Centinaia di orfani che hanno perso i genitori in combattimento, riuniti in una casa a Mosul. Dove imparano il Corano, la cura per l'alimentazione e le pratiche militari. Tra peluche, macchine radiocomandate e tute mimetiche digitali
I bambini del Califfato hanno una nuova casa tutta loro. Una casa dove imparare il Corano e l’arte della guerra. E’ stato inaugurato a Ninive - a pochi chilometri da Mosul, in quella che un tempo era la capitale dell’impero assiro babilonese - l’orfanatrofio destinato ad accogliere tutti i bambini che hanno perso i genitori in combattimento.
Sono in centinaia, divisi in fasce d’età che vanno dalla prima infanzia fino all’età puberale, sono figli dei foreign fighter e dei miliziani siriani e iracheni, quelli ad essere stati accolti nella nuova “Caring” house delle bandiere nere. Per promuovere questa iniziativa, Daesh ha lanciato in rete un video di oltre dieci minuti. Il progetto viene presentato da un religioso vestito di nero con un gilet in pelle scura. La missione viene spiegata come la giusta ricompensa per “togliere ai ricchi e dare ai poveri”.
L’imam racconta come trascorrono le giornate quei bambini, educati alla sharia, e impegnati in mille attività. Il documentario mostra la cura nell’alimentazione dei piccoli ospiti, con frutta fresca di stagione, succhi di frutta e panini kebab. Per le bimbe è stata creata una sala apposita dove imparare l’arte del ricamo e dell’artigianato, mentre ai maschietti vengono distribuiti giocattoli da montare e pistole giocattolo. Le aule scolastiche sono ampie e ogni studente ha a disposizione un banco con un tableu sul quale vengono riprodotte le lettere dell’alfabeto arabo. Nel pomeriggio i bimbi vanno a lezione di sharia, con un imam vestito in tenuta mimetica da combattimento e bandana nera. Poi si passa alle attività ginniche.
Per le bambine ci sono corsi di danza ritmica e ginnastica libera mentre i maschietti hanno a disposizione una palestra e un campetto esterno. Per ognuno di loro c’è un armadietto di metallo dove custodire gli oggetti personali. E le immagini mostrano chiaramente quale sia la finalità di quell’istituto così vicino al frontline del conflitto siro iracheno. Accanto ai peluche e alle macchine radiocomandate, gli orfani del Califfo hanno la tuta mimetica digitale, obbligatoria da indossare prima di entrare in palestra. Accompagnati da un istruttore appena più grande di loro, i piccoli “miliziani” si addestrano alla corsa, all’acrobatica e in ogni genere di training pre militare. Anche il kindergarten all’aperto, con scivoli colorate e altalene, diventa un laboratorio di guerra, con i piccoli ospiti che mostrano alla videocamera la loro abilità nelle capriole e nei salti.
E’ la scuola dei kamikaze di domani? Tutto lascia pensare di sì. Ogni giorno l’orfanatrofio (lo mostrano le immagini del video) riceve la visita di un leader militare vestito di bianco con mitra a tracolla. E’ il primo esperimento formativo realizzato da Daesh ed è in linea con la sempre crescente mobilitazione di bambini e giovani da mandare in frontiera.
Secondo
i dati raccolti nel database da Ctc Sentinel, centro di studi di West Point, nel periodo tra gennaio 2015 e gennaio 2016 ,
le milizie islamiche hanno mandato a morire in azioni kamikaze 89 bambini. E’ la multinazionale junior del terrore: i bambini sfruttati in combattimento vengono da Siria, Tunisia, Libia e Iraq, ma si registrano vittime di nazionalità britannica, francese ed australiana.
Nel campione utilizzato dai ricercatori di
West Point, che ha setacciato i profili twitter del Califfato in cerca di elogi funebri, vengono certificati i “martiri” di bambini in Iraq (il cinquanta per cento dei casi), Siria (36 per cento), mentre il resto si riferisce ad azioni compiute in Yemen, Libia e Nigeria.
Anche le fasce d’età fanno paura: in alcuni casi, l’Isis avrebbe utilizzato bambini di età inferiore agli otto anni, come nel caso di
Jihadi junior, un bimbo di appena cinque anni che sarebbe stato costretto a farsi esplodere contro un blindato nemico. La ricompensa per il martirio è la gratitudine del Califfo e la notorietà nei circuiti social legati all’Islamic State.
Al primo posto della surreale e particolarissima “top ten” dei video Is più visti in rete c’è quello dedicato al martirio di Abu Imara Al Omri, un ragazzo di undici anni utilizzato come bomba vivente contro un camion nemico. Nel video di commemorazione, il ragazzo viene filmato mentre abbraccia il padre (anche lui un jihadista) prima di entrare in azione. In realtà, il numero delle vittime è probabilmente sottostimato, avvertono gli analisti di West Point. Ed è l’ulteriore conferma di come Daesh abbia avviato una politica di recruiting verso i più giovani. Lo dimostra anche uno degli ultimi numero della rivista Dabiq, con la pubblicazione di un appello del gruppo estremista per incoraggiare le madri a sacrificare i loro figli per il califfato.