Per la prima volta viene resa nota la ripartizione delle contestazioni tra Morgan Stanley (2,9 miliardi) e i dirigenti del Tesoro (1,2 miliardi) per i contratti rivelati da L'Espresso. Ora si attendono le argomentazioni dei soggetti chiamati in causa
Le parole più pesanti sono quelle pronunciate da Donata Cabras e da Massimiliano Minerva, procuratori della
Corte dei Conti del Lazio: alcuni dei derivati sottoscritti dal Tesoro con la banca d'affari Morgan Stanley, che nel 2012 sono costati 3,1 miliardi di euro allo Stato, «evidenziavano profili
speculativi».
Dunque i contratti non potevano servire per l'unica finalità consentita dalle norme per questo genere di strumenti finanziari, e cioè la «ristrutturazione del debito pubblico», visto che «non è ammissibile per lo Stato assumere rischi rilevantissimi». Rischi speculativi che, invece, quei derivati avevano determinato.
[[ge:espresso:plus:articoli:1.295103:article:https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2017/02/09/news/deriva-di-stato-1.295103]]Pochi giorni dopo la
pubblicazione da parte L'Espresso dei contratti firmati con Morgan Stanley, un nuovo colpo alla linea difensiva del Tesoro sui motivi che hanno spinto lo Stato a sottoscrivere contratti derivati con diverse banche, che stanno costando miliardi di euro alle casse pubbliche, è arrivato venerdì 17 febbraio dalla presentazione della relazione annuale della Corte dei Conti.
Per la prima volta è stato quantificato il
danno erariale complessivo ipotizzato dalla Procura per il caso Morgan Stanley, che sale a 4,1 miliardi: ai 3,1 miliardi di euro pagati dal Tesoro alla banca americana a inizio 2012, si sommano circa 700 milioni di euro di costo dei debiti fatti dal Tesoro per poter sostenere quei pagamenti, più altri 270 milioni di oneri finanziari versati negli anni precedenti la chiusura anticipata dei derivati, che la banca aveva deciso di esigere alla fine del 2011 e che vennero appunto pagati nei primi giorni dell'anno successivo.
Della cifra complessiva, 2,9 miliardi sono stati chiesti all'istituto, mentre i restanti
1,2 miliardi vengono contestati ad alcuni dirigenti pubblici. I nomi non sono stati fatti ma, secondo fonti citate dall'agenzia Reuters, sarebbero confermati quelli di due ex ministri come
Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, ai quali si aggiungono due dirigenti del Tesoro, Maria Cannata e Vincenzo La Via.
Il procedimento della magistratura contabile non è ancora concluso: la banca e le persone coinvolte sono state invitate a presentare le loro argomentazioni, una fase necessaria per arrivare a eventuali contestazioni definitive.
Nel numero in edicola da domenica 19 febbraio, L'Espresso pubblica in esclusiva ulteriori dettagli dei contratti oggetto dell'indagine.