A quasi quarant’anni dall’entrata in vigore della 194, il nostro è uno dei Paesi dell’Unione Europea con il più basso tasso di abortività volontaria. E il dato continua a diminuire

Ecco l’ultima strategia dei Prolife: tappezzare Roma di manifesti piuttosto crudi, con un feto e una pinza che campeggiano al centro della locandina. In cima lo slogan: “Un bambino ucciso ogni 5 minuti. Dal 1978 più di 6 milioni uccisi dall’aborto. Ricordiamo anche questi morti”. Manifesti rigorosamente abusivi e che riescono perfettamente nel loro intento: disturbano, nauseano, creano sconcerto.

Tralasciando l’utilizzo della parola “bambino” già di per sé impropria, di quali cifre stiamo parlando? Il palese intento del copy è essenzialmente quello di evocare un genocidio, un olocausto, tirando in causa una cifra che è più di quattro volte quella dei morti italiani nella Grande Guerra.


I NUMERI
A quasi quarant’anni dalla conquista della legge 194, quella sull’interruzione volontaria di gravidanza, lo scorso anno si è registrato un forte calo nel numero degli aborti, scendendo per la prima volta sotto i 90.000, il 9,3 percento in meno rispetto all’anno precedente. Questo dato è in linea con una progressiva diminuzione in atto sin dalla fine degli anni ottanta. L’Italia infatti, secondo l’Istat, è uno dei Paesi dell'Unione Europea con il più basso livello di abortività volontaria.
I dati riportati dalle Nazioni Unite mostrano che livelli inferiori a quelli dell’Italia si registrano solo in Austria (il cui dato pero? risulta fermo al 2000), Germania e Grecia. I valori più? elevati si riferiscono a quasi tutti i Paesi dell’Est Europa con l’eccezione della Svezia.
La diminuzione ha interessato tutte le classi di età, con l’eccezione delle ragazze minorenni (dai 15 ai 17 anni) il cui dato rimane invece stabile con circa 4 donne su 1000 che decidono di interrompere una gravidanza.
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Le donne straniere presentano livelli di abortivita? molto piu? elevati delle donne italiane e sono mediamente di due anni piu? giovani: le prime hanno un’eta? media di ricorso all’aborto volontario pari a circa 29 anni, le seconde di 31 anni.
Tra i gruppi più numerosi di stranieri residenti in Italia, il tasso di abortivita? è più elevato per le donne cinesi (30,0 casi di interruzione per 1.000 donne cinesi di eta? 15-49 anni), seguite da rumene (22,7), albanesi (16,6) e marocchine (16,2) .

Alla diminuzione degli aborti cresce l’utilizzo della "pillola dei cinque giorni dopo" (a base di ulipristal acetato), complice la decisione dell’Aifa dello scorso anno di eliminare l’obbligo della ricetta medica per le maggiorenni.
A marzo di quest’anno, il boom della vendita del farmaco ha fatto sì che il senatore di Ap Giuseppe Mariniello presentasse un’interrogazione parlamentare al Ministero della Salute. «I dati sull'utilizzo della pillola dei cinque giorni dopo raccolti recentemente da Federfarma» scrive il rappresentante di Area popolare «destano scalpore per le dimensioni assunte dal fenomeno: le vendite nel 2016 sono cresciute del 96% in 10 mesi e rispetto al 2014 sono aumentate di 15 volte».
Nocciolo della richiesta del senatore: ripristinare l’obbligo della ricetta medica. I dati presentati da Mariniello presentano una lettura sbagliata. Federfarma infatti fa sapere che l’incremento c’è stato, complice la liberalizzazione della pillola, ma non della portata sostenuta dal senatore bensì del 24 percento sul totale della contraccezione d’emergenza (quindi compresa la pillola Norlevo, quella del giorno dopo).
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Piuttosto il problema è la scarsa conoscenza da parte delle donne della mancanza dell’obbligo della prescrizione medica. Una ricerca condotta da Swg e Health Communication dimostra che solo il 16 percento delle intervistate è a conoscenza del fatto che non ci sia alcun bisogno di ricetta; il 36 percento è convinto che esista ancora l’obbligo della prescrizione.

A questo dato va sommato il larghissimo numero di obiettori di coscienza in tutti gli ospedali italiani, a cui ora si sommano una fetta di farmacisti che alla richiesta della pillola tentennano, negano, si sottraggono.
Un terzo dei farmacisti intervistati riconosce che la propria categoria fa resistenza a vendere la pillola dei cinque giorni dopo in mancanza della ricetta e il 18 percento non darebbe senza prescrizione alcun farmaco a una donna che volesse evitare una gravidanza indesiderata.

In barba alle regole e alle direttive dell’Unione Europea, il medico o il farmacista, in nome della propria personale obiezione di coscienza, si rifiuta di somministrare o vendere un farmaco che interrompa una probabile gravidanza.

I dati, quindi, ci mostrano chiaramente che non c’è alcuna emergenza aborto nel nostro Paese. Continua però a essere presente una costante indisponibilità da parte di professionisti della sanità ad applicare le leggi dello Stato.