
Nel 2013 l'ultimo atto del governo Monti (il decreto Trasparenza, nemmeno a farlo apposta) ha esteso questa previsione anche ai parenti fino al secondo grado, pure se con la scappatoia di lasciarla facoltativa. Il risultato però è tutt'altro che entusiasmante: fra governo e Parlamento il 72,3 per cento dei politici rende noto solo il minimo sindacale o presenta una documentazione parziale, un quinto circa fornisce informazioni complete e solo poco più del 6 per cento pubblica dati aggiuntivi, come i redditi o le proprietà del coniuge.
LIVELLO DI COMPLETEZZA DELLE DICHIARAZIONI DEI POLITICI
PREMIER PRIMO, GOVERNO MENO
A Matteo Renzi va riconosciuto il merito della trasparenza assoluta, avendo messo a disposizione la situazione patrimoniale e reddituale dell'intera famiglia: moglie, figli, genitori, fratello, sorelle, perfino le nonne. Openpolis promuove a pieni voti anche i ministri Padoan, Pinotti, Delrio, Galletti e Poletti, mentre per qualcuno è stato necessario entrare nell'esecutivo per ravvedersi. Angelino Alfano, ad esempio, pubblica per intero il suo modello Unico solo sul sito del Viminale ma non su quello della Camera. Idem per i ministri Boschi, Giannini, Lorenzin e Orlando, mentre Paolo Gentiloni ha deciso di rendere pubblici i redditi della moglie solo quando è arrivato alla Farnesina.
Una disparità di comportamento che mostra quanto i politici vivano la trasparenza come un atto dovuto: aumenta quando si sale il cursus honorum, anziché prescindere dall’incarico ricoperto. Non a caso le dichiarazioni dei membri del governo sono assai più complete di quelle dei parlamentari. Le informazioni relative ai familiari, ad esempio, sfiorano il 40 per cento per l'esecutivo, più del doppio che nelle Camere. Tuttavia c’è pure chi resta estremamente vago. Il sottosegretario Borletti Buitoni indica il possesso di generici “fabbricati” sparsi fra Milano, l’Argentario e Londra senza specificare altro. Maria Anna Madia, che pure punta a riformare la Pubblica amministrazione e la scorsa legislatura non autorizzò il caricamento della sua documentazione online, rende noto solo il quadro Rn, ovvero quello riepilogativo del suo 730.
DICHIARAZIONI DEI REDDITI COMPLETE
MOGLI E FAMILIARI NASCOSTI - PRESENZA DELLE DICHIARAZIONI DEI CONIUGI
PARLAMENTO OPACO
Entro tre mesi dall'elezione chiede agli eletti di depositare copia dell'ultima dichiarazione dei redditi, ma dispone che sia pubblicata unicamente la parte riassuntiva (come accade nel citato caso della Madia). In questo modo però non è possibile evincere la natura dei proventi o l'esistenza di altre fonti di introito e non è chiaro a cosa sia dovuta la sproporzione fra i vari redditi degli onorevoli. Così chi tiene a essere davvero trasparente deve sottoscrivere un'apposita liberatoria per autorizzare la diffusione integrale del 730 e chiedere in caso di divulgazione anche informazioni supplementari. Davvero poche mosche bianche lo fanno: grosso modo appena 1 eletto su 4. Per questo Openpolis ha considerato come parziali tutte le dichiarazioni che, pur non contravvenendo alla legge, contengono solo la parte riepilogativa. Capita così che fra i bocciati ci siano anche i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso, che pubblicano i prospetti di liquidazione, l’elaborazione sintetica consegnata ai contribuenti che si rivolgono a un Caf o affini. D'altronde a limitarsi alla versione “minimal” sono tanti volti noti, da Luigi Di Maio a Giorgia Meloni, dal presidente dem Matteo Orfini al leghista Roberto Calderoli, che non ha nemmeno allegato le spese sostenute elettorali.
E se i 10 senatori fittiani riescono nell'impresa di non aver depositato neppure una dichiarazione dei redditi completa, nemmeno i Cinque stelle - che hanno fatto della trasparenza una bandiera e sono i più diligenti - brillano particolarmente: i promossi sono meno della metà. Tanto chi vuole restare nell'oscurità assoluta non ha nulla da temere: nel 2014 il senatore Luigi Marino (Area popolare) si è rifiutato di consegnare la documentazione ma nei suoi confronti, tranne una censura formale, non è scattata alcuna sanzione: la legge non ne prevede.
TASSO DI DICHIARAZIONI PARZIALI PER PARTITO
CHI FINANZIA IL CANDIDATO
Il database realizzato da Openpolis spulciando le dichiarazioni dei politici ha consentito anche di ricostruire i finanziamenti relativi all'ultima campagna elettorale. Assai spartana, a giudicare dalle cifre. Nel complesso, infatti, i contributi privati ammontano ad appena 3 milioni di euro, più della metà dei quali andati a sostegno di 131 parlamentari del Pd. Il primato per generosità della donazione spetta però ai montiani, con una media di quasi 38 mila euro a finanziamento.
CAMPAGNA ELETTORALE - CONTRIBUTI PRIVATI RICEVUTI DAI PARLAMENTARI
Cifre che però vanno prese con le molle: un terzo degli eletti non depositato il rendiconto elettorale (contravvenendo alla legge) e, fra chi lo ha fatto, quasi una metà ha asserito di non aver sostenuto spese né ricevuto contributi. Di fatto, dunque, solo il 28 per cento degli onorevoli avrebbe avuto un aiuto economico da privati.
PAPERONI E NON
C'è poi il ricco (in tutti i sensi) capitolo relativo alla disponibilità economica degli eletti. Nel 2014, ben dieci parlamentari hanno dichiarato oltre 1 milione di euro. Ma è impossibile sapere di più su queste fortune: nessuno dei paperoni ha dato l'assenso a pubblicare la dichiarazione dei redditi per intero.
PAPERONI IN PARLAMENTO - ANNO 2014
La classifica per partiti vede invece in testa i montiani di Scelta civica a Montecitorio (per lo più imprenditori prestati alla politica) e il gruppo Gal al Senato (grazie ai 3 milioni e mezzo di Tremonti). Fanalino di coda, in entrambe le Camere, i grillini, molti dei quali - a conti fatti - sembrano contare unicamente sull'indennità parlamentare per la determinazione del loro reddito.
REDDITO MEDIO PER PARTITO (ANNO 2014)
Fra le varie curiosità si scopre pure che sono più le auto dei senatori (371 in tutto) che i senatori stessi (315). Col record di Vincenzo D'Ascola (Area popolare), patito di motori al punto da avere 19 vetture, in gran parte storiche. Un parco auto di tutto rispetto in cui figurano suv, due Porsche, una Jaguar, tre jeep, vari fuoristrada e perfino un camion militare. Ma non tutti sembrano passarsela così bene: 1 politico su 5 dichiara di non avere intestato nulla.
VIVA LA BARCA (E LO YACHT)
Come ai tempi di Massimo D'Alema, poi, si scopre che la barca continua a essere una passione diffusa: sono 22 i parlamentari che ce l'hanno. Un amore che accomuna il verdiniano Abrignani e il montiano Cimmino, l'alfaniano Gualdani e i forzisti Bocca, Crimi, D'Alì, Martino e Villari. Prima dell'arresto nell'inchiesta sul Mose in cui è stato condannato a 2 anni e 10 mesi per corruzione, l’ex ministro Galan dichiarava due motoscafi: un Boston Whaler 28 Conquest, un cabinato ideale per la pesca sportiva, e un Walk Around del '91.
C'è chi ha un semplice gozzo (il vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito) e chi ha un gommone o un motoscafo (i dem Massa, Capodicasa, Mognato e Vazio). Fino ai fortunati che hanno la barca a vela (Causin di Scelta civica, e i piddini Lo Moro, Cucca e Ranucci) o addirittura uno yacht come il leghista Divina, il fittiano Pagnoncelli, il forzista Biasotti o l'ex presidente di Confindustria Bombassei. Proprietario, quest'ultimo, di un lussuoso Navetta 33 (dove il numero sta a indicare i metri di lunghezza), in grado di portare a bordo fino a 20 persone. Prezzo: 15 milioni circa.
Aggiornamento del 25 gennaio 2016, ore 18,50: Dichiarazione dei redditi, la presidente della Camera Laura Boldrini precisa