Un rapporto dell’Aifa denuncia la crescita della patologia in Italia e soprattutto lo scarso utilizzo delle terapie: due malati su tre non si curano. ?Perché troppo spesso chi ne soffre ne ha ancora vergogna
La depressione, diceva Indro Montanelli, è una malattia democratica: può colpire tutti. Non fa nessuna distinzione: né geografica, né sociale, né d’età. Quello che potremmo aggiungere oggi è che non solo la depressione colpisce tutti, ma ne colpisce tanti. Troppi.
Le stime dell’
Organizzazione mondiale della sanità parlano di 350 milioni di persone nel mondo. Una trentina di milioni in Europa. In Italia i numeri non sono chiari: ne soffre circa il 7 per cento della popolazione, ma alcune stime arrivano anche oltre il 12per cento. Quindi, calcolatrice alla mano, almeno 4 milioni di italiani soffrono di depressione. Eppure, la maggior parte non chiede aiuto.
L’ultimo rapporto dell’Agenzia italiana del Farmaco (
Aifa) sull’utilizzo dei farmaci mostra infatti che, sebbene l’uso degli antidepressivi sia aumentato nel corso degli anni, solo un terzo delle persone affette da depressione assume farmaci.
E di questi solo il 31 per cento li assume in maniera appropriata (dati Rapporto OsMed 2014). Colpa, ancora, dello stigma che la malattia si porta dietro, spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria: «Malgrado sia una malattia sempre più diffusa è ancora forte il senso di vergogna che l’accompagna. Chi ne soffre stenta a riconoscere di avere un problema serio e a recarsi dal medico, tanto che sappiamo che tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi passano in media due anni».
Ma anche quando arriva la diagnosi c’è una sorta di rifiuto nell’assumere i farmaci: si rigetta l’idea di aver bisogno di medicinali, per guarire da questa che per molti non viene vista “solo” come una forma severa di tristezza. E così la depressione rimane sconosciuta e non trattata. Quando invece sappiamo che prima si interviene meglio è. Perché la depressione si può curare: «Se si interviene già dopo il primo episodio - non solo con i farmaci ma anche con la psicoterapia - il tempo medio di trattamento va dai 9 ai 12 mesi», spiega lo psichiatra.
Se però
si aspetta il secondo o il terzo episodio depressivo grave i tempi di trattamento si impennano: dai tre ai cinque anni. «Questo perché nel frattempo la malattia ha continuato a far danno, ad aumentare la vulnerabilità della persona fino a cronicizzarsi». La tempestività è fondamentale anche perché a rischio non è solo la salute mentale del paziente. Spesso infatti la depressione si accompagna ad altre malattie, quali cancro, diabete e malattie cardiache. «Tutto questo fa della depressione, in assoluto, la malattia con il maggior numero di anni persi per disabilità», spiega Mencacci.
Proprio per questo uno degli obiettivi principi del 2016 della Società Italiana di Psichiatria è la campagna informativa contro la depressione. Ma non solo: «Con l’appoggio delle istituzioni, quest’anno abbiamo intenzione di realizzare un’indagine conoscitiva sulla depressione per raccogliere dati a livello epidemiologico, ma soprattutto vogliamo lavorare con i medici di medicina generale per elaborare delle raccomandazioni su come individuarla per tempo e su come trattarla per tutto il tempo necessario», spiega lo psichiatra.
Facendo pressione anche per velocizzare l’arrivo di nuovi farmaci: «Come la vortioxetina, un antidepressivo multimodale approvato a livello europeo che presto dovrebbe arrivare anche in Italia. Perché nella lotta alla depressione non possiamo fermarci ai successi: vogliamo il meglio di quello che di migliorativo e innovativo si possa proporre», conclude Mencacci.