Migranti ammassati nello scantinato, nessuna finestra, e bagni allagati. Pochi giorni dopo il nostro articolo che mostrava lo stato della struttura, interviene la Procura con i sigilli

Dopo l'inchiesta dell'Espresso sono scattati i sigilli al centro di accoglienza di Spineto, situato nel comune di Aprigliano, con un decreto d’urgenza della Procura di Cosenza firmato dai Pubblici ministeri Dario Granieri, Marisa Manzini e Salvatore di Maio.

Il sequestro è stato convalidato dal Giudice per le indagini preliminari. Risultano indagati per vari reati Carmelo Rota, 33 anni, assessore Pd del comune di Pedace (Cs), presidente della cooperativa S.Anna che gestiva la struttura in convenzione con la prefettura di Cosenza, e Santo Muraca, 65 anni, proprietario dell’immobile, un tempo adibito a ristorante. Leggendo il provvedimento si scopre che sono molte le "gravi violazioni” accertate: finti scarichi fognari, false documentazioni prodotte per avere il certificato di agibilità dal Comune, abusi edilizi.

L’urgenza di chiudere il centro per fermare "l’attività abusiva in atto” viene motivata con il "grave pericolo per l’incolumità degli immigrati ospitati nella struttura”. Secondo gli inquirenti "l’attività gestita dalla Cooperativa Sant’Anna è stata compiuta in spregio di diverse norme penali ed è esclusivamente preordinata al lucro, senza rispetto alcuno della persona umana e dei diritti costituzionalmente riconosciuti, con conseguente attivazione di una struttura fatiscente e priva delle necessarie condizioni per il ricovero degli immigrati”.
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Le indagini sono partite grazie a una rivolta dei rifugiati che lo scorso 31 luglio avevano bloccato la strada davanti al centro di accoglienza per attirare l’attenzione sulle condizioni e l’isolamento in cui erano ammassati, con un gruppo di donne somale costrette a vivere in uno scantinato senza finestre.

La protesta, scrivono i pm nel decreto, nasceva "dalla situazione di grave disagio causata dalla fatiscenza degli ambienti, oltre che dalla scarsità di cibo somministrato e dalla carenza di mezzi di trasporto per raggiungere la città”. In quell’occasione, gli agenti della Squadra Mobile di Cosenza, intervenuti per sedare la protesta, avevano riscontrato che le lamentele dei migranti erano fondate. Ai poliziotti "gli ambienti apparivano sporchi, i servizi maleodoranti e inefficienti, con una donna accampata dietro a un bancone in un locale usato in passato come discoteca”.

Successivi sopralluoghi hanno accertato che tutti i locali venivano usati come posti letto per richiedenti asilo, nonostante il sottotetto e la zona interrata risultassero inagibili. Il sequestro è scattato anche grazie a un parere dell’ufficio tecnico comunale, dal quale risultano "gravi problemi igienico sanitari riguardanti gli allacci fognari”. Da un’ispezione della polizia e dei tecnici municipali, effettuata il primo settembre, è risultato che "le vasche di accumulo di acque nere, oltre a necessitare di immediato svuotamento, non risultavano provviste di autorizzazione”. Si tratta, secondo gli inquirenti, di vasche in calcestruzzo interrate e abusive realizzate da Muraca con altre persone ancora da identificare.
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L’accusa nei confronti degli indagati è che "in concorso tra loro, mutavano abusivamente l’originaria destinazione d’uso per attività commerciale, ospitando i migranti in un luogo privo del necessario certificato di agibilità”.
Altri lavori erano in corso in tutto l’edificio senza i permessi di costruzione, determinando "pericoli per le persone ospitate”. Il 10 settembre il Comune ha revocato l’agibilità della struttura. Un centro inagibile non è adatto all’accoglienza dei migranti ed è stato chiuso di forza dai magistrati.

Le gravi violazioni accertate in materia edilizia, scrivono i pm nel provvedimento, hanno generato una "conseguente situazione di degrado dell’immobile” e questo ha causato la "tensione già esplosa a causa delle condizioni in cui i migranti sono costretti a risiedere”. Gli stessi richiedenti asilo che con una protesta plateale sono riusciti a fare avviare gli accertamenti sulla struttura sono stati anche denunciati per minacce e danneggiamenti dalla cooperativa, tra i cui soci figura Marco Morrone, figlio di Giuseppe Ennio Morrone, ex senatore ed ex capogruppo di Forza Italia alla Regione Calabria con la presidenza Scopelliti.

Non è la prima volta che in Calabria i migranti sono costretti a ribellarsi come ultimo atto estremo di difesa per le pesanti violazioni che subiscono nelle strutture di accoglienza. Fece scalpore nel 2012 la sentenza del giudice di Crotone Edoardo D’Ambrosio che assolse un gruppo di trattenuti nel centro di identificazione ed espulsione di Isola Capo Rizzuto (Kr) gestito dalla Confraternita delle Misericordie, perché avevano agito per legittima difesa distruggendo il Cie e usando anche le suppellettili come armi contro gli agenti.

A Cosenza il sequestro del centro di accoglienza straordinaria viene motivato con il fatto che "tale situazione si presenta estremamente pericolosa per i cittadini extracomunitari in quanto la struttura appare non dotata dei requisiti igienico sanitari e delle condizioni di sicurezza necessarie per essere abitata”. Secondo indiscrezioni le indagini non sono chiuse, continuano accertamenti perché il centro di accoglienza sarebbe stato anche allacciato abusivamente alla corrente elettrica.