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Un’impresa titanica, insomma. Ma a che scopo? I fisici ci hanno detto sin ora che la scoperta della particella prevista da Peter Higgs e da altri fisici teorici cinquant’anni fa, costituisce l’ultima tessera di un grande puzzle chiamato Modello Standard della fisica delle alte energie, che descrive con successo la realtà che ci circonda, fatta di materia ordinaria ed energia ordinaria.
Dunque cosa cercheranno gli scienziati con questo run 2? Non lo sappiamo, esattamente. Questa volta Lhc andrà a caccia senza sapere quale sarà la preda, se ci sarà. Una condizione ben differente dal “run 1”, che tra il 2008 e l’inizio del 2013 è avvenuto in terra cognita, ovvero in un intervallo di energia in cui i fisici sapevano cosa, con buona probabilità, avrebbero trovato: il “bosone di Higgs”, appunto. Il mattone fondamentale dell’edificio teorico chiamato Modello Standard. Cosa c’è oltre?
Per capire cosa succederà a Ginevra dobbiamo fare un passo indietro e dire che il Modello Standard ci spiega che il nostro universo è dominato da quattro interazioni fondamentali: l’elettromagnetica, la debole, la forte e la gravità. È stato dimostrato sempre al Cern, con un esperimento che ha regalato il Nobel a Carlo Rubbia, che le prime due sono espressioni diverse di un’unica interazione, chiamata elettrodebole.
Le interazioni sono “mediate” da alcune particelle, dette bosoni. L’interazione elettromagnetica tra due particelle di materia ordinaria, per esempio, è mediata dal più noto dei bosoni: il fotone.
La materia ordinaria (le stelle, i pianeti, noi stessi) è costituita invece da particelle chiamate fermioni in onore di Enrico Fermi, distinte in due diverse famiglie: i leptoni, le particelle come gli elettroni e i neutrini, che “non sentono” l’interazione forte, e gli adroni, i vari tipi di quark che invece “sentono” l’interazione forte e non possono viaggiare liberi nello spazio, destinati a essere confinati in luoghi piuttosto ristretti, come i nuclei degli atomi.
Il “bosone di Higgs” nell’ambito dell’edificio teorico Modello Standard ha il compito di “dare massa” a tutte le particelle, compreso se stesso. Ora che Lhc ha trovato davvero la particella di Higgs, tutto torna. Abbiamo una descrizione completa del mondo delle particelle elementari. Ma c’è un ma: il Modello Standard non sa dire nulla della gravità.
Ma se l’edificio regge, pur tenendo fuori dalla porta l’ospite scomodo della gravità, torniamo alla domanda iniziale: perché far correre di nuovo Lhc e con energia raddoppiata?
Antonio Masiero, fisico teorico, docente presso l’università di Padova e vicepresidente di quell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) che è tra i maggiori fornitori di idee, di uomini e donne, di risorse finanziare del Cern e di Lhc sorride: «Non tutto torna. Sono ormai cento anni che cerchiamo di coniugare la gravità con le altre forze fondamentali e non ci riusciamo. Abbiamo due colonne su cui si regge tutta la fisica: la relatività generale e la meccanica quantistica. Ma quando cerchiamo di collegarle, in un quadro teorico unitario, non ci riusciamo. E tuttavia non è solo questo. Ci sono almeno quattro evidenze empiriche che non riusciamo a spiegare con il Modello Standard. E questo ci suggerisce, anzi ci impone, di cercare oltre. Ecco perché è necessario, anche se non sappiamo se sarà sufficiente, che Lhc riprenda la sua corsa a energia maggiore».
Una delle quattro principali evidenze empiriche che non trovano spiegazione nell’ambito del Modello Standard è la massa del neutrino. Il modello prevede che questa sfuggente particella – un leptone elettricamente neutro che interagisce pochissimo, quasi nulla con il resto della materia – dovrebbe avere massa pari a zero. E invece molti recenti esperimenti, alcuni dei quali condotti fra il Cern di Ginevra e i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, danno ragione alla teoria dell’oscillazione di Bruno Pontecorvo e dimostrano che il neutrino, invece, una massa ce l’ha, sia pur piccolissima.
Un’altra evidenza empirica siamo noi stessi e tutto l’universo conosciuto, fatti come siamo di materia. Ma il Modello Standard prevede un’assoluta simmetria tra materia e antimateria. L’antimateria è costituita da particelle del tutto simili a quelle di materia, tranne che per la carica elettrica, uguale ma opposta. «Quando particelle di materia e antimateria si incontrano», spiega Antonio Masiero: «Si distruggono reciprocamente generando una grande quantità di energia. Quando è nato, il nostro universo ha prodotto (avrebbe dovuto produrre) un’eguale quantità di particelle di materia e di antimateria. Ma tutto l’universo e noi stessi siamo costituiti di materia. Perché? Cos’ha rotto la simmetria tra materia e antimateria? Non lo sappiamo».
Sappiamo invece – perché l’abbiamo “pesata” con gli speciali strumenti che hanno a disposizione i fisici – che la materia di cui siamo fatti noi, il nostro pianeta, il Sole e tutto quanto “vediamo” nell’universo costituisce appena il 14 per cento della massa cosmica. Tutto il resto, l’86 per cento è costituito da “materia oscura”, di cui non conosciamo la natura. «L’unica cosa che sappiamo», precisa ancora Masiero: «È che questa “materia oscura” non è e non può essere costituita da nessuna particella presente nel Modello Standard. È evidente, dunque, che devono esistere particelle dotate di massa “oltre il Modello Standard”».
Ma di oscuro nell’universo conosciuto non c’è solo la gran parte della materia. C’è anche “energia oscura”, di cui non conosciamo né la natura né l’origine. E ce n’è davvero tanta: costituisce il 70 per cento dell’energia cosmica. Se a questo aggiungiamo che il 26 per cento dell’energia dell’universo è costituito dalla “materia oscura”, arriviamo a un risultato abbastanza clamoroso: dopo secoli di ricerca conosciamo appena il 4 per cento di ciò che forma l’universo.
C’è, dunque, un nuovo mondo là fuori da scoprire. Eccolo, dunque, il compito che si assume Lhc con il “run 2”: iniziare a trovare una spiegazione a queste quattro grandi evidenze empiriche che costituiscono altrettanti grandi problemi. Il fatto è che finora né Lhc né altri strumenti ci hanno fornito un qualche indizio del nuovo mondo: siamo in terra incognita, appunto. Ma abbiamo qualche bussola, per orientarci? Risponde Masiero. «Lhc cercherà le Wimp (Weakly Interacting Massive Particle), particelle dotate di massa che interagiscono quasi nulla con la materia ordinaria». Come i neutrini, ma più pesanti dei neutrini.
La fisica, sosteneva Galileo Galilei, è il combinato disposto di “sensate esperienze” (fatti) e di “certe dimostrazioni” (teorie). In che quadro teorico si muovono queste particelle? I quadri a dire il vero sono due, due quadri teorici più generali del Modello Standard, che ambiscono a inglobarlo. Siamo, in qualche modo, in una condizione analoga a quella in cui si trovava Albert Einstein esattamente cento anni fa, nel 1915, quando elaborò una nuova teoria della gravitazione, la relatività generale, che inglobò in sé la teoria di Newton.
Anche in questo caso, le due teorie candidate a inglobare il Modello Standard puntano su un’estensione. Che i fisici chiamano Susy. «La forza di Susy», spiega Masiero: «È che non si tratta di una teoria ad hoc. È una teoria che spiega in maniera, per così dire, naturale, quello che già conosciamo». La debolezza è che, finora, non abbiamo alcun indizio che rappresenti davvero la realtà.
Ma in alternativa a Susy c’è anche un altro insieme di teorie che indicano a Lhc cosa cercare: è l’insieme delle teorie cosiddette delle stringhe, unificate da Ed Witten, che estendono le dimensioni spaziali dell’universo: noi non viviamo alle quattro dimensioni (tre spaziali e una temporale) che percepiamo, ma in un universo ad almeno dieci o undici dimensioni. La teoria delle stringhe vanta molti sostenitori. Ma per ora ha due punti deboli. Da un lato, proprio come Susy, non c’è alcun fatto accertato che la corrobori. Dall’altro, l’insieme delle teorie ricondotte a unità da Witten funzionano in universi a molte dimensioni, ma non nel nostro a quattro dimensioni.
Bene, Lhc corre nella speranza di trovare qualcuna delle Wimp previste. E se ne trova qualcuna, avremo una spiegazione, parziale o totale, dell’esistenza della “materia oscura”. Resta comunque da spiegare l’esistenza dell’«energia oscura».