. Con gradazioni diverse, ognuna di queste proposizioni costituisce una miscela di opportunismo, ignoranza e follia. In Italia, i più indefessi fabbricatori di tali mistificazioni sono Salvini e i suoi maestri di pensiero magico. La loro bussola politica può esser sintetizzata nel grido “usciamo dall’euro ed entriamo in guerra santa”. Un binomio istruttivo, se non altro per ricordarci che da quel nefando accrocco di destra che è la moneta unica, costoro sarebbero capaci di farci uscire ancor più a destra.
I novelli crociati, tuttavia, non si trovano solo tra le fila delle forze xenofobe. Le mistificazioni guerrafondaie si rintracciano ormai persino in alcuni editoriali del Corsera. L’obiettivo non è nuovo: persuadere un governo riluttante a lanciarsi in un’altra disastrosa avventura bellica. E’ il proposito di una borghesia egemone ottenebrata da se stessa, pronta a calpestare il ripudio costituzionale della guerra pur di tenere un ruolo nella tragedia che da tempo si consuma tra le macerie mediorientali. “Nous laissez faire” è il suo vero motto: “lasciateci fare”. La storia evidentemente non insegna. La deflazione investe oggi non soltanto i salari, ma a quanto pare anche le coscienze.
Per provare a riaccendere qualche lume suggerisco la rilettura di un saggio di Lucio Caracciolo per più di un verso premonitore, pubblicato subito dopo la strage di
Charlie Hebdo. In esso si legge: “proprio perché il terrorismo è un pericolo permanente, dobbiamo sfuggire all’ingranaggio della paura che ci spinge ad arroccarci in spazi recintati ma mai impenetrabili, a scambiare i migranti per orde nemiche che starebbero invadendo il Bel Paese, tra le cui pieghe si infiltrerebbero squadre di attentatori. Salvo poi lanciarci in campagne militari destinate a scavare nuove buche sulla sabbia, da cui scaturiranno nemici più agguerriti e numerosi di quelli che avremo eliminato. La lotta al terrorismo implica determinazione fredda, paziente” (
Limes, 1/2015). Parole da sottoscrivere, oggi più di ieri.
Perché il confondere l’immigrato col terrorista è una bieca falsificazione del reale. E perché, guarda caso, i suoi propugnatori sono gli stessi che della crisi occupazionale e salariale cercano un capro espiatorio nella libera circolazione di persone, mentre furbescamente glissano sulle cause principali, come l’indiscriminata libertà di movimento dei capitali o la liberalizzazione commerciale senza freni.
Xenofobia liberista, così potremmo definirla. La sinistra sarà pure evaporata, ma la peggiore destra esiste ed è in ottima salute.
Lo scritto di Caracciolo è interessante anche perché muove da un’evidenza ampiamente documentata in ambito scientifico, ma che nel dibattito politico risulta sottaciuta: esiste un legame stringente tra le relazioni monetarie internazionali, i connessi orientamenti di politica economica e le dinamiche della geopolitica. L’autore si riferisce alla partita in gioco tra Stati Uniti e Cina, ma il nesso è generale e riguarda pure l’Europa.
Un regime monetario interno votato alla crisi permanente, alla divaricazione degli squilibri sociali e alla distruzione economica di interi territori, rappresenta un gigantesco alimentatore di consensi verso una politica estera di guerra.
Di questa ovviamente il terrorismo costituisce il detonatore, ma le condizioni oggettive che la favoriscono sono determinate dalla politica economica deflattiva imposta dagli interessi prevalenti dell’unione monetaria. Come il gold standard britannico fu foriero del primo conflitto mondiale, l’eurozona tedesca è la levatrice degli odierni, confliggenti imperialismi europei.