Carla: "Il Paese è in confusione". Su Facebook il gruppo per chiedere e offrire passaggi in auto nella città bloccata. Ma Jacopo, libraio italiano, di tenere il negozio chiuso non ne vuole sapere: "Ho deciso di aprire per reagire alla paura"

"Sento le sirene, in continuazione da stamattina, i feriti da Zaventem vengono portati all'ospedale Saint Luc che si trova proprio dietro casa mia" la prima a rispondere è Maya, una romana di 34 anni a Bruxelles da circa un anno con il marito Claudio. Vivevano a Parigi quando i terroristi attaccavano Charlie Hebdo ed è inevitabile chiederle se non si sente braccata da questa follia omicida. "Ho sempre cercato di continuare a vivere la mia quotidianità allo stesso modo, ma non è semplice. Devi fare i conti col fatto che qualcosa è cambiato e anche le cose normali in alcuni casi ti sono impedite. E' brutto vivere così. E' la negazione del modo in cui sono stata educata, in un certo senso". E questi giorni pre pasquali per molti pendolari europei erano giorni di partenza. Valentina si stava dirigendo all'aeroporto: quando sono arrivate le prime notizie degli attentati è tornata indietro. Il suo volo è stato cancellato. Le parliamo in chat perché le linee telefoniche sono saltate. Cerca di capire se potrà prendere un altro volo, magari domani. Intanto sul gruppo Facebook "italiani a Bruxelles" che conta 18 mila iscritti, c'è chi offre dei passaggi in macchina fino a Milano. Tra pochi giorni sarà Pasqua e rientrare in famiglia dopo queste ore di paura diventa ancora più importante e necessario.

Carla sarebbe dovuta partire domani sera, ora chissà. Sua sorella a Roma smista le telefonate degli amici che chiedono rassicurazioni. Dopo pochi squilli risponde direttamente con un secco "Carla sta bene", è così da stamattina. Lavora da un anno al Parlamento europeo ed oggi, come indicato dalle autorità non uscirà di casa, anche se "la tentazione di andare a comprare il pane c'è". E aggiunge: "Con gli aeroporti e le frontiere chiuse non so se riuscirò a tornare a casa. Ma è anche inutile pensarci, il Paese è in confusione".

Gli attentati erano nell'aria

"Eppure era nell'aria", lo dicono quasi tutti. Sono concordi che il terrorismo avrebbe colpito anche il cuore politico dell'Europa Unita e che militarizzare le città europee non è servito a nulla. Dopo gli attentati di Parigi dello scorso novembre, Maya ricorda un'aria spettrale anche a Bruxelles: "Metro, scuole e palestre sono rimaste chiuse per quattro giorni. Al supermercato controllavano le borse, si entrava ed usciva da un'unica porta controllata da polizia armata". In qualche maniera si era capito che il pericolo era alle porte e che l'arresto di venerdì non avrebbe portato nulla di buono.

Il libraio italiano

C'è chi come Jacopo reagisce alla paura alzando la saracinesca del suo bar-ristorante-libreria, un luogo di ritrovo per gli italiani a Bruxelles a pochi passi dalla fermata della metro Schuman. "Ho deciso di lasciare aperto per reagire alla paura. C'è pochissima gente e l'atmosfera è strana. Con le metro e i trasporti fermi le persone non escono e nonostante le indicazioni del governo di non uscire di casa, qualcuno che ha deciso di reagire subito c'è. Non bisogna farsi intimidire".

Jacopo, che vive a Bruxelles da dodici anni, racconta che questa mattina ha lasciato la sua bambina all'asilo nido e che domani alzerà di nuovo la saracinesca, ovviamente con un po' di dispiacere in più, ma consapevoli che non si può fermare tutto. Anche oggi parla in maniera entusiasta di questa città come di un melting pot di culture e lingue. "Qui a Bruxelles si vive bene". Parla come uno che a questa città deve tanto e non le gira le spalle neppure oggi, quando per molti il sentimento predominante è lo sgomento.

Sono tutti consapevoli che da domani vivere questa città sarà un po' più complicato. "I prossimi giorni saranno pieni di sirene, esercito per strada, in metropolitana, ovunque. Una caserma a cielo aperto che, almeno a me, fa solo aumentare l'ansia e la paura – confida Valentina che si è trasferita qui pochi mesi fa. "Ma sono preoccupata soprattutto per le mie amiche arabe. Loro sono doppiamente vittime. Dopo avermi chiamata per sapere se stessi bene, sono scoppiate in lacrime terrorizzate dal dover affrontare un'ennesima ondata di feroce islamofobia".
Quando succedono queste cose qualcosa inevitabilmente si spezza, conferma Maya: "E' ovvio, che questo clima insalubre sta appestando l'aria e generando diffidenza".

"Il dramma è guardare impotenti qualcosa 'guastarsi'. Quella che era la bellezza di questa città - simbolo di tolleranza ed accoglienza - sta diventando un mezzo per realizzare un intento folle. Tutto questo è molto triste e, soprattutto, molto preoccupante perché dà l'idea della vastità del problema". Conclude Valentina, mentre continua a cercare un volo per tornare a casa e a rispondere ai messaggi di chi le chiede se sta bene.

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