Un direttore venuto da Bologna. Ma che sa capire e apprezzare il sud. Dandogli fiducia. Ecco chi ?è Mauro Felicori. E perché ci servono persone così

Mauro Felicori è da quasi sei mesi il nuovo direttore della Reggia di Caserta. È assurto agli onori della cronaca perché l’organizzazione del lavoro che ha portato alla Reggia sembra essere entrata in collisione con abitudini precedenti. Va da sé che l’inutile polemica sugli orari di lavoro abbia poi finito per costituire terreno di scontro tra sindacati (o come dice qualcuno, sindacalisti) e la solita propaganda governativa che si ascrive i meriti di chiunque, anche quando non gli appartengono.

Ma Felicori dimostra di essere uomo di spessore e il 5 marzo, a conclusione dell’ennesimo battibecco sindacati-Renzi, sul suo profilo Facebook scrive: «E allora, visto che mi state seguendo in tanti, cinicamente approfitto per fare il bene dell’azienda e vi ricordo che la Reggia ha un profilo Instagram».

Ecco, di Mauro Felicori mi interessa il modo che ha di comunicare, perché è una comunicazione concreta e quindi è una comunicazione vincente. Non promette cambiamenti, ma cambia le cose in tempi record e poi ne comunica i risultati. A febbraio 2016 i visitatori registrati alla Reggia di Caserta sono stati 24.680, contro i 14.468 dell’anno precedente. Gli incassi sono passati da 70 mila a oltre 155 mila euro, e poi gli abbonamenti annuali per la visita al Parco Reale: 8.337 a fronte dei 2.876 nell’anno precedente. #fiduciacaserta è l’hashtag che Felicori utilizza per fare queste comunicazioni e #neidintornidellareggia è quello che invece usa per raccontare cosa vede durante i fine settimana quando visita la Campania per capire il contesto in cui il monumento che dirige è inserito.

«Continua poco alla volta la mia esplorazione del Casertano»: così apre un lungo post narrativo sul parco del Matese, luogo meraviglioso dove le aziende chiudono perché non esistono percorsi di valorizzazione del territorio, perché non esiste una rete che faccia da volano. E continua: «C’è il Molise di là dallo spartiacque, fra vento e nuvole che sembra di essere più nel Galles che nel Meridione d’Italia». E poi ancora: «La piana del Volturno che mi ha fatto ricordare l’aggettivo del liceo, ubertosa, e sarebbe da farci la pubblicità del Mulino Bianco, ecco giusto per ricordare che qui da noi abbiamo insieme beni culturali e naturali, basta dirigersi a Est».

Un bolognese che si rivolge alla Campania dicendo «qui da noi», ha fatto venire le lacrime agli occhi a molti. «Qui da noi» detto con amore tale da far arrossire chiunque dica che della nostra terra bisogna solo parlar bene, ché a parlarne male le facciamo cattiva pubblicità. E poi c’è la visita a Benevento del 29 febbraio, che porta alla luce, strappandole alla coltre di cenere, le potenzialità di una città per anni soggiogata dalla peggiore politica. A un certo punto la sensazione era stata che offuscatosi il dominio di Mastella, Benevento dovesse autodistruggersi in una sorta di simbiosi con il potere. E invece Felicori da Bologna arriva e racconta di «una città così bella che mi pongo subito due domande, la prima: perché le agenzie italiane non offrono un pacchetto week-end Reggia + Benevento? La seconda: ma un ufficio turistico che regali una mappa e venda una guida, no?». Ecco il deserto in cui sono incastonati gioielli dal valore inestimabile. «Emozioni tante, ma forse questa la più grande, nell’antico giardino del convento di San Domenico, un interstizio fra le case e i vicoli del centro storico, i segni di un sannita che vuole bene alla sua terra, Mimmo Paladino». Inutile dire che le sue opere sono spesso chiuse ai visitatori e continua: «Mentre passeggi per il corso, cento metri più in basso vedi un arco romano spettacolare, integro, che poi è l’inizio della via che Traiano volle per collegare meglio le Puglie; e insieme, nel vicino convento/chiesa di Sant’Ilario, una installazione che dovrebbe stare nei manuali di museologia per come spiega in modo semplice tutti i fregi del monumento».

Questo è Mauro Felicori, almeno così l’ho inteso io: un uomo che ama la terra, ma non solo la sua; un uomo che ama anche e soprattutto la nostra terra, perché è terra sfortunata che ha bisogno di percorsi di fiducia. E quindi #fiduciacaserta e buon lavoro al nuovo direttore della Reggia di Caserta i cui successi saranno solo suoi e di una città che non aspettava altro che questo: essere amata.