Mentre l'Italia continua a investire nell'evoluzione digitale delle classi, altrove aumentano le posizioni critiche. Dal dibattito sul piano dell'ex governo alla scelta di vietare il cellulare a scuola. Fino agli istituti che provano a sperimentare il digital detox

Maggio 2015. Parigi vara il proprio piano per la scuola digitale. L’allora presidente François Hollande invia 175 mila tablet per il rientro dalle vacanze degli studenti. Ad agosto dell’anno successivo viene pubblicato un libro,
“Il disastro della scuola digitale”, che apre un vasto dibattito in Francia. Gli autori, un ingegnere e una ex insegnante, criticano lo sforzo nazionale dedicato a infarcire di tecnologia le classi, sostenendo che iPad e computer sui banchi non solo non aiutano ad apprendere meglio né a lottare contro le disuguaglianze, ma fanno traballare anche le fondamenta stesse delle competenze che si imparano a scuola.

In una lunga intervista a “Libération” Philippe Bihouix insiste così sulle influenze commerciali nella fretta di investire a riguardo e il rischio di avviare sforzi titanici senza sapere come sarà la tecnologia solo fra quindici anni, oltre che considerando solo lateralmente il cuore dell’insegnamento. Chiede di «reinventare una scuola liberata dagli schermi. Dove i docenti riprendano fiducia nel fatto di esser meglio di una macchina. Sono loro, le vere “risorse illimitate”, non i terminali di Microsoft e Google!». Un appello inizia a circolare contro il piano, sostenuto da un gruppo di docenti «che rifiutano l’informatizzazione della scuola». L’estensione prevista per il 2019 dei tablet a tutti gli alunni delle medie amplia la discussione. Negli stessi anni, in Italia...
Inchiesta
Scuola digitale, ecco tutto quello che non funziona
8/1/2018

Settembre 2017: il ministro Valeria Fedeli parla del cellulare a scuola come di una «straordinaria opportunità che deve essere governata» in un’intervista a Repubblica: «È uno strumento che facilita l’apprendimento». Dicembre 2017: il ministro francese  dell’Educazione nazionale conferma l’impegno ribadito dal presidente Macron a vietare gli smartphone in classe già dal rientro delle vacanze. I dubbi e le resistenze sono molte, ma è una nuova strada che si sta facendo largo all’estero.

La “Stroud high school” di Gloucester, raccontava a luglio il quotidiano inglese “The Guardian”, ha introdotto regole molto rigide per il “digital detox” dei ragazzi durante le ore di lezione. I risultati, secondo i docenti, sarebbero stati molto positivi. Non solo per il coinvolgimento durante le spiegazioni. Ma anche per la psicologia degli studenti: su comportamenti potenzialmente sintomo di disagi più profondi come il controllo ossessivo di più social network per volta o il monitoraggio delle calorie su app come Fitbit. «Vogliono più controllo, e palesemente non sanno da dove iniziare, come fare. Dobbiamo cercare di aiutarli», diceva al quotidiano inglese la coordinatrice, Cindi Pride: «La scuola è un luogo dove dovresti riuscire a imparare, divertirti, avere amicizie autentiche, non parlare da uno all’altro in un’aula attraverso Snapchat».