La presidente in Commissione Antimafia commenta la sentenza dello scorso 20 luglio. E avverte: «Non dobbiamo abbassare la guardia»

«Nonostante la sentenza della Corte d’Assise di Roma, a mio parere quella di Carminati e Buzzi rimane un’associazione di stampo mafioso» il commento di Rosy Bindi oggi in Commissione Antimafia. «Continueremo a seguire con attenzione la situazione in commissione, leggeremo e valuteremo le motivazioni della sentenza e analizzeremo uno per uno gli atti processuali» continua Bindi «Una cosa deve essere chiara: l’organizzazione criminale smascherata dall’inchiesta “Mondo di mezzo” non può essere sottovalutata». Come non lo fa la sentenza, che nonostante non abbia riconosciuto l’articolo 416bis «dà ragione al lavoro svolto dalla Procura di Roma con i quasi trecento anni di carcere inflitti agli indagati».

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Bisogna ricordare inoltre come sia le ordinanze di custodia cautelare, sia due sentenze della Cassazione, «abbiano rinvenuto nell’organizzazione scoperta dalle indagini del Ros le caratteristiche della mafiosità». Tanto che il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva disposto il regime di carcere duro, il 41bis, per Massimo Carminati. Revocato dopo la sentenza del 20 luglio.

C’è ancora tanto lavoro da fare e l’impegno della politica deve proseguire. «Il parlamento deve fornire nuovi strumenti contro le mafie. Il lavoro svolto in commissione ha permesso di superare la “linea della palma”, che poneva un limite geografico al radicamento delle organizzazioni criminali» prosegue la presidente «la mafia è ovunque nel nostro paese, non solo in Sicilia, Puglia, Calabria e Campania».

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E se è stato superato il limite geografico ce n’è uno nuovo che bisogna combattere, «il limite storico, che considera organizzazioni mafiose solo Cosa Nostra, la camorra, la ‘ndrangheta e la Sacra Corona Unita» continua Rosy Bindi «Bisogna tenere a mente le parole di Giovanni Falcone: “la mafia è un fenomeno umano, e come questi ha un inizio e una fine”. Ma come tutti i fenomeni umani può avere anche nuovi inizi, e noi dobbiamo tenere alta l’attenzione, non possiamo correre il rischio di non accorgerci della nascita di nuove mafie».