Fatture false per decine di milioni di euro stornati su conti offshore. Accordi commerciali gonfiati fra Infront e i club amici. La serie A svenduta all'estero a vantaggio di Bogarelli e Silva con la supervisione di Galliani. Ecco la storia di un affare multimiliardario che ha arricchito i manager a danno di Sky, Mediaset, Rai e Lega Calcio

Il video di Milan-Bologna, domenica 21 maggio, si apre con le immagini della tribuna autorità dello stadio di San Siro. Adriano Galliani, alla sua ultima partita in casa da amministratore delegato rossonero, bacia e abbraccia i compagni di 31 anni di avventure.

È un omaggio del centro di produzione Infront, che cura gli highlights ufficiali, al manager che ha guidato il club di Silvio Berlusconi dal 1986 fino al passaggio di mano ai carneadi di Sino Europe Sports, poche settimane fa. La partita di domenica scorsa contro il Bologna ha sancito il ritorno in Europa del Milan, un buon risultato per il congedo di Galliani in una stagione che resta difficile. Martedì 23 maggio si sarebbe dovuta giocare un’altra partita importante per l’ex ad diventato consulente Fininvest. Ma lo sciopero delle camere penali ha reso impraticabile il campo di gioco, il tribunale di Milano, dove il giudice del Riesame avrebbe dovuto decidere sul conflitto fra magistrati.

Da una parte, la procura vuole l’arresto dell’ex vertice di Infront (Marco Bogarelli e Giuseppe Ciocchetti) e di Mp&Silva (Riccardo Silva), titolari di un groviglio di società offshore che tra Panama, Dubai, Singapore, ma anche Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito, hanno mosso decine di milioni di euro dal 2009, anno in cui Infront diventa advisor della Lega calcio, al 2014, quando si tiene l’ultima asta per i diritti, con un incasso di 1,2 miliardi di euro complessivi per le squadre.

Dall’altra parte, il gip ha respinto la richiesta, sostenendo che Infront-Mp&Silva non hanno manipolato le aste per i diritti tv del calcio ai danni dei club della Lega calcio e di Sky e che il binomio Infront-Mp&Silva non rappresenta un’associazione a delinquere ma una semplice lobby affaristica.

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Il futuro di Galliani dipende dalla partita rinviata del 23 maggio. Se vince la procura, è inevitabile che il geometra di Monza finisca indagato come il grande burattinaio di una partita miliardaria. Se vince il gip, resterà poco di un lavoro partito oltre due anni fa con il coordinamento della Polizia tributaria della Guardia di finanza e proseguito con le perquisizioni dell’ottobre 2015.

Nelle carte depositate dai pm Giovanni Polizzi, Paolo Filippini e Roberto Pellicano, che da poco è stato nominato procuratore capo di Cremona, restano gli assi nella manica ancora coperti da omissis.

Quegli omissis su Galliani

Secondo quanto risulta all’Espresso, nelle carte secretate c’è la terza moglie di Galliani, la marocchina Malika al Hazzazi, separata dal manager. Al Hazzazi, che non è indagata, avrebbe ricevuto bonifici per decine di migliaia di euro dal comparto estero “very discreet” dei manager Infront, illustrato nelle voluntary disclosure presentate da Bogarelli, Ciocchetti e dall’ex vicepresidente di Infront Italy, Andrea Locatelli, anch’egli indagato. Le disclosure riportano complessivi 57,4 milioni di redditi nascosti al fisco, oltre a un immobile da 20 milioni di euro a Miami non dichiarato da Silva, al progetto di un investimento da 50 milioni di euro in un fondo immobiliare e a una polizza assicurativa da 20 milioni intestata a Bogarelli. La parte del leone spetta proprio all’ex numero uno di Infront Italy Bogarelli, con 35,5 milioni. Seguono il vicepresidente Locatelli (ex Fininvest), con 15,5 milioni e il direttore finanziario Ciocchetti, con 6,4 milioni di euro.

Le dichiarazioni sono state accettate dall’Agenzia delle entrate, ma respinte come non veritiere dalla procura, sulla base di una perizia di 378 pagine affidata a Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo, che hanno messo a fuoco i rapporti tra Infront e i singoli club di serie A e serie B sul piano dei diritti tv, dei diritti commerciali, dei diritti d’archivio e della gestione degli stadi.

Secondo la Procura, Mp&Silva ha redistribuito il 50 per cento dei diritti esteri 2007-2015 ai manager di Infront e allo stesso Silva con tre aste truccate: nel 2009, nel 2011 e nel 2014, quando i diritti esteri hanno toccato la cifra record di 185 milioni di euro.

Ancora una volta, tutto è in mano al Riesame. Se i 57 milioni dei manager Infront erano soltanto soldi non dichiarati, ma guadagnati con legittime consulenze sia pure fra parti correlate, nulla quaestio. La voluntary disclosure esclude i procedimenti penali per reati fiscali.
In caso contrario, si passa agli arresti, con la probabile eccezione di Silva, residente a Miami e prudenzialmente lontano dall’Italia tanto da rinunciare a un’udienza programmata con il tifoso numero uno del San Lorenzo de Almagro, papa Francesco.

La posizione di Silva resta comunque centrale. Secondo la Procura, «le risorse occultate all’estero, derivanti dalla vendita dei diritti esteri, potrebbero essere ben maggiori di quelle finora ipotizzate».

La nuova Infront e il ministro Lotti
Per l’accusa l’inchiesta affronta «un vasto fenomeno di riciclaggio di denaro da vari reati realizzato grazie a una rete di società offshore costituite e gestite da T&F», la fiduciaria ticinese guidata da Andrea Baroni, dalla quale l’indagine ha preso il via. L’obiettivo dei manager Infront-Mp&Silva era «influenzare l’aggiudicazione dei diritti tv e mascherare la reale situazione finanziaria di alcuni club attraverso finanziamenti ad hoc».

Di questo le cronache hanno già parlato diffusamente, a partire dall’Espresso che, a febbraio 2016, aveva individuato il principale centro di smistamento del denaro nella Mp&Silva di Dublino, capace di versare al suo fondatore dividendi per 70 milioni di euro fra il giugno 2014 e il giugno 2015.

Le nuove carte mostrano però che anche dopo la cessione di Infront Italy ai cinesi di Wanda e le dimissioni di Bogarelli a novembre dello scorso anno la banda dei diritti tv non ha mai pensato di mollare la presa sulla Lega calcio. Galliani è esplicito in una telefonata a Bogarelli del 7 febbraio: «Non possiamo lasciare le cose nelle mani di un solo advisor. Siamo totalmente nelle mani di Infront. Noi dobbiamo prendere l’interfaccia della Lega».
La differenza fra la vecchia e la nuova Infront guidata dall’ex Rai Luigi De Siervo emerge dalla telefonata fra l’avvocato della Lega di serie A Ghirardi e Laura Grenga, responsabile di direzione presso l’Agcm, che ha indagato sull’asta dei diritti tv multando Mediaset per 51 milioni di euro, Infront (10 milioni), Sky (4 milioni) e la stessa Lega calcio (2 milioni di euro).
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Il colloquio Ghirardi-Grenga è del 16 dicembre 2016, meno di un mese dopo le dimissioni di Bogarelli dal gruppo comprato da Wang Jianlin, il tycoon di Wanda.

«Infront non esiste più», dice Ghirardi. «Pasticci su pasticci. De Siervo li ha portati tutti due giorni in Toscana per fare il rapporto di socializzazione. Adesso c’è la lotta al posto. Quelli bravi stanno andando via. Bogarelli ha già trovato gli uffici. Bogarelli e Ciocchetti hanno una serie di progetti in testa, a partire dallo sci per arrivare al calcio a livello europeo, alla nuova coppa dei campioni tanto per intenderci, con un fondo americano che finanzia l’operazione».

Poi Ghirardi aggiunge un commento sul governo Gentiloni, entrato in carica quattro giorni prima, il 12 dicembre. «Intanto al governo ci siam ritrovati Lotti al ministero dello Sport. Meglio di così non poteva capitare», Grenga commenta lapidaria: «Non sarà un caso, no?»
Caso o non caso, uno degli obiettivi del neoministro, e del neoministero che non esisteva dal 2013, è la rifondazione della legge Melandri, con la riforma della distribuzione ai club dei ricavi dai diritti tv secondo le linee guida del nuovo statuto della Lega calcio.
L’emarginazione della Infront sotto la gestione Wanda Dahlian si gioca in due fasi. La prima consiste nella nomina di un direttore commerciale in Lega gradito a Galliani e compagni. Ma Ghirardi spiega chiaramente che c’è un’altra carta da mettere sul tavolo. Bogarelli e Ciocchetti non sono rimasti con le mani in mano e stanno allestendo una nuova struttura societaria con base a Londra per fare concorrenza a Infront con l’appoggio dei presidenti amici.

Nel Regno Unito opera un altro personaggio chiave. È l’ex socio di Mp&Silva, Andrea Radrizzani, che ha appena rilevato la nobile decaduta Leeds United dall'ex proprietario del Cagliari Massimo Cellino.

Dopo la cessione delle sue quote in Mp&Silva, Radrizzani ha fondato la sua società Eleven sports, acquisendo Sportube, la società che trasmette le partite di Lega pro. A Sportube lavora Andrea Francesco Silva, ex consulente di Milan e Juve. Nella sua posizione di consulente della Lega Pro viene sondato per diventare direttore commerciale della Lega dopo che Galliani ha detto di no e dopo che Michele Uva, dg della Federcalcio, si è reso indisponibile, preferendo un nuovo incarico nell’Uefa, la federcalcio europea.

L’altro Silva, omonimo di Riccardo, ha il profilo internazionale che cercano Lotito e Galliani. È amministratore della londinese Mp&Silva insieme a Beatrice Bogarelli, figlia di Bruno, e a Mario Cecchi Gori, figlio dell’ex presidente della Fiorentina. Sempre dalla piazza inglese, fino al 2013 è stato responsabile dello sviluppo estero dell’immobiliare Sansedoni, collegata al Monte dei Paschi. Nel suo curriculum si presenta come l’uomo che ha portato la serie A in tv in Etiopia.

Cinepanettone alle Maldive
I danni che il gruppo Infront gestione Bogarelli avrebbe procurato alla Lega e ai network, Mediaset inclusa, sono concentrati sulle gare per i diritti esteri. È lì, come aveva già anticipato L’Espresso, che la banda dei diritti porta a casa i margini più alti. È lì che si consuma il patto con i concorrenti per addomesticare il risultato.

Nel 2011 e nel 2014 infatti Mp&Silva si aggiudica la gara sui diritti esteri con la migliore offerta rispetto ai concorrenti Img e B4 capital, controllata da una società lussemburghese a sua volta schermata dalle fiduciarie Comitalia e Comfid.
Il colosso Img aveva già un accordo sui diritti esteri con Mp&Silva firmato nel novembre 2011, «a condizione che quest’ultima acquisisca i diritti audiovisivi della serie A» dal 2012 al 2015. In cambio, Mp&Silva si è impegnata a nominare Img suo consulente esclusivo per l’Olanda, la Russia e l’ex Jugoslavia.

B4 capital, controllata da Marco Bianchi, ex della pay Gioco calcio, da Fabio De Santis e da Bruno De Denaro detto Jimmy è da anni in rapporti d’affari con Bogarelli e Silva. Inoltre ha già vinto i diritti per trasmettere all’estero Coppa Italia e Supercoppa per 78 milioni per il triennio 2015-2018, anche se non riuscirà poi a onorare l’impegno finanziario.

In una telefonata del 14 dicembre 2016 Bianchi dice a De Santis che Bogarelli «continua a fare la stessa cosa che ha fatto prima» e che «il sistema è uguale». L’idea è quindi di cambiare tutto perché nulla cambi. L’alfiere del nuovo uguale al vecchio è Claudio Lotito.

L’inarrestabile presidente della Lazio trascorre le vacanze invernali dello scorso anno, inclusi il 24 e il 25 dicembre, a bombardare di telefonate i suoi colleghi per affrontare i temi caldi della dirigenza della Lega, che sarà poi commissariata dal presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio, e dell’incombente rinnovo dei diritti media del calcio per il triennio 2018-2021.

Lotito chiama Urbano Cairo del Torino alla vigilia di Natale e gli propone di sdoppiare la Lega in una direzione sportiva e una commerciale da affidare a un personaggio di «profilo internazionale». «Comincia a lavoracce tu che c’hai il lavoro tuo e quindi chi più di te può dare un contributo».

Il patron del Toro, anche considerati il giorno e l’ora (le 20.20), taglia corto e promette un incontro a gennaio. Dallo stesso 24 al 28 dicembre Lotito chiama Giovanni Carnevali, amministratore delegato del Sassuolo; Gino Pozzo dell’Udinese; Umberto Gandini, passato all’As Roma dopo anni al Milan; l’amministratore delegato in pectore dei rossoneri in versione cinese, Marco Fassone.

Il 9 gennaio, cioè il primo lunedì dopo le festività, il presidente della Lazio chiama Aurelio De Laurentiis, che è ancora in vacanza alle Maldive. Il patron del Napoli, come talora gli accade, ha un diavolo per capello. È convinto che Silva si metta in tasca «un miliardo e mezzo di roba». Non è tutto. Dal suo resort nell’Oceano indiano il produttore ha seguito l’anticipo vittorioso del Napoli sabato 7 gennaio, ma il giorno dopo non è riuscito a vedere il match della Roma, rivale numero uno degli azzurri per la qualificazione in Champions.

«Per quanto riguarda l’Italia», dice il produttore dei cinepanettoni, «io ho le idee chiarissime. Dobbiamo assolutamente quadrarla governativamente perché ci sia il massimo della libertà dell’asta, quindi non ci devono rompere i coglioni. Ci deve essere un’asta in cui: si deve potere aggiudicare tutto; noi possiamo anche stabilire che ce li autodistribuiamo da soli, quindi questa è una valvola di sicurezza che ci possiamo lasciare nel contratto; dobbiamo per l’estero prendere una persona che sia veramente capace di portare 500/600 milioni. Ma te pare che ieri non trasmettevano la Roma? Cioè trasmettevano tutte le altre partite ma non trasmettevano la Roma, ma ti rendi conto?» Lo stupore di Lotito è in puro stile derby: «È strano», dice. «La Roma sta dappertutto».

Il window dressing dei club di serie A
I legami d’affari fra il management di Infront e Silva hanno origini antiche e passano dalla gestione di Milan Channel, fondato da Silva, Bogarelli e Locatelli nel 2008.

È quasi logico, benché non proprio in linea con le best practice del mondo degli affari, che Bogarelli e compagni si siano prodigati per gli amati colori rossoneri. Secondo la procura, gli accordi commerciali stipulati nel periodo 2010-2014 fra Infront Italy e il Milan, controllato dalla Fininvest, hanno portato fuori dalle casse di Infront 130 milioni di euro comportando «un margine pesantemente negativo» per la stessa Infront, pari a 245 milioni. A grande distanza, seguono altri club amici di Infront come l’Inter, che porta a casa 33 milioni, la Lazio di Claudio Lotito, un autentico perno del sistema che riesce a mettere a bilancio 28,5 milioni di euro in accordi commerciali avvicinandosi ai nerazzurri milanesi, che pure hanno un bacino di tifo di molto superiore. Ce n’è anche per le piccole, purché siano allineate. Il Cagliari prende 23 milioni. All’Udinese di Giampaolo e Gino Pozzo ne vanno 9,6 e il Genoa di Enrico Preziosi ne incassa 8,5, senza contare il prestito da 15 milioni di euro con bonifico da parte di Silva per consentire ai rossoblù di superare l’esame della vigilanza Covisoc.

I finanzieri peraltro hanno verificato che Preziosi non ha girato per intero il bonifico al club, ma ha trattenuto per sé un milione di euro. È un peccato minore, ammesso che sia un peccato.

Nelle decine di migliaia di pagine di documenti, la base sfruttata dal gip per respingere gli arresti riguarda la natura dell’asta sui diritti. La gara sarebbe di tipo privatistico e dunque ci si truffava tra soggetti privati che, nell’insieme, erano contenti dell’andazzo. Ma in punto di diritto ci sono già sentenze della Cassazione che equiparano l’asta sui diritti del calcio a una gara pubblica.

Che la gara sui diritti fosse tutt’altro che una gara tra soggetti privati lo sapeva anche il legale di Infront Antonio D’Addio, che in una telefonata con Ciocchetti parla di «asta semipubblica sottoposta alla vigilanza delle authority: va al giudice ordinario anziché al Tar, ma i principi sono gli stessi».

Sarà il Riesame a decidere se la partita dell’inchiesta continua o se si è trattato solo di piccoli omicidi fra amici.

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