Cresce l'accumulo di cash, il patrimonio immobiliare viene messo a reddito senza freni, si torna alla terra e salgono gli impieghi in agricoltura. I millennials guadagnano sempre meno e restano intrappolati nei livelli più bassi del mondo del lavoro

Torna l'Italia del sommerso. È questo uno dei tratti forti con cui il Censis disegna quest'anno il ritratto della società italiana. Niente di nuovo, si dirà, visto che il tessuto economico del nostro paese ha nel sommerso la trama principale, come dimostrano le stime crescenti sul suo valore: 200 miliardi di euro, il 12 per cento del Pil secondo l'Istat. In quella enorme massa di denaro però sono incluse le attività illegali, dal contrabbando alla prostituzione, dai giri di droga alle estorsioni, e non solo l'attività alla luce del sole che fa circolare denaro che sfugge al fisco ma produce posti di lavoro. Insomma: il fenomeno che il Censis intercettò per primo negli anni Settanta, facendo arricciare il naso agli statistici di mestiere per i quali quell'aspetto della società era del tutto fuori dei radar, allora dimostrava la vitalità e la voglia di crescere e di ingegnarsi di una parte consistente della popolazione. Oggi, è di tutt'altra pasta.

Nel Rapporto numero 50 sulla situazione sociale del paese che viene lanciato oggi da Giuseppe De Rita, padre fondatore e presidente, nonché l'inventore della sociologia ad uso dei media, il sommerso di questo millennio si chiama “post-sommerso”. E già di primo acchito, come la “post-truth” eletta parola dell'anno dall'Oxford Dictionary, non dice niente di buono. Quello di quarantacinque anni fa «era un sommerso pre-industriale, che nel ventennio successivo fece da battistrada all'imprenditoria molecolare e all'industrializzazione di massa», scrive De Rita. «Oggi siamo in presenza di un sommerso post-terziario, dove vive un magma di interessi e comportamenti, tutto in un'atmosfera di diffuso primato dell'immateriale, fuori da canoni consolidati di organizzazione ed efficienza, e anche di prospettive di sviluppo sistemico».

Cosa ha fatto in questi ultimi due anni la società italiana, pur segnata dalla “diffusa sensazione di impoverimento”? Si è voracemente lanciata a cercare di accumulare, di risparmiare, di conservare il proprio patrimonio. Ha mostrato le sue doti di resistenza, o meglio di resilienza, parola di moda ma che esprime il concetto del mettersi al vento, non farsi abbattere, trovare del buono in ogni situazione e saperla sfruttare. E dunque: delle banche non ci si può fidare? Cresce l'accumulo di cash, il ritorno del “liquido” nelle transazioni; il patrimonio immobiliare è la sola grande ricchezza diffusa del paese? Viene messo a reddito senza freni, tra B&B e case vacanza, sempre cash; il campo del nonno restava incolto? Ora molti giovani “tornano” alla terra e fanno salire gli impieghi in agricoltura.

Ebbene: sarebbe stato strano il contrario. Come tratteggia lo stesso Censis, la società italiana pur di non soccombere ha continuato ad alzare ogni mattina la serranda della bottega, e ha imparato a “ruminare” gli shock (come quello dell'immigrazione) e a cicatrizzare le ferite. Si è data da fare. Ha dato vita a figure professionali labili e temporanee, ha spinto i giovani a improvvisarsi fondatori di start up senza protezione, a inventarsi professioni “autonome” (quest'anno le partite Iva sono cresciute del 25 per cento) che non assomigliano più a quelle del passato ma sono spesso semplici attività di servizio.

Il reddito dei giovani non è mai stato così distante dalla media: i millennials saranno per la prima volta più poveri dei loro padri (rispetto ai giovani di 25 anni fa hanno un reddito inferiore del 26,5 per cento), e sono intrappolati nei livelli più bassi del mondo del lavoro (il 41 per cento degli occupati tra i 15 e i 35 anni svolge mansioni operative e manuali). Imprigionati in basso e ai margini, camerieri e gestori di B&B, anche se le statistiche registrano una diminuzione dei neet e un aumento dell'occupazione. Disperati.

È il sommerso di Renzi e del suo jobs act? Probabilmente no, perché le radici di questi fenomeni affondano più in là. Paradossalmente, rispondono a un disegno preciso che partiva da prima di Renzi: quello che ha visto Confindustria e sindacati combattere l'appiattimento salariale e puntare all'allargamento della forbice dei redditi per aumentare le occasioni di lavoro. Oggi ci si è arrivati. Ma ampliando solo la fascia inferiore della forbice.

Certo, alla vigilia del referendum un simile ritratto si presta a essere strumentalizzato per spostare voti nelle urne da parte di chi ne ha fatto il giorno del giudizio sul governo. Sarebbe stato meglio uno slittamento della Relazione di quest'anno? «Il primo venerdì di dicembre è sempre stato nostro», precisa il presidente del Censis, proprio come lo è la fine di maggio per la Relazione del governatore della Banca d'Italia. E poi, meglio guardarsi allo specchio senza inganni: i comportamenti economici che sfuggono all'ufficialità riemergono prepotentemente. Sono anzi la vera cifra della ricerca di futuro. In un paese che – ed è questa l'altra nota di fondo del Rapporto di quest'anno – ha reciso il suo rapporto con la politica e della politica non si fida più. È tempo che la politica ne prenda atto.