"L'Ungheria è ostaggio di un tiranno: l'Europa ci aiuti"
«Il suo governo sta distruggendo lo stato di diritto. La Ue non può stare ferma a guardare una concentrazione di potere simile». La denuncia di Gabor Demszky, per vent'anni sindaco della capitale Budapest, e oggi oppositore del leader magiaro
«Il governo di Viktor Orban sta distruggendo lo stato di diritto democratico con una politica di chiusura sistematica delle istituzioni indipendenti, comprese quelle della società civile, che possono criticare la sua onnipotenza. Dalla caduta del Muro di Berlino, quando la dittatura comunista è stata schiacciata, mai come ora in Ungheria c’è stata una concentrazione di potere così forte nelle mani di un solo uomo. L’Unione Europea non può stare a guardare mentre il Paese viene tenuto in ostaggio da un tiranno provinciale e obsoleto».
Gabor Demszky, sociologo e avvocato, è stato per vent’anni, dal 1990 al 2010, sindaco di Budapest. Tra i fondatori dell’Alleanza dei democratici liberi (Partito liberale ungherese), ex parlamentare europeo e voce del dissenso nell’Ungheria comunista, oggi è tra principali oppositori del primo ministro Orban, leader di Fidesz- Unione Civica ungherese, partito di destra al governo del Paese ininterrottamente dal 2010, dopo aver vinto anche le elezioni politiche dell’aprile del 2014 con una maggioranza relativa. Demszky il 7 ottobre sarà in Italia, a Forlì, per partecipare a 900Fest, Festival di storia dedicato al tema della libertà e dell’uguaglianza nel centenario della rivoluzione russa.
Professor Demszky, in che modo Orban continua a concentrare il potere nelle proprie mani? Il suo partito sta privando di autonomia tutte le istituzioni che hanno l’autorità di tenere sotto controllo l’attività del governo. Le ha modellate in modo da compromettere la loro funzione originaria: oggi servono a consolidare una autocrazia sfrenata sostenuta da vuoti slogan patriottici. La Corte Costituzionale, l’ultima istituzione rimasta a salvaguardia della legalità, è stata gradualmente trasformata in un corpo senza peso. Il numero dei suoi giudici è aumentato con magistrati notoriamente fedeli ai partiti di governo, tra cui un ex ministro e un membro del Parlamento che sono entrambi esponenti di Fidesz. Con la riforma del sistema giudiziario, l’Ufficio nazionale della magistratura è stato messo sotto l’influenza politica diretta del governo. Una deriva autoritaria iniziata con l’entrata in vigore nel gennaio del 2012 della nuova Costituzione, che limita fortemente la libertà di espressione ed è stata aspramente criticata anche da Bruxelles, insieme a diverse leggi fondamentali.
Leggi che il Parlamento ha approvato… Il partito di Orban ha ridotto l’opposizione dei partiti di minoranza a una semplice questione di forma. Spogliando il Parlamento anche di una semplice sembianza di protocollo legittimo, lo ha posto nelle condizioni di mettere la parola fine a un confronto politico autentico. Anche il presidente della Repubblica, che dovrebbe agire indipendentemente, firma qualsiasi documento spinto sulla sua scrivania. La nuova legge elettorale limita in modo significativo l’espressione della volontà dei cittadini. Con la ridefinizione dei collegi elettorali e con il divieto di votare all’ultimo momento Orban ha creato un sistema che favorisce i candidati dei partiti di maggioranza. Con un obiettivo che è più ampio di quello del consolidamento del potere.
Qual è l’obiettivo? È quello di cambiare radicalmente la società ungherese e, ricorrendo a minacce e ricatti, di creare un Paese codardo incapace di sfidare quella che è ormai una dittatura. Se fosse stata in queste condizioni nel 2004 l’Ungheria non avrebbe potuto aderire all’Unione Europea.
E la stampa ungherese come reagisce? Recentemente è stata istituita l’Agenzia nazionale per i media e le telecomunicazioni. È guidata da un presidente fedele a Fidesz e ha ampi poteri di regolamentazione e sanzioni. Le frequenze radiotelevisive sono distribuite in modo arbitrario, la stampa indipendente è esortata a esercitare anche l’autocensura di fronte alla minaccia di multe ingenti e le testate disobbedienti, esposte al pericolo di perdere gli inserzionisti sponsorizzati dal governo o quelli privati che temono ritorsioni, corrono il rischio di fallire.
Orban è conosciuto in Europa anche per le sue politiche anti-immigrazione. Recentemente ha chiesto alla Ue di accollarsi il costo del 50 percento della recinzione fatta costruire ai confini con Serbia, Croazia e Slovenia. Una provocazione? Non è affatto una provocazione. Orban fa leva su una propaganda molto aggressiva in un Paese che è vittima di una grave crisi economica. Vuole dimostrare di essere un uomo forte e che gli immigrati non sono civilizzati ma, al contrario, sono dei barbari. Oggi siamo di fronte a un triste esempio di ciò che può accadere di fronte ai tentativi di risolvere i problemi economici e sociali con mezzi autoritari e con una politica di isolamento nazionalistico. Davanti a questo anche l’Europa è un bivio.
Cosa dovrebbe fare la Ue? I sostenitori dello stato di diritto e della democrazia non devono accettare il governo di uno stato membro che schiaccia valori universali. È nell’interesse sia dell’Ungheria sia della Ue opporsi a Orban perché l’Europa può disgregarsi non solo per motivi economici ma anche di fronte a politiche antidemocratiche. Siamo tutti consapevoli del fatto che l’idea di una Europa comune è nata come progetto economico. Ma questo progetto non è altro che un pensiero se non viene considerato e difeso un sistema di valori. La situazione disperata dell’Ungheria, dove è giunta alla fine la democrazia liberale così come è interpretata dall’Occidente, dovrebbe essere un avvertimento per tutti. Non possiamo permetterci il lusso di imparare la lezione dopo un’altra elezione perduta.