I consiglieri pugliesi pagheranno di tasca propria la campagna per il sì. Una scelta politica, spinta dal governatore. Che sulle trivelle va allo scontro con Renzi. Anche se, tra i due litiganti, a rimetterci è la chiarezza
I consiglieri pugliesi fanno marcia indietro: finanzieranno la campagna per il referendum anti-trivelle con la propria indennità. Il Consiglio aveva proposto di stanziare 250 mila euro di soldi pubblici per sostenere il sì. Il dietrofront, per stessa ammissione di chi l'ha proposto, è una questione di opportunità politica. Perché il referendum sulle trivelle è diventato altro: una scelta di campo e uno scontro nel partito democratico.
Michele Emiliano, presidente Pd della Regione Puglia, è anche uno dei sostenitori del referendum. Si tratta del primo promosso (come la Costituzione permette) non dalla raccolta di 500 mila firme ma dalla richiesta dei Consigli regionali. Ne sarebbero serviti cinque, ne sono arrivati nove (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto).
Elemento importante, perché assegna alle Regioni un ruolo militante. Di slancio, la presidenza del Consiglio aveva proposto di
stanziare 250 mila euro di soldi pubblici per “l'attività della campagna referendaria 2016”. Una cifra “quantificata in base a una stima dei costi occorrenti per le attività e le iniziative connesse alla campagna informativa” e “alle dimensioni del territorio e al numero dei comuni”.
Cartoline porta a portaLa motivazione, si legge sulla proposta di legge, stava proprio nel “nuovo ruolo”, “tipico del promotore” assegnato al Consiglio regionale. Una veste che implica “nuove responsabilità”. L'obiettivo sarebbe informare.
Come? “Anche attraverso stampati”. Cioè cartoline e manifesti. Un'azione, per stessa ammissione della proposta, non terza ma partigiana. La mossa, peraltro, non è piaciuta ad alcuni consiglieri: i Pd Ruggero Mennea e Donato Pentassuglia (con la forzista Francesca Franzoso) sono usciti dall'aula durante il passaggio in Commissione: avrebbero preferito consultare prima i revisori dei Conti. La proposta si è fermata in Consiglio, lasciando spazio a un provvedimento che si allontana dalle casse della Regione per
attingere alle tasche dei consiglieri.
L'idea iniziale non viene ripudiata: il documento approvato afferma che la campagna “potrebbe essere ben finanziata a carico del bilancio” pubblico, ma “non sfuggono gli effetti squisitamente politici”. La soluzione è un nuovo provvedimento: prevede il prelievo di “almeno mille euro” sulle indennità del mese di aprile, su “sottoscrizione individuale”. Quindi su base volontaria. L'ordine del giorno è stato approvato con 34 voti favorevoli e 10 astenuti (con gli altri consiglieri assenti).
Il sostegno, quindi, è ampio. Se tutti aderissero, si arriverebbe a 53 mila euro (oltre ai 50 consiglieri ci sono Emiliano e due assessori esterni). In realtà l'obiettivo è raccogliere di più, perché i mille euro sono il limite minimo. Non si arriverà a 250 mila euro: si punta a ridurre le spese di spedizione. In pratica, le cartoline pro-referendum non viaggeranno via posta ma porta a porta. Le risorse serviranno per informare? Non è detto. Di certo contribuiranno ad affrontare una battaglia che sta salendo di tono. Verso le urne, nel Pd, in Puglia e non solo.
Il successore di Emiliano, il sindaco di Bari Antonio Decaro (vicino a Renzi), ha diffuso una nota per annunciare che voterà scheda bianca, “con la certezza che la battaglia per vietare nuove trivelle nel nostro mare l’abbiamo già vinta”. “Ci sono stati momenti – continua Decaro - in cui era all’ordine del giorno il rilascio di nuove concessioni per le prospezioni, con il rischio che le piattaforme si moltiplicassero. In quel momento, con convinzione ho sostenuto la battaglia per proteggere il nostro mare”. Oggi che quel rischio non c'è (le nuove trivellazioni entro le 12 miglia sono già state vietate), il referendum non sarebbe più “determinante per le vicende del nostro territorio”.
Quella di Decaro è una posizione media, tra Emiliano e Renzi. Il sindaco di Bari, infatti, non la pensa come il suo predecessore. Ma si augura “che il referendum raggiunga il quorum”. Il segretario del Partito Democratico, invece, ha parlato di “spreco”, indicando la linea del partito: “astensione”. Una scelta che ha provocato la dura reazione di Emiliano. “Quello che mi fa arrabbiare – ha affermato a Omnibus, su La7 - è che si raccontano delle cose diverse dalla realtà. Il presidente del Consiglio si deve studiare le norme da solo”.
Per Renzi si tratta di un referendum inutile, che costa 300 milioni alle casse pubbliche. Per Emiliano “sono bugie”, anche perché si poteva risparmiare “indicendo il referendum nella stessa data delle elezioni amministrative”. Una scelta che avrebbe favorito il raggiungimento del quorum. “Non è modo di fare, può andar bene per un venditore di pentole ma non per chi ha responsabilità di governo”.
Lo scontro con i renzianiUn attacco frontale, che ha provocato la reazione dei renziani di ferro. Ernesto Carbone cinguetta: “Caro Michele, ribadisco: tue polemiche quotidiane pelose come le cozze, dai risposte su tue competenze invece di vivere nei talk show”.
Francesco Nicodemo
ha chiesto via Twitter se anche Prodi (indeciso tra astensione e “no”) sia “un venditore di pentole”. Risposta: no, perché “dice la verità e va a votare. Insomma è un uomo”. Una frecciata, più che nei confronti di Nicodemo (con il quale la discussione resta su toni cortesi), lanciata contro l'astensione. Cioè contro Matteo Renzi.
Nel frattempo, in Puglia spunta un'altra grana: il commissario delle Ferrovie Sud Est, Andrea Viero, consegna al governo una relazione che testimonia la voragine delle Fse, tra sprechi e compensi d'oro. Il tema non è nuovo: il commissario è stato nominato a gennaio. La relazione è stata pubblicata, sul sito del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 19 marzo. Ma gli attacchi a Emiliano sulle ferrovie, arrivano solo il 21 marzo, giusto qualche ora dopo quel “venditore di pentole” pronunciato in diretta tv. Questa volta gli strali arrivano da Alessia Morani e Lorenza Bonaccorsi. E questa volta la risposta è assai piccata: “Come mai mi mandate gli stessi tweet? Vi ordinano di fare anche queste cose?”. Forse è bene ricordarlo: Morani, Bonaccorsi ed Emiliano fanno parte dello stesso partito.
Referendum: vince la confusioneE il referendum che fine ha fatto? Appunto. I bisticci sono diventati (anche) questioni personali. E tra i due litiganti, va a farsi benedire l'augurio del sindaco di Bari Decaro: “Spero che i cittadini che si sono formati un proprio giudizio possano decidere per il sì o per il no”. Questo è il problema.
Buona parte dei rischi legati alle trivellazioni si sono estinti dopo le correzioni introdotte nella legge di Stabilità su spinta delle Regioni. Il quesito è uno: si decide solo sull'estensione dei permessi già esistenti fino all'esaurimento dei giacimenti. L'impatto diretto del sì o del no è quindi relativo. Comporta però un messaggio più ampio, legato soprattutto alla politica energetica del Paese e al peso decisionale delle Regioni. E, in più, sta diventando quello che non dovrebbe essere: un referendum pro o contro il governo.
Anche Renzi ci ha messo del suo: un presidente del Consiglio che invita a non votare (nella doppia veste di premier e segretario di partito) è un'anomalia. La data fissata dal governo, il 17 aprile, è molto vicina e i tempi sono stretti. Un fattore che non favorisce la discussione e l'affluenza.
Le semplificazioni da campagna elettorale, arrivate da entrambi gli schieramenti, fanno il resto. Il fronte del no, ad esempio, gioca sull'interruzione immediata delle trivellazioni. Non ci sarà: le concessioni arriveranno comunque a scadenza. Shell e Petroceltic (con i loro investimenti) hanno già fatto un passo indietro. Renzi parla di “mandare a casa 4 o 5 mila persone”, ma l'impatto sull'occupazione è difficilmente prevedibile. In altre parole: sono numeri ballerini.
Dall'altra parte, Emiliano dimostra di conoscere la questione. Ma ha portato lo scontro su un livello emotivo e politico. E ha strizzato l'occhio a quelle frange del sì che prevedono coste invase dal petrolio. TrivAdvisor, la campagna di Greenpeace ispirata al sito di recensioni per indicare un futuro con le trivelle a due passi dalle spiagge più belle d'Italia, è stata una bella trovata pubblicitaria. Che però, con il divieto di perforazioni introdotto fino a 12 miglia, è scaduta. E non contribuisce certo a fare chiarezza.
La resa dei conti tra Emiliano e Renzi arriverà il 4 aprile, nella prossima direzione del Pd. Quando i giochi (e la confusione sul referendum) saranno già fatti.