"Abbiamo bisogno di un'accelerazione nel processo di coordinamento delle intelligence. Di più integrazione per evitare le trappola del ripiegamento nei nazionalismi e dell'ostilità anti-islamica". Parla il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova

La parola chiave è strategia: sì, ma europea. Mentre si susseguono gli aggiornamenti sull'attacco, rivendicato dall'Isis, che ha colpito il cuore di Bruxelles, Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, invoca "lucidità", "più integrazione" e "un'accelerazione del coordinamento sulla sicurezza" tra i Paesi Ue. Per una risposta politica che eviti le trappole del ripiegamento nei nazionalismi e dell'ostilità anti-islamica: "Sarebbe una vittoria per chi ci attacca".

Aeroporto e metrò. Kamikaze e bombe. Almeno 34 morti e 200 feriti. Cosa dice questa nuova strage?
"Diviene ancora più evidente che l'obiettivo della forza distruttrice sia l'Europa. Il suo cuore, anche simbolico. A Bruxelles si colpisce la capitale delle istituzioni europee, si colpiscono i luoghi dove la politica va e viene. Chi deve farà gli esami sul dispositivo di sicurezza, ma è evidente che il punto centrale, oggi, è definire una strategia di risposta rispetto alla potenza distruttiva di questi attacchi. Noi italiani, ahimé, abbiamo esperienze di lotta al terrorismo e alle mafie, e questo ci porta sapere che bisogna avere una strategia".

Tutte le analisi di intelligence indicavano un rischio di nuovi attacchi: ciò che è accaduto non era inatteso, ma è accaduto. Come si risponde a questo?
"Io credo che la risposta razionale, non emotiva e quindi più efficace, sia quella di reagire sapendo che, se l'attacco è all'Europa, la risposta deve essere dell'Europa. L'idea che ciascuno si rinchiuda facendo affidamento sulle proprie forze, indebolirebbe tutti e renderebbe più insicuri tutti cittadini europei, in qualsiasi Paese si trovino".
Benedetto Della Vedova

Si invoca, sempre, un maggior coordinamento sulla sicurezza, una intelligence europea. A che punto è? Quali sono gli ostacoli a realizzarla?
"Alcune cose sono state fatte, in termini di sicurezza e coordinamento, per esempio tra Francia e Belgio. Ma credo che a questo punto dovrebbe emergere la consapevolezza che questo processo va accelerato. E che va esteso, anche a ciò che sinora non è stato fatto. Se ad esempio si ritiene che ci sia un problema nel dispositivo di sicurezza a Bruxelles, il problema non è dei belgi, ma dell'Europa. Le lacune, se ci sono, riguardano tutti. Ma poi c'è anche un nodo politico da affrontare. Io penso che, come per l'economia, l'integrazione sia lo strumento più potente per dare sicurezza ai cittadini. L'idea di un ripiegamento nazionalista, che implica le frontiere, la chiusura dentro le mura domestiche, renderebbe tutto meno efficace, e darebbe una vittoria simbolica a chi ci attacca: quella di essere riuscito a minare le fondamenta della Ue".

Intanto c'è chi invoca la chiusura delle moschee.
"E' un modo per cadere nella trappola dei terroristi. Se c'è un altro obiettivo interno, nella razionalità folle di questi attacchi, è proprio quello di creare una frattura, un isolamento degli islamici che vivono in Europa, creando paura, diffidenza, ostilità manifesta. Le colpe individuali vanno accertate, e punite: ma la colpevolizzazione generale farebbe il gioco dei violenti. La segregazione finirebbe per garantire un bacino di reclutamento. Facendo il gioco di chi vuole dividere in due il campo – in base alla fede religiosa – e far sì che nel proprio vadano anche tutti quelli che terroristi non sono. E' evidente, in questo quadro,che le leadership delle comunità islamiche europee sono quelle che hanno più interesse di tutti a prendere la massima e visibile distanza dai violenti che chiamano strumentalmente in causa la religione".

Quale impulso dà all'Europa ciò che è accaduto a Bruxelles?
"Dipenderà come sempre dalla forza, dal coraggio e dalla lungimiranza delle leadership istituzionali e della politica, come anche dalle scelte che gli elettori europei faranno. Io credo che una strategia comune sia nell'interesse europeo. Ma c'è un confronto politico in atto: e non sono certo che si arriverà lì. Così come credo che il tema dei migranti non andrebbe sovrapposto a quello di fatti terroristici che fino ad oggi, nella maggior parte dei casi, sono stati realizzati da cittadini europei. Non da disperati che arrivano in Europa alla ricerca di un'isola di speranza".

Serve un ripensamento delle strategie anti-terrorismo?
"La storia dice che le strategie vanno adattate al tipo di terrorismo che si ha davanti. E' evidente che bisogna prendere le misure a un terrorismo particolarmente insidioso, autodistruttivo e stragista, bisogna avere lucidità. Quella che i terroristi vogliono si perda, perché scommettono sull'emotività. Dobbiamo reagire, anche in questi momenti drammatici, con lucidità. E poi anche con l'unione, che è la nostra forza".

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