La vicesegretaria Serracchiani parla di "occasione persa per il cambiamento" e vorrebbe chiedere scusa, il capogruppo Zanda se la prende coi grillini, Renzi tace. Ma se erano così convinti che servisse l'arresto, perché i dem non l'hanno detto prima? Punto per punto, ecco la dimostrazione che le cose stanno diversamente
«Il Pd crede che la legge sia uguale per tutti. E la applica, sempre. Anche quando si tratta dei propri deputati» cinguettava non senza compiacimento
Matteo Renzi il 15 maggio 2014. La Camera dei deputati
aveva appena spedito in carcere Francantonio Genovese, accusato di associazione a delinquere, peculato, truffa aggravata e riciclaggio, e il fatto che il deputato fosse del Pd era quasi motivo di orgoglio: nessun imbarazzo a mandare dietro le sbarre uno dei propri se necessario, il messaggio implicito.
Quel 15 maggio Renzi era a Palazzo Chigi da nemmeno tre mesi, aveva nominato da quattro giorni Raffaele Cantone presidente dell'Autorità anticorruzione e ne mancavano dieci alle elezioni europee che lo avrebbero visto trionfare col 41 per cento. A poco più di un anno di distanza, di quel tweet oggi pare restare ben poco dal momento che, malgrado il gip e il collegio del Riesame abbiano ritenuto
Antonio Azzollini meritevole di essere arrestato per concorso in bancarotta fraudolenta,
il Senato - coi voti determinanti del Pd - lo ha salvato, ritenendo di fatto il parlamentare di Ncd vittima di una persecuzione giudiziaria.
Una scelta del tutto legittima, ovviamente. Non fosse che, subito dopo il voto, i vertici del Pd hanno commentato questa decisione come se fosse imprevedibile. Emblematiche le parole della vicesegretaria
Debora Serracchiani: «Oggi al Senato avrei votato senza impedire l'arresto di Azzollini. Temo che si sia persa un'occasione per dare un buon segnale di cambiamento». Il capogruppo
Luigi Zanda - che ieri ha invitato i colleghi senatori a votare "secondo il proprio convincimento" con una mail che è parsa a molti come un liberi tutti - se la prende addirittura col Movimento cinque stelle, definendo le critiche dei grillini "strumentali, demagogiche e prive di fondamento". I due Matteo, dal canto loro, tacciono: eppure sia
Renzi che
Orfini avevano ritenuto "inevitabile" acconsentire a una richiesta di arresto della magistratura.
Resta la domanda: era proprio impossibile prevedere che sarebbe finita così? In realtà,
come l'Espresso ha scritto in tempi non sospetti, per come si erano messe le cose l'epilogo era quasi scontato. E anche a voler prendere per buono lo sconcerto del Pd, ci sono varie cose che non tornano. Una su tutte: se ai piani alti del partito erano tutti convinti della necessità dell'arresto, come si evince dalle parole della Serracchiani, perché non dichiararlo prima? Del resto quando si è trattato di mandare in carcere Genovese, l'ordine partito da Palazzo Chigi era chiaro: votare sì al carcere.
[[ge:rep-locali:espresso:285588668]]A poco varrebbe l'obiezione che sulla libertà personale è necessario agire secondo coscienza. Il Pd per primo, infatti, ha dato prova in passato di non rispettare sempre questa regola: quando lo scorso ottobre la Giunta per le immunità votò sull'uso delle intercettazioni di Azzollini (sempre lui) per l'inchiesta sulla truffa al porto di Molfetta, il Pd -
come rivelò l'Espresso - chiese una pausa nel bel mezzo della seduta. E per fare cosa? Per convocare una riunione di gruppo e convincere gli scettici (Nadia Ginetti, Giorgio Pagliari e Stefania Pezzopane) a votare contro l'autorizzazione a procedere. In quel caso la libertà di coscienza non valeva?
Non è tutto. La Giunta delle immunità ha dedicato ben sei sedute all'esame della vicenda Azzollini. E gli otto commissari Pd - dopo due audizioni del diretto interessato e una memoria difensiva - sono arrivati alla conclusione che non ci fosse alcun intento persecutorio nei suoi confronti. Hanno tutti preso un abbaglio? Ma soprattutto, anche volendo lasciare libertà di coscienza, perché non fare quanto meno una dichiarazione di voto in Aula che non sconfessasse e svilisse, come accaduto, il lavoro dei commissari dem?
[[ge:rep-locali:espresso:285588669]]E ancora: in un videoforum sul sito del partito, la Serracchiani ha affermato che "non si può non seguire l'indicazione della Giunta delle immunità". Se è così, verrebbe da pensare che Zanda, lasciando libertà di coscienza con la sua mail, lo avrebbe fatto di testa propria. Ma è verosimile pensare che un capogruppo che decide sulla tenuta del governo, lo faccia in assoluta libertà e senza consultarsi con nessuno? Non sarà che era mediaticamente più vantaggioso dire "sì" all'arresto in Giunta salvo poi fare il contrario in Aula col voto segreto?
Una sequela di comportamenti non proprio lineari che sembrano dare ragione a chi ritiene che quelle del Pd siano solo lacrime di coccodrillo. Non avrà ragione l'arcinemico Renato Brunetta che, pur esultando per Azzollini, osserva con perfidia che il Pd di Renzi si muove solo in base alla convenienza politica?