La caserma Montello ospiterà 300 richiedenti protezione internazionale. Un affidamento diretto della Prefettura alla fondazione fratelli di San Francesco. A capo Clemente Moriggi, il religioso finito un anno fa in una brutta storia di speculazione finanziaria dell’ordine francescano
L’arrivo dei rifugiati alla caserma Montello di Milano agita gli animi dei residenti: un comitato ad hoc spara a zero contro l’accoglienza e si prodiga per scongiurare la nuova destinazione. Da mesi si ritrovano per organizzare fiaccolate, presidi e raccolte firme contro l’uso temporaneo dell’edificio militare nella zona Nord-Ovest della metropoli.
Ad agosto, nonostante le proteste, la decisione di spostare i soldati rimasti e aprire dal primo novembre a chi scappa da guerre e persecuzioni. Una sistemazione-ponte prima di iniziare la ristrutturazione definitiva e trasformare la caserma in una nuova sede della Polizia.
Una scelta presa da Governo, Comune di Milano e Prefettura dopo che il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni è riuscito a impedire l’uso dell’ex campo base di Expo 2015 per l’accoglienza dei migranti.
Un’estate calda scandita da accuse e contro-accuse tra il governatore Roberto Maroni e il sindaco Beppe Sala che spiegava: «Non possiamo continuare a dire no a tutto. Il problema c'è, i migranti stazionano davanti alla stazione Centrale, io continuo a difendere la via della Montello, che è una soluzione transitoria e dignitosa».
Dopo il braccio di ferro il via libera arriva direttamente dal ministero della Difesa (proprietaria dell’edificio) e la Prefettura di Milano mette a punto il 19 settembre la «procedura negoziata per l'affidamento del servizio di accoglienza».
Il numero massimo sarà di trecento ospiti e
nell’invito viene messo nero su bianco ogni servizio: «assistenza linguistica, sanitaria e psicologica, pasti, beni, pulizia, programmi di integrazione ed erogazione del “pocket money” e 11 operatori al lavoro tra turni diurni e notturni».
Tutto per 729 mila euro più Iva.
Non c’è tempo per un bando vero e proprio e allora vengono chiamati cinque operatori che già lavorano con Prefettura e Palazzo Marino tra accoglienza di migranti maggiorenni e minorenni e il piano invernale per assistere i senzatetto.
Mercoledì 12 ottobre la notizia ufficiosa: a vincerlo è la
fondazione fratelli di San Francesco, che per il 2015 e 2014 ha intascato quasi tre milioni di euro per dare assistenza a quasi 90 mila richiedenti asilo. Un gruppo che dà lavoro a duecento dipendenti e ha 7 centri nel Milanese.
Tra i centri gestiti c’è anche la ex scuola comunale di via Saponaro:
una comunità per la cura dei senzatetto, l'accoglienza dei minori e degli ex carcerati dove 400 persone, con esigenze diverse, vivono ammassati nelle vecchie aule.
A capo della fondazione c’è
frate Clemente Moriggi, finito un anno fa in una storiaccia brutta di speculazioni finanziarie.
Moriggi è accusato di concorso in appropriazione indebita insieme all’ex economo della curia generalizia dei frati minori,
Giancarlo Lati, del suo omologo nella Provincia Lombarda,
Renato Beretta.
I tre frati che indossano il saio di san Francesco si erano messi nella mani di un faccendiere per gestire il tesoretto dell’ordine:
quasi 50 milioni di euro raccolti grazie ai lasciti, testamenti e donazioni per le opere religiose e finiti in progetti di resort di lusso sparsi tra l’Africa e il Medio Oriente.
I milioni provenivano dalle casse della Provincia lombarda dei Frati minori francescani (per 23,5 milioni), della Conferenza dei ministri provinciali (3 milioni), e della Casa generalizia dell’Ordine disciplinato dalla regola del 1223 di papa Onorio III, presente in 110 Paesi, e organizzato in 99 Province, 8 Custodie autonome, 14 Custodie indipendenti e 20 Fondazioni, con al proprio vertice il soggetto giuridico autonomo Casa generalizia (detta anche Curia generale).
L’obiettivo era però molto poco francescano:
ricavare il 13,5 per cento di interessi. La maxi-speculazione ha come mente Leonida Rossi, nato in Italia, residente in Kenya e svizzero per sedicente attività fiduciaria.
Era «il signor Rossi» a risolvere le pratiche logistiche, le forniture necessarie o gli impicci materiali dei frati che andavano in missione religiosa nel Corno d’Africa.
È proprio grazie a questa fiducia, guadagnatasi in trent’anni agli occhi dell’Ordine dei Frati minori, che il 78enne Leonida Rossi è stato accusato di «impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita», ovvero frutto di «un ammanco in enti religiosi di almeno 49 milioni e mezzo di euro nel periodo 2007-2014».
L’inchiesta viene a galla a novembre 2015 e si tinge di giallo: il broker il giorno dopo la notizia viene trovato suicida nella sua villa a Lurago d'Eba nel Comasco.
A far scoperchiare lo scandalo è stata la trasparenza dei nuovi economo e rappresentante legale della Provincia lombarda, Marco Fossati e Giuseppe Maffeis, subentrati nel 2013 ai quasi tre lustri di gestione Beretta.
La puzza di bruciato diventa irrespirabile quando i nuovi amministratori chiedono la restituzione dei capitali dell’Ordine secondo quanto attestato da improbabili rendiconti volanti dell’italo-svizzero Rossi: frate Beretta ammette di «non poter consegnare ulteriore documentazione perché distrutta come da accordo con il signor Rossi», quest’ultimo dice di non essere in grado di ridare un quattrino neppure parzialmente, poi promette di iniziare una parziale restituzione «fra qualche mese», e alla fine butta lì ai frati l’offerta bizzarra della «intestazione» di un «mio hotel del valore commerciale di 70 milioni di euro» in Eritrea, in realtà investimento ancora sulla carta e comunque sconosciuto ai frati.
L’indagine che porta agli affari spericolati dei tre frati è ancora in corso ma non ha impedito di affidare alla fondazione guidata da Clemente Moriggi fondi del Ministero dell’Interno per l’emergenza immigrazione.