I documenti riservati del Campidoglio mostrano come siano i costruttori a decidere il futuro della Capitale. Tra affari antichi e nuovi progetti, alleanze e liti, ecco come continuano ad avere le mani sulla città

Roma
La vera torta miliardaria di Roma, sfuggita finora alle indagini della procura, è l’urbanistica. È qui che i potenti allungano le mani. È qui che i palazzinari ingordi si lanciano per concludere affari di cemento grazie anche alla complicità di quei politici devoti e grati per il sostegno ricevuto durante le campagne elettorali. È nella Capitale che avviene il «sistematico abuso» di varianti urbanistiche. Nel numero in edicola da venerdì 5 febbraio, l'Espresso pubblica documenti riservati del Campidoglio da cui emergono gli affari dei costruttori ottenuti con la complicità politica e amministrativa. Dagli atti interni agli uffici viene sottolineato l’abuso «sistematico» alle varianti. Troppe volte, su pressione dei costruttori, i progetti vengono modificati. Con più cubatura, una diversa destinazione d’uso, meno oneri concessori.

Nella città che tutto concede ai costruttori, dove alcuni impiegati “fedeli” del Campidoglio segnalano - prima dell’arrivo del commissario Francesco Paolo Tronca - il «sistematico abuso» di varianti urbanistiche e gli affari conclusi dietro le quinte, è sempre il mattone a dettare i compiti all’amministrazione. Oggi come ieri la Capitale ha solo due padroni. La politica e i palazzinari. Dalla loro alleanza Roma si è trasformata in ciò che ora è visibile: il grande spettacolo di un totale declino.

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Lo sviluppo urbano lo fanno da sempre gli imprenditori del mattone. Con i suoi 129 mila ettari di estensione, Roma è il comune più grande d’Europa. A distanza di quarant’anni il Campidoglio ha adottato, nel 2003, un nuovo piano regolatore generale, poi approvato nel 2008. Sovrapponendo la cartina di oggi della metropoli a quella disegnata nel piano regolatore, si può constatare che la situazione non combacia. Varianti su varianti hanno portato a modificare tutto, in silenzio. E a guadagnarci sono stati sempre i soliti. I costruttori intendono mantenere le mani sulla città. Non possono più contare su finanziamenti statali a fondo perso, come insegna la vicenda della metro C, un calvario di ritardi e interruzioni, o l’aborto della linea metropolitana D. I programmi di sviluppo residenziale e commerciale sono impiombati dalla crisi. Interi quartieri di recente inaugurazione sono in larga parte sfitti e producono solo costi. Che fare? I progetti sportivi possono essere la chiave per rianimare le acque stagnanti. I re del mattone puntano sul nuovo stadio della Roma, sul nuovo centro della Federcalcio e soprattutto sulle Olimpiadi 2024. Sono tutte operazioni che possono andare in porto grazie alla partecipazione finanziaria di partner privati, dal Cio (Comitato olimpico internazionale) alla squadra di business raccolta intorno all’As Roma. Ma il pubblico conserva un ruolo fondamentale, sia nella partita delle concessioni urbanistiche sia nel sostegno infrastrutturale dove la Capitale sconta ritardi storici.

ROMA LE AREE DEL BUSINESS

La vicenda del nuovo stadio dell’As Roma è lo specchio deformante dei rapporti di potere della capitale. Sull’operazione ci sono alcuni appunti riservati del Campidoglio, di cui è in possesso “l’Espresso”: «Il progetto è deficitario sotto molti aspetti», «il dipartimento ambiente e mobilità ha rilevato deficienze», soprattutto per la «relazione idrogeologica» e per il «codice appalti». Lo stesso documento riservato segnala poi che la proprietà dei terreni scelti è «in parte di Armellini». Armellini «quello di Ostia», si aggiunge, ricordando che la famiglia Armellini con il Comune ha molti affari, a Ostia nuova interi quartieri sono affittati per l’edilizia popolare.

Altra partita che ha indispettito un po’ tutti, invece, è quella dei Caat, i Centri di Assistenza Abitativa Temporanei. Sono case - o meglio sono spesso uffici riconvertiti - per chi è in emergenza abitativa e non entra nelle graduatorie per le case popolari. Sono decine gli edifici affittati a caro prezzo dal Campidoglio con una spesa di 54 milioni all’anno. Il Comune - ed è uno dei suoi ultimi atti - ha sostituito il dispendioso sistema dei Caat con quello del contributo all’affitto. Scrive Luigi Ciminelli, direttore del dipartimento politiche abitative , in una relazione all’Autorità anticorruzione: «Tale sistema, che prevede la disponibilità di mille alloggi da destinare ad altrettanti nuclei familiari in assistenza alloggiativa temporanea, consente di ottenere un risparmio anno a regime di 13 milioni di euro».

Chi ci ha rimesso? Sicuramente la cooperativa Eriches 29 che con Salvatore Buzzi incassava, nel 2012, più di 5 milioni di euro per i servizi, dalle pulizie alla guardiania. Poi si va dalla Immobiliare San Giovanni 2005 del costruttore Antonio Pulcini, che con una palazzina da 84 alloggi incassava 2,7 milioni di euro, all’immobiliare Ten di Francesco Totti, il capitano, amministrata dal fratello, che incassava 908mila euro per 35 unità abitative. Perché il sistema dei Caat venisse archiviato bisognava prevedere una serie di strutture per l’accoglienza degli sfrattati. Cambia l’acronimo, sono i Saat, e anche le caratteristiche: niente più uffici riconvertiti, ad esempio. La gara europea lanciata dall’assessore Danese va però stranamente deserta. Non risponde nessuno, a nessuno dei lotti, anche al più piccolo: difficile senza mettersi d’accordo. La Giunta poco dopo va a casa, e il commissario Tronca deve prorogare i Caat, ogni mese in più costa ai cittadini più di tre milioni di euro.

L'inchiesta integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 5 febbraio e già online su Espresso+