Dal 2009 una legge punisce chi mette in atto comportamenti persecutori nei confronti di una persona. Un provvedimento che, secondo i dati dell'Istat, ha aiutato moltissime donne. Ma con la riforma Orlando sarà possibile estinguere il reato con un semplice risarcimento in denaro, anche senza il consenso della vittima  

Appena 1500 euro per essere assolti dall'accusa di stalking. Dal tribunale di Torino arriva uno dei primi esempi di applicazione del nuovo istituto sulla giustizia riparativa, introdotto dalla riforma Orlando, che permette di essere prosciolti da un'imputazione per "atti persecutori" pagando una semplice multa, anche senza il consenso della vittima. Il reato di stalking è  stato introdotto in Italia con una legge del 2009 e consiste nel molestare ripetutamente una persona, provocando nella vittima un continuo stato di ansia o di paura, costringendola a cambiare le proprie abitudini di vita. Un incubo nel quale, almeno una volta nella vita, sono entrate più tre milioni di donne italiane. Una minaccia che può arrivare dal proprio ex partner, ma spesso anche da conoscenti occasionali o da perfetti sconosciuti.

Secondo uno studio dell'Istat, pubblicato nel 2016, il 21,5 percento delle donne fra i 16 e i 70 anni, pari a 2 milioni e 151 mila, avrebbe subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell'arco della propria vita. Quasi il 10 percento quelle che sono state vittima di stalking “grave”, mentre sarebbero circa 2 milioni e 300mila le donne che nell'arco della propria vita hanno subito comportamenti persecutori da persone diverse dagli ex partner. I dati del ministero dell'Interno confermano che dall'entrata in vigore della nuova norma nel 2009, le denunce sono aumentate anno dopo anno, fino a stabilizzarsi a partire dal 2014.

Francesca Garisto, avvocata penalista e vicepresidente della Casa delle donne maltrattate, spiega: «Con la legge del 2009 abbiamo raggiunto un obiettivo cruciale, perché è nata una figura di reato specifica, il cosiddetto stalking appunto. Fino all'entrata in vigore della norma gli atti persecutori erano considerati ognuno come una singola e autonoma azione, spesso nemmeno punibile come reato minore. Atti che invece, se inseriti in un contesto globale, hanno rilevanza penale».
Lo studio
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Esempio tipico è l'ingiuria, un reato che di per sé è stato depenalizzato, ma che invece è uno dei comportamenti classici che configurano lo stalking. Secondo l'avvocata, pur esistendo una quantità di casi “sommersi” che non vengono denunciati, la legge ha contribuito moltissimo alla sensibilizzazione sul tema e ha rappresentato un concreto aiuto per le donne, anche grazie al meccanismo dell'ammonimento: «A volte lo sconsiglio – spiega Garisto – perché lo ritengo inadatto alla situazione. Spesso però lascio che sia la donna a decidere. Penso che l'ammonimento sia un buono strumento quando dall'altra parte c'è una persona che in qualche modo possa recepirlo. Può essere un buon deterrente e soprattutto è rapido: il questore, una volta compreso che le evidenze ci sono, in 15 giorni convoca il presunto stalker nella stazione di polizia di zona – e se il soggetto non si presenta la Polizia lo va a cercare – e gli notifica un atto in cui lo diffida dal mantenere la propria condotta nei confronti della parte lesa. Di solito vengono anche date indicazioni di non avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima o alla sua abitazione. E se poi le indicazioni del questore non vengono rispettate, si procede d'ufficio». I dati dell'Istat parlano chiaro: il 66% delle donne afferma che già con l'ammonimento, quindi senza aprire un procedimento penale, i comportamenti persecutori cessano.

Ma i frutti della norma del 2009 rischiano di essere vanificati. Con la legge di riforma del sistema penale, la cosiddetta riforma Orlando, approvata in via definitiva il 14 giugno e in vigore dal 3 agosto, nel codice penale è stato introdotto il nuovo articolo 162ter, che prevede la possibilità dell’estinzione di alcuni reati a seguito di “condotte riparatorie”, cioè del pagamento di un risarcimento in denaro. Interessati dal provvedimento sono i reati a querela remissibile, tra cui anche le forme di stalking “non gravi”. Oggi, quindi, una volta presentata un'offerta di risarcimento da parte del presunto molestatore, sarà il giudice a valutare se la somma è congrua e potrà quindi decidere di estinguere il reato, anche senza il consenso della vittima

Loredana Taddei – responsabile delle politiche di genere della Cgil nazionale, commenta: «Cgil, Cisl e Uil sono stati i primi a denunciare questa anomalia, cioè che nel pacchetto intercettazioni votato alla Camera sarebbe rientrato anche il reato di stalking. All'inizio c'è stata una reazione scomposta e direi anche superficiale di alcuni esponenti del Governo che ci hanno addirittura accusati di diffondere fake news. Però quando sono scesi in campo magistrati come Eugenio Albamonte o avvocati come Giulia Bongiorno, sono dovuti correre ai ripari».

L'intervista
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A luglio il guardasigilli ha assicurato un intervento tempestivo, indicando anche quale sarebbe stata la strada da perseguire per porre rimedio alla “svista”. «Per evitare qualunque possibilità di equivoco interpretativo – ha detto il ministro della Giustizia Orlando – si deve agire riconsiderando la punibilità a querela prevista nella legge del 2009». Eliminare del tutto, dunque, la possibilità per le vittime di stalking di ritirare la querela. Niente più distinzioni tra gradi di reato, non ci sarà più la libertà da parte di chi denuncia di tirarsi indietro. Ma proprio qui sta il punto, come spiega l'avvocata Garisto: «Su quella questione c'è stato un grande dibattito nel 2009. Anche i movimenti delle donne si sono spaccati. C'era chi riteneva che andasse lasciata sempre alle donne la possibilità di decidere in autonomia e quindi anche di scegliere di ritirare una querela. E chi invece, poiché lo stalking è in realtà una piaga sociale che non investe solo la singola vittima, avrebbe preferito l'irrevocabilità».

Alla fine ha prevalso la linea della possibilità di revoca. Ma nella legge è stata successivamente inserita una modifica, con la cosiddetta legge sul femminicidio del 2013, che stabilisce che la querela non può essere ritirata se le minacce sono di tipo “grave”, cioè commesse per esempio con le armi o da una persona irriconoscibile. Proprio il rischio di riaprire il dibattito di otto anni fa sarebbe il motivo che ha spinto, per ora, il ministro della Giustizia a non prendere provvedimenti. «Tra le femministe – spiega Taddei – l'irrevocabilità è sempre stato un motivo di scontro e secondo me quando ci si è resi conto che si rischiava di risollevare un polverone si è scelto di soprassedere. È quello il nodo vero. Però nel frattempo sono passati tre mesi e non si è ancora fatto nulla per correggere l'errore».

«Non penso che ci sia stata una volontà precisa di sminuire la legge sullo stalking – dice l'avvocata Garisto – credo davvero che si sia trattato di una svista e forse questo è un fatto ancora più grave. Vuol dire che non c'è ancora consapevolezza della gravità del fenomeno e nemmeno di cosa voglia dire per una persona affrontarlo. Le donne non denunciano certo perché vogliono soldi, denunciano perché cercano protezione dalle istituzioni».

Sempre secondo il report dell'Istat, nonostante la vastità del fenomeno, al 2014 ben il 78 percento delle vittime non si era rivolta ad alcuna istituzione e non aveva cercato aiuto, mentre solo il 15 percento si era rivolta alle forze dell’ordine. C'è da temere che i numeri peggiorino nei prossimi mesi: da settembre i tribunali lavorano di nuovo a pieno regime e molte donne rischiano di vedere i propri persecutori cavarsela pagando una semplice multa, tra l'altro quasi certamente di piccola entità. «Non abbiamo ancora esperienza per fare ipotesi – chiarisce Garisco – ma di sicuro il giudice valuterà la situazione economica delle parti per decidere. Se proprio devo fare un pronostico, temo che in media un risarcimento non supererà i 1000 euro».