Quando si dicono le coincidenze: per un senatore Ncd che si salva dall’arresto, un altro rischia di soccombere. Nemmeno il tempo di riprendersi dall’“assoluzione” di Antonio Azzollini, con il suo gioco delle parti e la scia di polemiche suscitate, che il Partito democratico si trova di fronte un’altra grana. Ancora un volta al Senato e ancora una volta a causa del sempre più scomodo alleato di Nuovo centrodestra.
La sera del voto su Azzollini, infatti, la relatrice Stefania Pezzopane (Pd) ha proposto alla Giunta delle immunità di acconsentire alla richiesta d’arresto nei confronti di Giovanni Bilardi, avanzata dal gip di Reggio Calabria nell’ambito della Rimborsopoli regionale. Secondo la magistratura, da capogruppo della lista Scopelliti, fra il 2010 e il 2012 Bilardi si sarebbe appropriato indebitamente di oltre 350 mila euro di fondi consiliari: 183 mila spesi direttamente, 147 mila tramite un suo collaboratore e altri 25 mila rimborsati per attività non documentate.
Secondo la Pezzopane, nei confronti di Bilardi non c’è alcuna persecuzione della magistratura: l’inchiesta riguarda tutti i partiti presenti in Consiglio in quegli anni, ai domiciliari sono finiti anche altri due ex capigruppo e il tribunale del Riesame ha respinto il ricorso del senatore e confermato la validità dell’arresto. Insomma, “non emerge un intento persecutorio rivolto in particolare verso un soggetto o una singola forza politica”. E quindi Bilardi va fatto arrestare.
Il risultato è che adesso per il Pd rischia di riaprirsi il tormentone che ha accompagnato il caso Azzollini, col suo contorno di diatribe sull’esistenza del fumus persecutionis e la libertà di coscienza. Ma con una significativa differenza: stavolta a occuparsi del caso non è “un giustizialista della minoranza” (come il centrodestra rimprovera al presidente della Giunta, il vendoliano Dario Stefano, che finora ha curato tutti i dossier più delicati) ma una senatrice del Partito democratico. L’unica nota positiva per il Pd è che si andrà per le lunghe: la decisione della Giunta potrebbe arrivare già mercoledì prossimo ma per effetto della pausa estiva il caso arriverà in Aula non prima di settembre.
Di certo la melina ai quali i dem si sono prestati finora è significativa: nella richiesta d'arresto si fa riferimento a “ingenti fondi pubblici” a disposizione del senatore Bilardi, che potrebbe così reiterare il reato di peculato. Per controbattere a questa tesi, la Giunta (proprio su proposta del Partito democratico) ha chiesto al presidente Piero Grasso di sapere di quali somme soggette a rendicontazione disponga il loro collega. Domanda praticamente inutile, visto che la percepiscono tutti: 2.090 euro al mese come rimborso spese per l’esercizio del mandato. Bastava andare sul sito del Senato e cliccare la voce “Trattamento economico” ma in questo modo sono trascorse due settimane. A volte le vie della politica sono infinite.