Ci vogliono mettere sotto assedio per le nostre idee e per le nostre inchieste. Per questo non è possibile nessuna timidezza: bisogna schierarsi
Abbiamo il senso delle proporzioni e in prima battuta volevamo evitare di ricorrere alla terminologia anni Settanta, tipo “vile attacco fascista contro la stampa democratica”. Perché noi giornalisti dell'Espresso e di Repubblica siamo contemporanei, viviamo e raccontiamo questa mondo, condividiamo le speranze e le inquietudini dei nostri lettori, lanciamo domande più che offrire risposte preconfezionate. E invece Forza Nuova, CasaPound e i loro camerati vivono in un'altra epoca, fatta di chiusure, confini, muri, difesa della sacra razza e del sacro suolo, intolleranza verso le critiche, le inchieste.
Neppure una riga di pubblicità per chi sbandiera lugubri simbologie del passato, avevamo pensato in un primo momento. Ma poi scorrono quelle immagini di uomini con il volto coperto che urlano in un luogo di lavoro, nel cortile di ingresso di una redazione. Quel post su facebook di Forza Nuova, partito che fu rappresentato in Parlamento europeo, il cui leader Roberto Fiore provò a candidarsi nel 2006 con quel Berlusconi che oggi definiscono «falsa opposizione», quelle parole che esaltano apertamente la violenza («Roma e l'Italia si difendono con l'azione, spalla a spalla, a calci e pugni...»). E allora no, non si può accettare di banalizzare anche questo episodio, come accade con le parole in libertà degli squadristi da tastiera. Quando lo squadrismo supera il virtuale e non si vergogna di toccare materia incandescente, tipo intimidire l'uscita di un giornale, è un livello che si alza, un confine che viene abbattuto.
Ci vogliono mettere sotto assedio, come hanno impunemente scritto, perché siamo giornalisti. Ci attaccano per le nostre idee, sullo ius soli, e per le nostre inchieste,
quella firmata da Giovanni Tizian, Stefano Vergine e Andrea Palladino sui finanziamenti e sulle origini delle fortune economiche dell'estrema destra. Provano a intercettare un clima di intolleranza e di odio più ampio nei confronti di chi fa il nostro lavoro, il mestiere di informare. In un paese in cui la stampa e i giornalisti sono stati sotto il tiro, e spesso vittime, di terroristi rossi e neri, logge occulte, mafia e camorra. Ce lo siamo dimenticati, in questa Italia immersa nel presente, senza memoria. Eppure i nemici della libertà intuiscono istintivamente dove devono colpire, sanno che ogni attacco alla stampa è un anticorpo che viene meno, una parte di convivenza civile che viene eliminata, un pezzo di democrazia ferita. Per questo non è possibile nessuna timidezza, nessuna esitazione, bisogna schierarsi. Libertà di stampa e antifascismo coincidono, oggi ancora di più.