La polizia è alla ricerca di un secondo uomo sospettato di essere coinvolto nell'attentato alla metro, un individuo con un borsone ripreso dalle telecamere di sicurezza mentre parla con il kamikaze, Khalid el Bakraoui, ma poi non entra nella metro. Intanto il livello di allerta terrorismo in Belgio è stato abbassato da 4 (il più alto) a 3

Le falle della sicurezza belga fanno tremare il governo del Paese già devastato dagli attacchi terroristici del 22 marzo scorso. Le indagini scoprono ogni giorno tasselli di un puzzle che compone il quadro criminale di chi ha mietuto morte e orrore.

La polizia è alla ricerca di un secondo uomo sospettato di essere coinvolto nell'attentato alla metro, un individuo con un borsone ripreso dalle telecamere di sicurezza mentre parla con il kamikaze, Khalid el Bakraoui, ma poi non entra nella metro. Intanto il livello di allerta terrorismo in Belgio è stato abbassato da 4 (il più alto) a 3.

E si scopre che Salah Abdeslam, Amine Choukri, Mohammed Belkaid, i primi due arrestati e il terzo ucciso prima degli attacchi del 22 marzo, avrebbero dovuto parteciparvi per fare una carneficina come a Parigi, attaccando la città di Bruxelles simultaneamente in più punti. Volevano fare un inferno, più di quanto non hanno fatto all'aeroporto e alla stazione della metro. Il clima fra gli abitanti del Belgio si sta surriscaldando contro i terroristi e forse per questo Salah, dopo un iniziale rifiuto, ha accettato l'estradizione in Francia.

IL TERRORISTA VUOLE TORNARE A PARIGI
Salah non vuole più stare in Belgio. Non è chiaro se abbia smesso di collaborare; certo, ha aggiunto il suo legale, sarebbe una iattura se lo facesse, «perché si rischia un nuovo Bataclan».

Salah Abdeslam è un enigma che ogni giorno diventa più insolubile: organizza gli attentati di Parigi, accompagna il commando, poi fugge - unico sopravvissuto - in lacrime. Lo arrestano e sfida la Francia annunciando il “no” all'estradizione, poi fa dietrofront e vuole andare subito a Parigi. Anche il suo avvocato, lo spregiudicato Sven Mary, sembra ora barcollare nelle sue certezze della prima ora. Ora che per la prima volta Abdeslam, che a Parigi ha soltanto trasportato e depositato i compagni sui luoghi degli attentati senza parteciparvi direttamente, sembra fosse destinato ad entrare in scena in prima persona, lo scenario cambia.

I testimoni dissero che, rientrando la notte fra il 13 e il 14 novembre a Bruxelles sull'auto dei due complici, era "in lacrime". Una ricostruzione che ha spinto più di un osservatore ad affermare che “non soltanto la polizia, ma anche l'Isis" dava la caccia a Salah, che all'ultimo aveva rifiutato il martirio come gli altri compagni, compreso il fratello che si fece esplodere in un bistrot di boulevard Voltaire. Nelle prime ore dopo l'arresto, l'enigmatico terrorista aveva confermato questa ipotesi: "Dovevo farmi esplodere allo Stade de France, ma all'ultimo momento mi sono tirato indietro".

LE FALLE DELLA SICUREZZA
Ma uno sviluppo forse ancora più clamoroso dell'inchiesta è quello secondo cui i due fratelli-kamikaze avevano nel mirino un centro nucleare. Notizia diffusa dai media ma non confermata dalla procura.

L'incapacità dell'intelligence di evitare il sanguinoso bagno di sangue e anche l'infruttuoso scambio di informazioni avvenuto la scorsa estate con Ankara proprio su un “foreign fighter”, che poi si è fatto saltare nello scalo di Zaventem, hanno spinto il ministro dell'Interno, Jan Jambon e quello della Giustizia, Koen Geens a offrire uno dopo l'altro le dimissioni, entrambe respinte dal premier, Charles Michel. Geens ha ammesso che i suoi servizi non sono esenti da colpe nella mancata sorveglianza su Ibrahim el Bakraoui, il kamikaze dell'aeroporto di cui la Turchia aveva segnalato al Belgio l'espulsione, l'estate scorsa, ma che poi era finito in Olanda. «Non c'è stata forse una trasmissione sufficientemente rapida delle informazioni provenienti dalla Turchia, anche a livello belga», ha riconosciuto, aggiungendo che c'è stato anzitutto un errore a livello di polizia giudiziaria ma anche da parte dei servizi del ministero della Giustizia.

I TERRORISTI POTEVANO ESSERE ARRESTATI
Il governo dei Paesi Bassi ha ufficialmente confermato che l'anno scorso Ibrahim era stato espulso dalla Turchia verso l'Olanda, e non verso il Belgio come sostenuto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Ma oltre a Ibrahim, anche il fratello, il 27enne Khalid El Bakraoui, fattosi saltare in aria nella metropolitana, poteva e doveva essere arrestato già da molto tempo dalle autorità belghe. A più riprese l'anno scorso aveva violato i termini della libertà condizionale e, a partire dal 22 ottobre 2015, poco prima delle stragi di Parigi, non presentandosi per quattro volte di fila all'appuntamento con il suo supervisore giudiziario. Khalid come il fratello era stato in carcere in Belgio per reati comuni, nel suo caso una serie di rapine a mano armata risalenti al 2011, quando era stato trovato in possesso di un kalashnikov. Le violazioni del regime di libertà condizionale che gli era stato concesso avrebbero dovuto portare alla sua revoca immediata, una revoca che invece è arrivata soltanto a febbraio, un mese prima che il latitante Khalid trasformasse in un inferno la stazione di Maalbeek.

Khalid affittò, tramite una carta d'identità belga falsificata con il nome di Ibrahim Maaroufi, una casa in rue de Fort a Charleroi che sarebbe servita da base per il gruppo terrorista implicato negli attentati di Parigi.

MINACCE SU LONDRA
In un video due britannici presunti membri dell'Isis celebrano gli attentati in Belgio e rilanciano dalla Siria, nascondendosi dietro i volti mascherati e parlando con un accendo londinese, i nuovi assalti della jihad in questo caso contro la loro madrepatria: dopo Parigi e Bruxelles toccherà a “Downing Street, Heathrow e Gatwick”. Propaganda o meno, di sicuro il filmato, pubblicato dal Mail online, preoccupa le autorità del Regno Unito, che già in questi giorni hanno rafforzato la sicurezza, soprattutto ai confini, negli aeroporti e nella metropolitana di Londra, contro possibili attentati.