Renzi non può più continuare a barcamenarsi

La campagna elettorale siciliana è stata svolta dal Pd in modo così sciagurato da poter rendere plausibile l’idea che si tratti di un voto “locale”. Impossibile che si ripeta una situazione in cui il suo leader diserta ogni confronto fino a giungere all’esilarante battuta di “vinca il migliore”. Certo che i segnali di una sconfitta del centrosinistra alle prossime politiche si fanno prepotenti. A ciò ha condotto la testarda e cieca insistenza nel non voler vedere il disfacimento dell’idea originaria del Pd, o meglio nel voler ignorare il suo non essere mai nato, procedendo ad una consensuale e pacifica separazione tra le sue componenti, ciò che avrebbe consentito a ciascuna di prendersi cura magari con qualche profitto delle proprie aree di riferimento. Renzi oggi è il primo a rischiare di finire massacrato dal logorio di questi anni da “guerra dei Roses” (ricordate il grande film?). “Liberati”sia Renzi che la “Sinistra” dalla triste necessità di dare reciproca ospitalità a perfetti nemici, e “liberata” la scena dal deprimente spettacolo della loro stasis (guerra civile) in sedicesimo, essi avrebbero magari potuto, ciascuno per ?la propria parte, costruire proposte più convincenti per quei settori della nostra società, sempre più ampi, che soffrono in totale disorientamento l’attuale crisi, ben più che economica e sociale, etica.

La conclusione perfetta di questi anni di apprendistato alla catastrofe è stata la legge elettorale, salutata dagli applausi ?di coloro che gli dèi, volendone la rovina, hanno evidentemente accecato. Una legge che premia le coalizioni, comunque composte, che premia i più furbi e i più assetati di potere a ogni prezzo, e colpisce a morte o quasi coloro che non dispongano di una tale arte. In primis, i grillini, è ovvio. Si è fatto come nel Palio di Siena, quando una contrada certa della sconfitta perché ha sorteggiato il cavallo peggiore lavora all’unico scopo di far perdere la contrada nemica? Ma con chi farà coalizione, di grazia, il Pd renziano? Con Alfano e Verdini? Per perdere automaticamente Pisapia. Con Pisapia? Per perdere Alfano (Verdini no - quello ci sarà sempre dietro giusto compenso - e farà sempre perdere voti di nostalgici ulivisti, che rimangono tanti anche per il Pd di Renzi). Si ricompatterà con Bersani e Speranza? Potrebbe anche darsi - ma ?con D’Alema? E poi, come? Un patto di semplice desistenza nei collegi appare tecnicamente impraticabile, di nuovo grazie all’attuale stupefacente invenzione dell’amico Rosato.

Se si trattasse di Mattarellum, sarebbe una prospettiva anche possibile (a parte l’indecenza ?di ritrovarsi insieme dopo gli anatemi intercorsi), ma coi voti da conquistare ?al proporzionale, o è coalizione ovunque oppure, con la desistenza, si chiede a un partito minore il puro e semplice sacrificio nei collegi uninominali, cioè l’impossibile. Che fare, allora, per impedire che il risultato siciliano si catapulti su quello politico nazionale? Basta il passo indietro di Renzi? Se avvenisse senza alcun cenno autocritico, semplicemente perché i sondaggi dicono… sarebbe peggio il “taccone” del buco. Renzi dovrebbe certo ammettere con serietà la propria sconfitta e comprendere di non poter più essere il candidato premier. Ma se il famoso passo indietro non appare conseguenza di un dibattito, che metta davvero in discussione non solo alcuni aspetti del “programma”, ma natura e senso del Pd - cioè costituire un nuovo inizio - il sacrificio dell’ex leader massimo risulterebbe vano. O Renzi percorre la strada di una rifondazione collegiale del partito, oppure compia lo strappo definitivo: si finga, seppur tardivamente, un Macron, spiazzi tutti, non accetti alcun gioco spartitorio-correntizio per le candidature, e si appelli, da quell’autentico populista che è sempre stato, al “popolo sovrano”.

La prima strada non può che essere segnata da importanti eventi programmatici nei quali la voce dei fedelissimi cortigiani lasci ?il posto a quella di chi cerca con responsabilità, disinteresse e competenza vie d’uscita realistiche dalla palude in cui stiamo affondando. La seconda è più semplice, il naturale proseguimento di quella fin qui percorsa attraverso mille lacci e lacciuoli: l’eliminazione di ogni forma di partito e la sua riduzione a comitato promotore del Capo. Non è detto che non possa avere successo. Dall’altra parte, la vittoria è sempre sul punto di trasformarsi in quella di Pirro. Per quanto continuerà ad ardere il fuoco fatuo di Berlusconi? E quanto potrà durare un governo di popolari europei, per quanto finti, con i Salvini e le Meloni? E potranno ?i grillini sognare in eterno di raggiungere da soli il 51 per cento? Un Pd capace di giocare tutto contro tutti attraverso il suo leader finalmente “scatenato”, credo potrebbe puntare ancora, facendo leva sulle altrui contraddizioni e miserie, ?ad essere “partito della nazione”. ?Le elezioni europee col Pd al 40 per cento non sono dell’altro secolo.

Certo è che Renzi non può più permettersi ?di barcamenarsi in mezzo al guado. ?Sta in primis ai suoi compagni di partito, se ancora ne esistono di consapevoli ?e responsabili, spingerlo o costringerlo ?per una via o per l’altra. ?L’alternativa deve essere netta anche per loro: Renzi deve essere chiamato subito ?a decidersi. E gli altri a fare altrettanto, ?con nettezza e rapidità, di conseguenza. Dovranno altrimenti rispondere dell’aver consegnato il governo del Paese, combattendo peggio che male, a una coalizione di destra quasi fantapolitica, che trova ancora in Berlusconi se non ?la propria guida, il fattore d’ordine e il collante decisivo. Basta e avanza questo per il de profundis definitivo di un’intera classe politica.