Pubblicità
Mondo
maggio, 2017

Com’è Emmanuel Macron visto da vicino

Emmanuel Macron
Emmanuel Macron

Abbiamo incontrato il neopresidente francese in due occasioni. Ecco cosa si capisce della sua personalità, dei suoi modi e dei suoi progetti. A partire dalle profonde differenze rispetto a Hollande

Emmanuel Macron
Emmanuel Macron, 39 anni, è un uomo a cui piace camminare controvento con l’aria di sfida di chi pensa di poter far cambiare direzione al vento stesso. Così non fosse non sarebbe riuscito nell’impresa di arrivare all’Eliseo senza un partito, sfidando la vague populista e avendo in testa un motto attribuito a Napoleone: “Impossibile non è una parola francese”.

Quelle che seguono sono considerazioni a valle di due incontri ravvicinati. Il primo l’anno scorso a Roma nell’ambasciata di piazza Farnese; il secondo pochi giorni fa a Parigi nella sede di Mediapart durante un dialogo con la redazione e uno sparuto gruppo di cronisti stranieri, tra cui chi scrive.

Macron stringe la mano con misurato vigore, poi fissa l’interlocutore negli occhi e ha il dono di farlo sentire, almeno in quel frangente, la persona più importante del mondo. È certo di poter convincere anche il più strenuo avversario. Non ad ogni costo, ma con la forza delle sue argomentazioni. Sta seduto in punta di sedia, quasi a catturare con più precisione il senso del discorso. Si tocca il viso, gesticola, intreccia le dita, enumera i punti salienti, alza l’indice per chiedere attenzione su passaggi chiave. Non svicola davanti a nessuna domanda. È qui per piacere non per compiacere. Se la gioca sulla competenza in ogni dossier. Li ha studiati, li fa risalire a una precisa visione del mondo che sta esattamente alla bisettrice tra destra e sinistra. Qualcosa dell’una e dell’altra.

Per citarlo: «La libertà economica e la libertà politica», che devono andare di passo. E a chi gli rimprovera di essere un ex della banca d’affari prima regala un sorriso e poi lo fulmina: «Lei non si è ancora liberato del passato». Argomenta: «Ultradestra e ultrasinistra hanno deciso che sono il nemico perché “vecchio” banchiere, una questione che non mi viene mai posta quando vado in banlieue... Non conosco un altro politico a cui venga perennemente ricordata la sua ex professione. Però io non voglio cambiare personaggio. So chi sono e so chi continuerò a essere. Sono stato libero di diventare banchiere provenendo da una famiglia dove non ce n’erano mai stati. Sono stato libero di lasciarli e mi dicevano che ero un pazzo se lo facevo per raggiungere un partito di sinistra (i socialisti, ndr) quando in quell’ambiente sono piuttosto di destra. Sono stato poi libero di lasciare il governo. Per prendermi altre libertà. Tanto peggio per loro se non piaccio a qualcuno, io sono così».

Quelli di Mediapart sono molto più a sinistra di lui. Ma così come non ha ceduto al populismo e ha difeso strenuamente l’Europa e l’euro, ora non cede su temi sensibili di segno opposto. Chiudere con la produzione di energia nucleare? «So che vorreste sentirvelo dire, ma è da irresponsabili, ci sono migliaia di posti di lavoro in gioco. Incrementare gradualmente le fonti rinnovabili comunque sta nel programma».

All’ennesima domanda-tormentone sul suo rapporto con la ricchezza e i poteri forti sbotta: «Se la mia fosse cupidigia non avrei mai lasciato la banca. Lì ho guadagnato molto. Poi, affrancato dai bisogni materiali, ho guadagnato la possibilità di poter scegliere il mio destino. Ho fatto parte della comunità della finanza, la conosco bene. Sentono ormai solo la responsabilità di accumulare soldi, ma non più quella verso i vicini, l’ambiente sociale. Se non recupereranno questo aspetto perderanno la libertà di cui hanno goduto sinora». Il suo programma inviso alle piazze? «Gli elettori di Fillon saranno ostili alle mie riforme economiche e sociali, così come quelli di Hamon e Mélenchon, lo so», dice.

Emmanuel Macron è di centro, grazioso di modi, ma non debole. E, dote rara per un politico, sempre sincero - o almeno così sembra. Sa che ha davanti una “fase di transizione” in cui dovrà dosare qualcosa del vecchio sistema e introdurre il nuovo. Una sintesi che si rintraccia anche nel giudizio su François Hollande, il predecessore. Lo ha abbandonato, non rinnegato: «È di moda ora attaccarlo. Però ricordatevi bene che non è mai stato sfiorato da nessun affaire di corruzione, al contrario di molto altri». Non lo imiterà tuttavia.

Hollande aveva la pretesa di essere un presidente “normale”. Prima ce n’era stato un altro, Sarkozy, che era “bling bling”. Emmanuel Macron, fin dalla postura solenne anche se un po’ impacciata della camminata al Louvre la sera dell’elezione, ha dimostrato di voler ridare un decoro al ruolo. Del resto dice: «Non ho la pretesa di essere un presidente normale. Voglio essere un presidente che presiede, un presidente impegnato». Come i francesi hanno sempre voluto il loro re repubblicano.

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità