Le pagine sono un susseguirsi di termini sempre uguali: “conservatore, patriottico, cristiano, favorevole alle armi”, bandiere a stelle strisce, e poi lui, pelle abbronzata capello giallo paglierino: il volto sorridente di Donald Trump campeggia dappertutto, a volte anche al posto della propria foto.
Sono i profili 'social' degli italoamericani che a novembre voteranno il candidato repubblicano. Si organizzano in gruppi che nella maggior parte dei casi si chiamano “Italians for Trump”. Hanno cognomi italiani che derivano dai loro nonni e sono fieri delle loro origini, così come sono fieri che alla Casa Bianca si presenti un “uomo vero, che non racconta bugie e che pensa veramente al bene dei cittadini”. Esattamente come recita il suo slogan “Make America Great Again”.
“The Donald” all’inizio aveva il consenso di meno del 30 per cento degli elettori repubblicani e ora è sostenuto dall’85 per cento del partito. A leggere quello che scrivono sui social network, i suoi sostenitori di origine italiana gli invidiano l’essersi “fatto da solo” e lo vedono come colui che tutelerà il bene degli statunitensi. Neanche il compaesano Andrew Cuomo, figlio del celebre Mario, governatore dello Stato di New York per 11 anni, li ha convinti che i democratici faranno il bene del Paese.
In cima agli errori dei democratici c’è, secondo molti, una politica estera mal gestita. Pesano le campagne fallimentari come Iraq, Afghanistan e Libia, i cui risultati non sono migliorati con Barack Obama, ma soprattutto il “caso Bengasi”. L’11 settembre 2012, quattro americani morirono durante l’attacco al consolato della città libica. La presunta negligenza del Dipartimento di Stato, allora diretto proprio da Hillary Clinton, ha fatto sì che venissero aperte sei inchieste, e che la candidata democratica fosse più volte sentita dal Congresso: l’ultima a ottobre, quando hai retto a 11 ore di interrogatorio. Per i sostenitori di Trump la Clinton mente e insabbia la verità a suo favore.
“Hillary non ha preso buone decisioni per il Medio Oriente, non ha mandato aiuti a Bengasi nel 2012”, spiega Marylin Pisano Galli, 63 anni, venditrice al dettaglio e figlia di italiani. I primi a emigrare nella sua famiglia furono i bisnonni. Da Ronald Reagan in poi ha sempre votato repubblicano, e per queste elezioni ha iniziato a fare la volontaria per sostenere il gruppo: “I Clinton negli anni ‘90 mi hanno fatto detestare i democratici ancora di più”.
Votare Trump infatti vuol dire non votare l’ex first lady, che con il tempo ha raccolto sentimenti negativi tra la popolazione a stelle e strisce. “Continua a mentire solo per cercare di conquistare il gruppo di individui che le conviene: che si tratti della comunità Lgbtq, dei giovani, degli afroamericani, e, poi le donne. Di sicuro lei è il modello peggiore per le giovani donne. Voterò Trump e lo dice un ragazzo transgender”. Ivan ha 17 anni, frequenta la scuola ed è anche un tenore. E’ nato a Portland, Oregon, ma vive in California. E sulle unioni omosessuali non ha dubbi: “Trump è contro il matrimonio gay, ma è la sua preferenza, non può fare nulla per cambiare le cose, ormai non può toglierlo, è legale”.
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“Si sta impegnando per aiutare gli americani a salvare il nostro paese. Lo fa per l'amore per la patria. E’ brutale, onesto, coraggioso e forte. Non si fa intimidire dai politici di carriera, è una persona innovativa, non programmata”, racconta Donna, 67 anni, pensionata. “I Clinton, i Bush e gli Obama sono fatti della stessa pasta. Non voglio più rivedere Bill Clinton nello studio Ovale: ha mancato di rispetto alla posizione più alta del nostro paese”.
Il magnate Trump dunque sembra essere la cura a molti dei mali, dalla questione interrazziale all’immigrazione. “Lui è quello che serve ora per riunire il paese da frange separatiste come il gruppo “Black Lives Matter”. La sua grande vittoria sarà il “muro”. Solo bloccando l’immigrazione ci saranno più posti di lavoro per gli americani poveri”, spiega Joseph D’Amora, 23 anni, venditore di Lacey, Washington: il cognome che porta lo deve ai nonni siciliani. Il “muro” è quello che Trump vuole costruire lungo il confine con il Messico, considerato una svolta per l’immigrazione illegale e la diffusione di droghe pesanti come l’eroina.
“Non votarla è dovere comune - aggiunge Joseph - dopo tutte le informazioni che abbiamo avuto su di lei è impossibile”. Le 30.000 mail pubblicate da Wikileaks, da cui è emerso un boicottaggio contro la candidatura di Bernie Sanders, proverebbero anche che la Clinton ha finanziato gli jihadisti per combattere in Siria, come ha dichiarato Julian Assange. Anche le polemiche sulla sua fondazione, la Clinton Foundation, non aiutano. Riceve fondi da numerosi governi e uno dei donatori, l’industria francese Lafarge, secondo “The Canary”, avrebbe finanziato gli uomini dell’Isis.
“Trump non è razzista, per quanto riguarda i musulmani ha ragione: dobbiamo sapere chi sono prima di farli entrare”, afferma Santi, nata a Roma, ma che vive negli States da 30 anni. Si riferisce alla proposta di Trump di vietare l’ingresso negli Usa ai fedeli islamici, questo rientra nella strategia contro l’Isis, “perché è provato che l’islam ci odia”, ha detto il candidato repubblicano.
“Lodevole anche il suo piano fiscale e il fatto che voglia distruggere l’Obamacare”, aggiunge Santi. Obiettivo di Trump è infatti spazzare via la riforma sanitaria che a fatica, contro le lobby assicurative e l’opposizione repubblicana, Obama è riuscito a far passare. Passata nel 2010 ha portato all’allargamento dei soggetti coperti da tutela medica. “Hillary è brava solo a usarsi la carta di donna per ottenere il loro voto”, conclude Santi.
E tra le fila dei sostenitori di Trump ci sono anche i fuoriusciti. “Mai in un milione di anni mi sarei aspettata di non votare per i democratici, ma poi ho capito che è un pensiero comunista. Bisogna votare la persona più qualificata, non il partito”, dice Debee, 25 anni, di Washington. “Lui è il miglior candidato, non vuole che la sharia si abbatta su di noi. Qui non vogliamo i problemi che ha l’Europa”. E avverte: “Se la vostra informazione si basa su giornali e tv americane è fittizia, perché i media sono di proprietà dei democratici. Utilizzate altre fonti”.
“I miei nonni arrivarono da Palermo, alla ricerca del sogno americano, allora sì che c’era il successo ad attenderli. Oggi quel sogno per me, i miei cinque figli e quattro nipoti è in pericolo. Trump ce lo ridarà”, spiega Micheal Barone, 50 anni, designer. Si descrive “patriota e cristiano” e sul suo profilo campeggia l’immagine di un fucile da guerra: “Dobbiamo eliminare la corruzione profondamente radicata nella politica americana. Riprendiamoci la nostra nazione!”.
In mezzo al gruppo c’è anche chi non voterà a novembre, ma vuole comunque sostenere la causa di Trump. Come il francese Philippe, che sul web porta avanti una battaglia contro le bugie della Clinton. Dice di sentirsi “vicino alle politiche di Lega Nord e Casa Pound che difendono i diritti dei bianchi e l’identità indoeuropea”.
E alcuni prendono spunto dalle vicissitudini europee: “Noi Texani dobbiamo seguire i nostri fratelli in Gran Bretagna con la Brexit. Abbiamo bisogno della nostra Texit”. A dirlo è Steve, 52 anni, lavoratore autonomo, anche lui originario dell’Italia. Sui social si descrive come “Conservatore e libertario. Sto con Israele, Gesù Cristo è il mio Salvatore”. Si dice contrario all’elezione della Clinton perché è favorevole al Ttip, il trattato commerciale tra Stati Uniti ed Europa, conosciuto solo in parte e che molto sta facendo discutere: “Sono accordi che distruggeranno posti di lavoro e cederemo la nostra sovranità a governi stranieri”.