L'Is non vuole semplicemente uccidere i civili: desidera creare divisioni e accreditarsi come unica alternativa all'Occidente

Gli attentati di Bruxelles confermano la mancanza di regole nella sfida del terrorismo. I civili non vengono risparmiati, anzi il loro sacrificio è funzionale ad amplificare l'effetto psicologico delle bombe. L'intento complessivo di chi attacca va oltre i morti e le centinaia di feriti.

Come è già accaduto per il Bataclan, gli ispiratori delle stragi utilizzeranno le immagini e la tecnologia moderna per moltiplicare gli effetti delle loro operazioni. Vedremo quelle immagini dell'aeroporto e della metropolitana all'infinito, e all'infinito ci sentiremo spaventati e senza certezze. Chi si occupa della strategia mediatica degli islamisti radicali conosce molto bene quali corde toccare sul piano della comunicazione: al Baghdadi e i suoi sanno esattamente cosa suggestiona il nostro immaginario collettivo.

Tutto è simbolo nell'attacco di Bruxelles: l'esplosione accanto al banco dell'American Airlines, la metro che porta a lavoro i funzionari negli uffici della Commissione europea, la terra con il numero più alto di foreign fighters. Bruxelles, peraltro, non significa solo reazione per l'arresto di Salah e l'omicidio di Belkaid.

La città era da tempo considerata al centro del mirino dei jihadisti. Ma colpirla con un attentato congiunto, che richiede programmazione e coordinamento, proprio nei giorni in cui l'attenzione é massima per le ricerche dei pericoli numero uno, significa dire: "Noi possiamo colpire ovunque e quando vogliamo".

Le vittime e i feriti del 22 marzo sono il costo vivo, drammatico, dell'ennesimo attacco al cuore dell'Europa. Il pianto dei bambini intrappolati nella metro è il simbolo di un altro costo da pagare: le conseguenze psicosociali delle vittime indirette dell'attentato. Il Califfato, infatti, mira ad aumentare l'islamofobia mondiale, a creare divisioni per dipingere più efficacemente i suoi nemici come il Male, parla a chi si sente parte del disegno onnipotente del grande Stato accreditandosi come unica alternativa all'Occidente. Ma punta anche a farci precipitare nella paura, a trasmettere inquietudine oltre le coste in cui si è territorializzato, ad amplificare la sindrome di assedio, il senso sociale di insicurezza e di precarietà.

La priorità di chi ha rivendicato i morti di Zaventem e di Maelbeek é immobilizzare i civili inducendo un contagio emozionale negativo attraverso un gesto apparentemente imprevedibile. L'uomo, per sua natura, ha bisogno di percepire la realtà secondo schemi che lo rassicurino. Gli attentati, invece, alimentano i vissuti di abbandono e di impotenza, di mancanza di speranza, di perdita di controllo e di minaccia per la vita.

Il terrorismo mina la normalità e la capacità di fare previsioni, sconvolge le certezze sulla prevedibilità e sulla possibilità di controllare il mondo esterno, distrugge molte convinzioni e aumenta il senso di vulnerabilità. Può avere ripercussioni sull’assetto delle famiglie e della rete di relazioni. Aumenta l'ansia, altera il senso di appartenenza a una comunità in termini di vincoli e legami, acuisce tensioni tra gruppi sociali e determina livelli più o meno significativi di disorganizzazione.

Nonostante la maggior parte delle persone non subisca gravi conseguenze, da un quarto a metà delle vittime indirette sperimenta vissuti di disagio e lievi modifiche del comportamento che si manifestano sotto forma di un’ampia gamma di reazioni normali e adattative, che qualche volta creano sofferenza.

Questa sofferenza interferisce con la capacità di fronteggiare la quotidianità e talvolta viene percepita come fonte di colpa o di vergogna. Circa un quarto della popolazione esposta, poi, può sviluppare vere e proprie malattie psichiatriche, spesso non diagnosticate o trattate in modo inadeguato.

Il Belgio si è pietrificato, comprensibilmente. Ma la tenuta sociale dopo gli attentati sarà determinante nel percorso di ritorno alla normalità, e sarà fondamentale per proteggere dai disagi psicologici a medio e lungo termine.

I risultati positivi si otterranno sopratutto se Bruxelles riuscirà a riprendere quanto prima la routine della quotidianità: tutto quello che limiterà la possibilità di circolazione di informazioni e rassicurazioni, di monitoraggio della paura e di sostegno alle categorie più a rischio, aumenterà infatti il rischio di conseguenze negative.