Un ginepraio di società nei paradisi fiscali. ?Che fanno capo ai due signori dei diritti del pallone, Silva e Bogarelli. Entrambi usciti dal “vivaio” del Milan

L'ultimo derby Milan Inter
Il campionato di serie A è una corsa a due. Per lo scudetto, ci sono solo Napoli e Juventus. Nei diritti televisivi, banco di mutuo soccorso che tiene in piedi il football nazionale, il tandem di testa è composto da Marco Bogarelli di Infront e da Riccardo Silva di Media partners (Mp) & Silva. Gli altri si dividono le briciole.

I due imprenditori milanesi venuti da Milan channel, legati a filo triplo con Adriano Galliani, hanno portato nelle casse della serie A 1,2 miliardi di euro all’anno per il triennio 2015-2018. Grazie all’exploit nell’asta del 2014 Infront si è guadagnata il rinnovo dell’advisory con la Lega calcio per il periodo 2018-2021 e l’incremento dei diritti esteri ottenuto da Silva (185 milioni di euro) ha aiutato Bogarelli a superare in scioltezza la soglia garantita ai famelici presidenti.

Il lavoro del tandem è stato molto redditizio, anche se forse ha violato alcuni articoli del codice penale (turbativa d’asta a vantaggio di Mediaset, ostacolo all’autorità di vigilanza) e ha mostrato una tendenza pronunciata dei due imprenditori a dotarsi di conti correnti offshore e a organizzare strutture societarie all’estero.

Lontano dai campi di gioco italiani, Bogarelli e Silva si sono scambiati consulenze e diritti. Le somme accertate sono nell’ordine di decine di milioni di euro. Ma gli investigatori coordinati dalla Procura di Milano pensano che ci potrebbe essere molto altro e molto di più nei vari conti sparsi da Shanghai a Londra, dagli Emirati Arabi a Lugano.
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È questo che emerge dalle prime analisi delle voluntary disclosure presentate all’Agenzia delle entrate alla fine del 2015 dai tre manager indagati di Infront, (lo stesso Bogarelli, Andrea Locatelli e Giuseppe Ciocchetti). Tutti e tre erano clienti di Andrea Baroni, gestore della ticinese Tax and Finance, arrestato per riciclaggio il 9 ottobre.

Le confessioni fiscali di Bogarelli, Locatelli e Ciocchetti sono nelle mani del pubblico ministero milanese Roberto Pellicano, che coordina l’inchiesta più importante sul calcio dell’epoca moderna. “L’Espresso” può rivelare alcuni elementi fondamentali di questa documentazione.

I tre manager Infront hanno ammesso l’esistenza di 34 milioni di euro complessivi su conti esteri a loro riconducibili. La parte del leone è di Bogarelli con 28 milioni di euro. Questa cifra è stata fatturata in buona parte dalla Domino holdings limited di Bogarelli, con sede nella Free zone di Dubai, a Mp&Silva di Dublino, società interamente controllata da Silva. Ci sono anche altri incassi fatturati da Bogarelli per consulenze al gruppo Infront, cioè alla stessa società di cui Bogarelli era amministratore.
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Silva, oltre ad avere salvato il presidente del Genoa Enrico Preziosi con un assegno di 15 milioni di euro su richiesta di Bogarelli, ha incassato dalla sua società dublinese 70 milioni di euro complessivi in dividendi nell’ultimo biennio: 45 milioni di euro nel 2014 e 25 nell’esercizio chiuso al 30 giugno 2015.
Insomma, le voci di contrasto fra i due signori dei diritti - Bogarelli sul fronte interno e Silva per l’estero - non sono confermate dai fatti. E altri fatti sono in dirittura d’arrivo.

BOGARELLI COMPRA IL BRESCIA

La Guardia di finanza sta procedendo attraverso un ginepraio di società. Il punto di partenza è sempre la clientela di Tax and Finance, intercettata a partire dal marzo 2015 e definita l’amministratrice “al di là del territorio nazionale, di risorse finanziarie provenienti dalla commissione di delitti in Italia attraverso la predisposizione di documentazione di natura contrattuale fittizia e l’emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti”.

I clienti di T&F pretendevano riserbo fino a presentarsi con pseudonimi (“il musicista” alias Giovanni Accornero, imprenditore alessandrino con la passione di viole e violini Guarneri) ma venivano redarguiti dai fiduciari di T&F, come accade all’industriale calzaturiero Franco Sarto, se non ricambiavano con altrettanta discrezione.

Dai documenti sequestrati il 19 gennaio negli uffici milanesi di Infront Italy e Deruta 20 emergono rapporti con 37 società del calcio professionistico. Ma anche con 44 società italiane e straniere. Il comparto estero include una robusta presenza panamense (Mascotel investments, Fangorn, Pingest international, Arafield Overseas, Ainoa, Pendol Overseas), lussemburghese (Dizzy, Comoi group, B4 Capital), inglese (Webster-Bennet-Benson, Mml Holdings) ed elvetica (Pixis Advisory, Comoi Advisory).

In Italia ci sono società di famiglia come la Maroncelli 9 di Bruno Bogarelli, fratello maggiore di Marco ed ex affittuario delle frequenze di Sportitalia di proprietà del finanziere franco-tunisino Tarak ben Ammar, già amministratore e socio di Silvio Berlusconi.
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C’è un ex concorrente di Infront, la G Sport della famiglia Giacomini, incorporata lo scorso luglio da Bogarelli per 12,7 milioni di euro. Tre mesi prima Alessandro Giacomini è stato coinvolto nel salvataggio del Bari dall’infrontiano Ciocchetti, a sua volta chiamato in causa dal reggente di Adriano Galliani in Lega, Claudio Lotito («a Ciocche’ senti ’na cosa, me devi risolve quel cazzo de problema del Bari, porca...»).

Infine, ci sono le fiduciarie Eos e Profida, con sede in Italia ma appoggi in Svizzera e Lussemburgo, le due mete tradizionali degli italiani timorosi di intrusioni da parte dell’erario.
Eos è controllata dalla Banca della Svizzera italiana (Bsi), ora nel gruppo Generali. Profida fa parte del lussemburghese Comoi group che fornisce, oltre ai servizi fiduciari, la consulenza finanziaria a Lugano, la gestione patrimoniale nel Granducato e una società di intermediazione mobiliare (sim) presieduta da Marco Janni, storico penalista degli “avvocati democratici” che assisteva la famiglia Valpreda nel processo di piazza Fontana.

Il manager di Comoi e Profida è Sergio Zoncada ma gli esperti di calcio nel gruppo sono Bruno Ghirardi, bresciano e avvocato della Lega calcio, e Antonio Guastoni, commercialista, ex piccolo azionista dell’Inter di Massimo Moratti e per dieci anni (2002-2012) amministratore della Sampdoria con i Garrone.

Di recente Guastoni è stato etichettato come il “salva-Brescia” per essere intervenuto a sostegno dell’amico Gino Corioni un anno fa e per avere garantito l’avvicendamento con i nuovi proprietari.
L’indagine della Procura ha messo in evidenza che il nuovo azionista di maggioranza, Brescia Holding, è controllato da Bogarelli proprio attraverso lo schermo fiduciario della Profida.

In questo modo, il portafoglio Infront è stato completato. Oltre all’advisory sui diritti, agli archivi storici dei club, al marketing, alla corporate hospitality, alla cartellonistica degli stadi, alle sponsorizzazioni, alla regia unica delle partite, ai servizi tecnici e di produzione per la tv del principale quotidiano sportivo italiano (la Gazzetta dello sport), finché è durata, c’è anche la proprietà diretta dei club. Del pallone non si butta niente.


SILVA’S WORLD

Tra Formula 1, internazionali di Francia di tennis, serie A, Premier league inglese e il campionato francese di Ligue 1, dove il Psg qatariota fa il bello e il cattivo tempo, Riccardo Silva è un fattore nei diritti del calcio a livello mondiale con oltre 70 pacchetti in gestione e un fatturato di 750 milioni di euro.

Oltre a essere ricco di famiglia, vanta una tessera del Pd e un rapporto privilegiato con Nasser al Khelaifi, presidente del fondo sovrano del Qatar, del network BeIn sports e compagno di doppio in Coppa Davis del principe Tamim al Thani.

Sotto il profilo societario Mp&Silva ha una struttura labirintica con un nome ereditato dalla vecchia Media partners di Bogarelli, Locatelli, Rodolfo Hecht Lucari e Andrea Abodi, attuale presidente della Lega di serie B. Ma non ci sono relazioni societarie fra le due Media partners. Ed è già piuttosto complicato districarsi fra le parentele interne del gruppo Silva, composto di oltre una decina di società omonime sparse ai quattro angoli del globo. La più marginale è proprio la Mp&Silva italiana, messa in liquidazione nel 2012 e affidata ad Ambrogio Silva, cugino di Riccardo e nipote omonimo del fondatore della dinastia brianzola di prodotti detergenti.

La società irlandese è, secondo gli investigatori, la più interessante. Appartiene al solo Riccardo Silva e ha ricavi superiori ai 200 milioni di euro all’anno, in maggioranza derivanti dalla vendita di diritti sportivi in Europa e Medio Oriente.

Il traffico con parti correlate - altre Mp&Silva - è imponente. Sono decine di milioni di euro all’anno fra cessioni di diritti, consulenze sulla serie A che Silva fattura a se stesso, come fa Bogarelli con Infront, e prestiti intergruppo verso le filiali di Singapore, Dubai, Monaco e Londra.

In ognuna di queste società ci sono altri scambi simili. Per esempio, la londinese controlla altre quattro Mp&Silva (Ungheria, Polonia, Francia e Stati Uniti) ed è controllata a sua volta dalla lussemburghese, intestata a una finanziaria dal nome vagamente berlusconiano (Holding One) che è schermata dalla Ficel, una delle principali fiduciarie del Granducato.

Per capire chi siano i veri soci bisogna affidarsi alle parole di Silva. Intervistato da “Repubblica” nei suoi uffici in centro a Londra, l’imprenditore proprietario del Miami Fc della seconda lega del soccer Usa, ha detto di controllare l’80 per cento del gruppo insieme al suo partner della prima ora, Andrea Radrizzani, ora in allontanamento per realizzare il suo network con base a Singapore.

In tempi recenti un riferimento importante è diventato Marco Auletta, chief executive officer dell’intero gruppo, non indagato dalla Procura. Il manager è figlio di Mino Auletta, avvocato civilista milanese scomparso nel 2012 e noto per essere stato il legale, e l’amico di una vita, di Mike Bongiorno oltre che il presidente del Cias, l’organo supremo della giustizia sportiva internazionale. È il tribunale che, per dare un riferimento, fu chiamato a giudicare sulla partecipazione alle Olimpiadi di Londra 2012 del corridore sudafricano Oscar Pistorius.
Auletta è residente a Montecarlo dove ha lavorato alla Compagnie monégasque de banque. Ha accompagnato Silva in alcuni investimenti di Mp&Silva Dublino proprio in Cmb. Auletta amministra con Silva anche l’immobiliare Smith Woodlands che ha acquistato a South Beach, Miami, l’attico da 25 milioni di dollari e 700 metri quadrati dove Silva vive.


UNA GUARDIA ROSSA PER INFRONT

L’inchiesta milanese ha creato più di un contraccolpo al sistema che regge il calcio italiano. Fra le società che vorrebbero staccarsi da Infront ci sarebbe il Milan, dove Barbara Berlusconi ha la delega sul marketing e identifica i ragazzi di Bogarelli come troppo vicini al suo collega amministratore Galliani. Ma non è detto che non sia una manovra tattica, fumo negli occhi come i dissapori fra Bogarelli e Silva.

Anche sulla solidità di Bogarelli alla guida di Infront Italy si dice tutto e il suo contrario. Secondo alcuni, il proprietario del gruppo, Wang Jianlin, l’ex guardia di confine dell’esercito maoista diventato l’uomo più ricco della Cina, sarebbe scontento della cattiva pubblicità portata dall’indagine penale.

Stando ai fatti, il 21 gennaio scorso Bogarelli ha preso in mano le redini di Infront Italy holding, che fa capo direttamente a Infront Sports & media di Zug (Svizzera). A farsi da parte è stato Ciocchetti. In cambio, il responsabile finanziario della società ha incassato una rinuncia totale a qualsiasi azione di responsabilità che esclude soltanto «casi di dolo o colpa grave che dovessero emergere in futuro».

Sotto il profilo processuale la vicenda Infront è ancora in una fase delicata. Se le voluntary disclosure dei tre manager (Bogarelli, Locatelli e Ciocchetti) tengono e non vengono messe in discussione per inesattezze o infedeltà, i reati fiscali non sono più punibili e viene meno anche l’accusa di riciclaggio che, al momento, investe Baroni e altri sei dipendenti di Tax&Finance.

Rimarrebbero la turbativa dell’asta sui diritti tv, dove Bogarelli è sotto inchiesta con i manager Mediaset Marco Giordani e Marco Giovetti, l’ostacolo alla vigilanza della Covisoc, la Consob del pallone, e il mascheramento della situazione finanziaria del Genoa (indagato anche Preziosi), e del Bari (indagati anche Lotito e l’ex arbitro Gianluca Paparesta).

Ma la Procura punta più in alto, alla corruzione. È un cambio di passo possibile ma presuppone un dibattito sulla natura giuridica della Lega calcio. I magistrati di Milano la ritengono un ente privato di rilievo pubblico al quale si può contestare il reato di corruzione. I presidenti che compongono la Lega di serie A sono di parere opposto e la considerano un’associazione privata.

Dietro la questione in punta di diritto c’è l’equivoco fondante dello sport più seguito al mondo. È dei proprietari privati o dei tifosi? In Italia è di Galliani, Bogarelli e Silva. E qui non c’è proprio discussione.

Aggiornamento dell'11 febbraio 2016, ore 18,13: “Il Gruppo Generali precisa che in data 15 settembre 2015 ha completato la cessione della Banca della Svizzera italiana (Bsi) a Banco Btg Pactual”.

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