Il dirigente, arrestato per corruzione, è il Rasputin della giunta capitolina, più potente di qualsiasi assessore. Per questo in Campidoglio tutti lo definiscono senza alcuna ironia «il vero sindaco di Roma» al posto di Virginia Raggi. Ecco chi è, i contratti sospetti che ha firmato per il Comune e i suoi affari immobiliari
L'inchiesta su Raffaele Marra e i suoi affari al Comune di Roma realizzata a novembre dall'Espresso: il dirigente è stato poi arrestato per aver intascato una tangente quando lavorava per l'Enasarco. Ecco il ritratto dell'uomo, i suoi affari sospetti e la sua passione per le case a prezzo stracciato.
Un'ombra si allunga su Virginia Raggi e rischia di avvolgere il Campidoglio. L'ombra ha il profilo di Raffaele Marra, l'uomo che negli uffici del Comune tutti definiscono senza alcuna ironia "il vero sindaco di Roma". Come ha scoperto l'Espresso, Marra - quando era un fedelissimo di Gianni Alemanno - ha sottoscritto contratti milionari a favore di Fabrizio Amore, un imprenditore oggi indagato in una delle inchieste su Mafia Capitale. Un costruttore (imputato anche per associazione a delinquere e turbativa d'asta in un altro procedimento) che nel luglio 2009 grazie a una convenzione a trattativa diretta firmata da Marra in persona, allora capo del dipartimento delle Politiche abitative, è riuscito a fare il colpo della vita: affittare al comune capitolino 96 appartamenti in un residence fuori dal grande raccordo anulare alla stratosferica cifra di 2,6 milioni l'anno. Pari a un costo medio per abitazione di 2.256 euro al mese, il prezzo di una casa da 150 metri in centro.
Una maxi inchiesta davanti alla quale il braccio destro di Virginia non fa ua piega. Anzi: all’ex ufficiale della Guardia di Finanza non dispiace nemmeno che le srl italiane proprietarie degli appartamenti siano controllate al cento per cento da società anonime con sede in Lussemburgo. Holding che poi finiranno nel mirino degli inquirenti per un presunto giro di false fatture da 11 milioni di euro.
Per il M5S la vicenda è paradossale. Se nei giorni scorsi sui giornali ha campeggiato la presunta “congiura dei frigoriferi” invocata dalla sindaca, e deputati di peso sono tornati a chiedere a Grillo di mettere mano al caos in Campidoglio «che rischia di far implodere l’intero progetto politico del M5S», la questione Marra può far saltare di nuovo i traballanti equilibri interni. Perché il napoletano Raffaele, entrato alla corte di Alemanno e Franco Panzironi grazie ai buoni uffici del vescovo Giovanni D’Ercole, già braccio destro di Renata Polverini e poi passato alla causa di Beppe Grillo (tanto da autodefinirsi «lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento», mentre per la grillina Roberta Lombardi è solo «il virus che lo ha infettato»), oggi non è solo l’onnipotente capo del personale promosso per ferrea volontà della sindaca e in attesa di una nuova e prestigiosa collocazione.
Ma anche il Rasputin che tutti i giorni consiglia a Virginia ogni mossa e ogni passo, il dioscuro che accompagna la sindaca agli incontri istituzionali a Palazzo Chigi, e il leader indiscusso (dal punto di vista tecnico è il più competente del mazzo: ha una laurea in legge - 103 su 110 - e una in Economia e Commercio, strappata con 82 su 110) dei “quattro amici al bar”, come si chiamano tra loro su WhatsApp Marra, Virginia, il segretario generale Salvatore Romeo e il vicesindaco Daniele Frongia. Una chat spesso usata per darsi appuntamenti lontani da orecchie indiscrete sul tetto del Comune o ai tavoli della terrazza Caffarelli.
REGALI AI COSTRUTTORI Non sappiamo se «il vero sindaco di Roma» durante gli spuntini di lavoro abbia raccontato ai suoi nuovi amici i trascorsi con i costruttori romani o la sua passione sfrenata per il mattone. Di certo l’Espresso è in grado di raccontare il lato meno conosciuto dell’uomo chiave del “raggio magico”, grazie alla lettura di contratti conservati negli archivi del Comune, a convenzioni a trattativa privata, mai pubblicati prima. Oltre a certificati di residenza, deliberazioni della giunta e fogli del catasto che evidenziano come Marra e sua moglie siano riusciti a comprare a prezzi stracciati e sconti record case da privati e da enti come la Fondazione Enasarco.
Partiamo dall’inizio. Dall’affare che Marra serve ad Amore su un piatto d’argento. Un regalo inspiegabile, anche se giustificato dall’emergenza abitativa e dalla necessità di trovare rapidamente casa a oltre un centinaio di sfollati. Nel luglio 2009 l’ex uomo di Alemanno affitta infatti 53 appartamenti dalla società Arca ’93, e altri 43 dalla GE.IM 96, proprietarie della grande struttura “Borgo del Poggio”, a Via di Fioranello. Piena periferia. Per la prima convenzione, si legge, «il compenso annuale è di 1,4 milioni annui», mentre per la seconda srl il business vale «1,2 milioni di euro». Il Comune di Roma si impegna a pagare ad Amore anche gas, acqua ed energia elettrica. In tutto fanno 2,6 milioni all’anno (diventeranno 2,3 nel 2012 con il rinnovo del contratto, che dura sei anni più sei in assenza di disdetta), che a oggi hanno permesso all’imprenditore di incassare circa 17 milioni di euro.
Una cifra mostruosa che ha stupito anche i giudici della procura guidata da Giuseppe Pignatone: nel giugno del 2015 il gip che ha convalidato le misure cautelari per il costruttore (poi annullate dal tribunale della libertà) nonostante l’assenza di illeciti comprovati riguardo la convenzione firmata da Marra, ha duramente commentato l’accordo. «Il canone è eccessivamente oneroso... in più è tuttora in atto una truffa ai danni del comune di Roma che paga canoni di locazione per 96 unità abitative che dovrebbero essere a disposizione degli sfollati, mentre sei di queste sono utilizzate da Amore e dai suoi collaboratori per fini propri e del tutto estranei alle emergenze abitative. Un fatto ancora più grave se si pensa che il comune ha rimborsato alle società locatrici anche i costi delle varie utenze».
Per la cronaca, Amore è finito sotto inchiesta non per il patto firmato insieme a Marra, ma per altre due vicende. Al procedimento-costola del processo a Carminati e Buzzi, dove è indagato per una turbativa d’asta per la gestione di alloggi per l’accoglienza, si è aggiunta l’imputazione di associazione a delinquere per evasione fiscale e turbativa d’asta a causa di un appalto da 1,2 milioni per lavori urgenti dell’aula Giulio Cesare del Campidoglio. Amore è imputato insieme all’allora capo della Direzione tecnica del Comune Maurizio Anastasi: per gli inquirenti sarebbe stato quest’ultimo a favorire illegalmente l’immobiliarista, attraverso una gara a trattativa privata vinta da Amore attraverso società di costruzioni. Anche queste controllate dalle holding lussemburghesi proprietarie del residence (sia chiamano Essonne SA e Hortense Sa) che Marra ha affittato nel 2009.
Il collaboratore di Virginia, capo dei 23 mila dipendenti del Comune e due mesi fa vincitore della guerra contro l’ex assessore al Bilancio Claudio Minenna e il capo di gabinetto Carla Raineri («Marra e Romeo? Personaggi assai mediocri, il duo ha continuato a gestire il Campidoglio forte della protezione della Raggi», disse il magistrato Raineri dopo le sue dimissioni) ha però firmato altri contratti per l’emergenza abitativa. A fine 2009 Amore ottiene infatti altri 800 mila euro l’anno per l’affitto di un altro suo immobile a via Giacomini (di proprietà della Generalappalti srl, anche questa di un socio unico lussemburghese), mentre un anno prima era stata l’Immobiliare Ten del campione della Roma Francesco Totti a firmare con Marra un ricco contratto di locazione.
Marco Lillo del “Fatto Quotidiano” aveva raccontato l’affare nei dettagli, spiegando che il Campidoglio aveva affittato dalle società del “Capitano” 35 appartamenti «all’estrema periferia romana». Per un costo di 908 mila euro l’anno, circa 2.160 euro ad abitazione: un prezzo degno di un trilocale vista Colosseo e non certo di palazzoni anonimi del quartiere di Tor Tre Teste. La commissione che valutò le offerte degli aspiranti locatari era presieduta da Luca Odevaine, il dirigente vicino al Pd oggi imputato per corruzione nel processo a Mafia Capitale. Il 18 dicembre 2008 è però il solito Marra, come rappresentante del Comune, a firmare il contratto definitivo che permetterà a Totti e soci di incassare oltre 5 milioni in sei anni. Nessun illecito riscontrato dai pm, ma uno spreco di denaro pubblico che grida ancora vendetta: come direttore del dipartimento, Marra avrebbe comunque potuto rifiutarsi di firmare il contratto, anche in autotutela.
Durante gli anni in cui Marra è a capo del Dipartimento per le Politiche abitative il Comune guidato dagli uomini di Alemanno si lanciò anche in un’altra operazione spericolata: l’acquisto di tre palazzine a Torre Spaccata di proprietà della Farvem Real Estate, una srl dell’imprenditore Massimo Ferrero detto “Viperetta”, diventato famoso negli ultimi anni per essere l’eclettico patron della Sampdoria. Nel 2008-2009 il Campidoglio, che da qualche tempo pagava a Ferrero due milioni l’anno di affitto (lievitati poi a 3,1 milioni) decise di investire e comprare finalmente gli immobili. Una mossa per far risparmiare le casse comunali, si dirà: peccato che nel bilancio comunale fu accantonata una cifra pazzesca, di poco inferiore ai 50 milioni di euro. Uno sproposito, dal momento che Ferrero per i tre palazzi popolari aveva sborsato tre anni prima appena 15 milioni. L’affare alla fine saltò, grazie alle proteste degli inquilini e delle opposizioni, e grazie a un articolo assai informato di Giovanna Vitale su Repubblica.
PASSIONE IMMOBILIARE Lo ammetta o meno, Marra a destra era assai benvisto. Sarà l’aplomb dell’ex ufficiale della Gdf, il diploma (45 su 60) alla scuola militare Nunziatella di Napoli, ma è un fatto che Raffaele - dopo aver litigato con Alemanno - riesca ad accasarsi nel 2011 alla Regione Lazio con la Polverini e che, nel maggio del 2010 (appena lasciato il Campidoglio) sia riuscito a farsi chiamare in Rai dal berlusconiano ex direttore generale Mauro Masi, che decide di stipendiare Marra come «consulente in materia economica e finanziaria per la realizzazione di un progetto connesso alle tematiche aziendali finalizzato alla implementazione del Piano industriale 2010-2012».
Una volta finite le esperienze in Rai e alla Regione, l’ex finanziere (che nel 2006 vinse un concorso da dirigente pubblico al ministero dell’Agricoltura guidato da Alemanno) torna in Campidoglio, ma sia Ignazio Marino sia il prefetto Francesco Paolo Tronca preferiscono tenerlo ai margini del loro progetto amministrativo, affidandogli prima l’«ufficio di scopo» per i rapporti con i consumatori e poi la direzione per le relazioni sindacali. È in questo periodo che Marra conosce Frongia, con cui stringe un’amicizia di ferro che lo catapulterà - dopo la vittoria del M5S e della Raggi - ai vertici della nuova squadra di governo. Scatenando l’ira di un pezzo del direttorio grillino (su tutti la Lombardi e Carla Ruocco) che non vedono di buon occhio il suo percorso politico e l’ascendente sulla sindaca.
L’ostilità di frange importanti del movimento crescono qualche settimana fa, quando l’Espresso svela come nel 2010, mentre era alla direzione del dipartimento delle Politiche abitative e della Casa, Marra sia riuscito a comprare un attico di lusso dall’imprenditore Sergio Scarpellini, ottenendo uno sconto di quasi mezzo milione di euro rispetto ai prezzi di mercato. Un evidente conflitto di interessi: Scarpellini, già definito da Alessandro Di Battista «l’immobiliarista della Casta», con il Comune aveva in piedi affari a sei zeri, affittando al Campidoglio locali per milioni di euro l’anno.
Oggi, però, scopriamo che il quarantacinquenne dirigente napoletano di affari ne ha fatti altri. Già: una volta comprato l’attico da Scarpellini, Marra decide di metterlo a reddito e affittarlo. Non per restare nella casetta di via Gentili, ma per trasferirsi in un altra casa di otto stanze a via dei Prati Fiscali, dove risiede tuttora. Poco più di 152 metri quadrati comprati nel maggio del 2013 da sua moglie, Chiara Perico, che riesce ad acquistare il grande appartamento più un box auto per appena 367 mila euro. Il venditore è Enasarco, una fondazione sottoposta al controllo pubblico del Ministero del Lavoro e di quello dell’Economia che nel settembre 2008 aveva annunciato (prima con una delibera interna e poi con un accordo siglato con i sindacati) di voler dismettere il suo immenso patrimonio immobiliare, offrendo a tutti i suoi inquilini uno sconto del 30 per cento, che arriva al 40 in caso di “acquisti collettivi” dell’intero stabile. Nel settembre 2008 Marra e la Perico (che a ottobre di quell’anno, pochi mesi dopo l’arrivo del marito alla guida del dipartimento della casa, viene assunta a tempo determinato nello staff dell’assessore al Personale, l’alemanniano Enrico Cavallari) vivono però in una casa a via Gentile.
L’affare è ghiotto: così la Perico chiede e ottiene un contratto di locazione da Enasarco (la casa era sfitta), cambia residenza diventando inquilina Enasarco nel novembre 2009, quando trasferisce la residenza a via dei Prati Fiscali. Quattro anni dopo, la signora Marra ha così le carte in regola per esercitare il diritto di prelazione: nell’atto di vendita del 26 giugno 2013 dichiara «di essere coniugata, ma in regime di separazione dei beni con il proprio coniuge». L’affare con sconto record è concluso.
A cinque mesi dall’acquisto dell’appartamento Enasarco, Marra - che ha già nel suo carniere l’attico preso da Scarpellini, e che mai avrebbe potuto prendere una casa Enasarco con super sconto - decide di trasferire anche lui la residenza nella nuova casa della moglie. Oggi vive lì da solo: la Perico nel 2015 ha infatti spostato la sua residenza all’estero, in un elegante residence della città di St. Julian, a Malta. Un’isola che i Marra conoscono bene: il fratello Catello, anche lui con un passato nella Gdf, bazzica La Valletta da anni, facendo affari e gestendo da “governatore” armato di mostrine, mantello e spadaccino, una fantomatica associazione chiamata International Organization for Diplomatic Relations, che organizza eventi e premiazioni a Malta, Boston e nei soliti salotti romani. Un dubbio alla fine resta inevaso: o la Raggi non conosce bene la storia di Marra o non può, per qualche ragione sconosciuta, fare a meno di lui.