Capri, luglio 2014. La stella del Barcellona Lionel Messi arriva nel Golfo di Napoli a bordo di uno yacht chiamato GiVi. Sessanta metri di imbarcazione, con tanto di bagno turco e palestra a bordo. Bisogna partire da questa immagine per capire qual è il vero interesse per il calcio di Gabriele Volpi, l’uomo che negli ultimi anni ha comprato almeno due squadre e fondato un’accademia giovanile in Africa. Lo yacht su cui viaggiava Messi, una specie di hotel galleggiante, era stato infatti offerto al fuoriclasse argentino proprio dall’imprenditore italiano.
Ma chi è Gabriele Volpe? Un ex impiegato della Carlo Erba emigrato in Nigeria quarant’anni fa, che in Africa ha creato un gruppo della logistica con un fatturato stimato in due miliardi di dollari. Perché tanta generosità nei confronti di Messi? Negli stessi giorni in cui il campione solcava i mari nostrani, il magnate ligure stava per chiudere un affare importante con un suo amico intimo: il connazionale Gustavo Mascardi, uno degli agenti sportivi più potenti al mondo.
L’affare in questione riguardava Juan Iturbe, attaccante paraguaiano di 25 anni che all’epoca aveva appena terminato una stagione memorabile con la maglia dell’Hellas Verona e stava per essere venduto alla Roma. Nell’operazione, come dimostrano i documenti letti da L’Espresso, Volpi ha avuto un ruolo rilevante: si è infatti ritrovato a possedere di fatto il 20 per cento del cartellino del calciatore, una situazione oggi proibita dalla Fifa. E decisamente poco compatibile con le sue dichiarazioni ufficiali. Anni fa, quando gli chiesero perché avesse deciso di investire nel calcio, Volpi rispose infatti di averlo fatto per beneficenza. «Dio mi ha dato un po’ di prosperità all’estero», spiegò, «così una piccolissima parte delle finanze personali voglio spenderla per togliere i ragazzi dalla strada avvicinandoli allo sport». Era il febbraio del 2012 e “il bianco più ricco d’Africa”, com’era soprannominato, stava per diventare proprietario della seconda squadra in pochi anni. Dopo aver acquistato lo Spezia, portandolo dalla serie D alla B in soli tre anni, si apprestava a rilevare il Rijeka, tra i club più titolati della Croazia.
A quasi sei anni di distanza da quell’intervista, Volpi è diventato uno degli investitori più noti e controversi d’Italia. Oggi è il secondo azionista di Banca Carige, socio di Eataly e Moncler, fresco proprietario dell’Interporto di Venezia, promotore di una serie di progetti immobiliari milionari in Liguria.
Un palmares finanziario a cui si aggiungono però parecchie ombre. Ad esempio, una condanna a due anni e sei mesi comminatagli negli anni Novanta per la bancarotta fraudolenta della società Medafrica. Oltre a diverse indagini per reati fiscali, la più importante delle quali ha portato la procura di Como a chiedere di recente il rinvio a giudizio per autoriciclaggio (oltre mezzo milione di euro trasferito dalla Svizzera all’Italia tramite alcuni spalloni). Tutto questo senza dimenticare la partnership con Gianpiero Fiorani, l’ex dominus della Banca Popolare di Lodi protagonista dello scandalo dei “furbetti del quartierino”, oggi consulente d’affari del paperone ligure.
E lo sport? Già, di soldi Volpi ne ha messi tanti anche lì. Solo per ripianare le perdite accumulate dallo Spezia nelle ultime cinque stagioni, per esempio, ha sborsato 42,6 milioni di euro. Somma a cui vanno aggiunti i denari investiti per il Rijeka e la Pro Recco, la squadra di pallanuoto dove giocò da ragazzo.
Dietro le dichiarazioni da mecenate del pallone si nasconde una storia più complicata, fatta di accordi segreti, società offshore e compravendite di giovanissimi giocatori. Come l’ex stella della Roma Iturbe, appunto. O i baby campioni africani arrivati in Italia negli ultimi anni. Promesse del calcio su cui il settantaquatrennenne con passaporto nigeriano ha tentato di realizzare, talvolta riuscendoci, profitti milionari.
Ripartiamo dal 2013, quando Iturbe è ufficialmente ancora un giovanissimo giocatore del Porto in prestito al Verona.
Come già rivelato dal nostro giornale con l’inchiesta Football Leaks, all’epoca il club lusitano non è in realtà l’unico proprietario del calciatore. Il suo cartellino è infatti diviso fra tre soci: oltre al Porto c’è il fondo lusitano Soccer Invest e quello inglese Pencilhill, azionista di maggioranza.
La svolta arriva il primo luglio 2014, quando l’attaccante viene venduto per 15 milioni al Verona. Che, solo due settimane dopo, lo rivende alla Roma per 22 milioni. Una compravendita che permette al presidente del club scaligero, Maurizio Setti, di incassare una plusvalenza di 7 milioni, una delle più alte nella storia del club. Ma non è solo il patron dell’Hellas a sorridere. Oltre a Mascardi, rappresentante del fondo Pencilhill, anche Volpi ha guadagnato dallo strano affare Iturbe. Nell’ottobre dello stesso anno la panamense Delta Limited, una società che i documenti in possesso de L’Espresso riconducono proprio all’imprenditore ligure, è diventata infatti intestataria di un’opzione sul calciatore: la scatola offshore ha ricevuto dalla Lastcard, un’altra società rappresentata da Mascardi, il diritto a ottenere il 20 per cento di quanto la Roma incasserà se dovesse vendere o prestare Iturbe.
Com’è finita lo sanno bene i tifosi giallorossi. Il “nuovo Messi”, com’era soprannominato quando arrivò nella Capitale, si è rivelato uno dei flop più clamorosi degli ultimi anni, tanto da essere finito in prestito diverse volte, dagli inglesi del Bournemouth al Torino fino ai messicani del Club Tijuana, di proprietà del businessman Jorge Hank Rhon, potentissimo nel settore delle scommesse. Qualcosa, però, Volpi deve aver guadagnato. Perché ogni volta che la Roma ha ottenuto soldi per i prestiti, alla Delta è stato girato il 20 per cento. O almeno questo prevedeva il contratto.
Ultimamente anche alla Figc, l’organo che controlla il calcio in Italia, devono avere avuto qualche dubbio sui reali interessi di Volpi per il mondo del pallone.
Lo scorso settembre la procura generale della Federazione ha aperto un’inchiesta per verificare se il milionario è il padrone occulto del Verona. Sì, proprio la società che ha realizzato un guadagno da record con la vendita di Iturbe. Inchiesta archiviata in un battibaleno, due settimane o poco più.
Gli elementi che inducono a ipotizzare un legame strettissimo tra Volpi e il club veneto però non mancano. C’è un documento datato 19 ottobre 2015. Riguarda un prestito obbligazionario da 10 milioni di euro tra la HV7, la società attraverso cui Setti controlla l’Hellas, e la San Rocco Immobiliare, una delle tante aziende di Volpi. Un modo per controllare un altro club calcistico senza apparire ufficialmente? L’ipotesi è stata sempre smentita dai diretti interessati con la seguente motivazione: il prestito riguarda Volpi e Setti, il Verona non c’entra.
Il contratto letto dall’Espresso contraddice questa tesi: «Le risorse finanziarie rivenienti dal collocamento del prestito obbligazionario in oggetto», c’è scritto, «dovranno essere destinate al sostegno finanziario dell’Hellas Verona». Insomma, i soldi prestati a Setti servivano per il club. E Volpi ne era consapevole. Il regolamento federale non vieta però alla stessa persona di controllare due club che militano in categorie diverse, come è il caso in questione. E allora perché il milionario italo-nigeriano ha sempre smentito un suo interesse nella società scaligera?
Una stranezza che fa il pari con un’altra. A fine dicembre il Rijeka, la squadra croata rilevata da Volpi cinque anni fa, ha fatto sapere che l’imprenditore ligure ha venduto tutte le sue quote. A comprare è stato Damir Miskovic, non propriamente un uomo indipendente da Volpi. Ex calciatore, oggi console onorario della Croazia in Nigeria, Miskovic dice di lavorare da 25 anni in Africa per l’imprenditore italiano, e di ricoprire attualmente il ruolo di direttore esecutivo della Orlean Invest, la holding di Volpi.
Non solo. Miskovic è lo stesso a cui il magnate ligure ha affidato il compito di gestire l’Abuja Football College, un’accademia calcistica attiva in Africa da almeno cinque anni. «Non posso dirle quanto ho pagato per acquistare il Rijeka, il prezzo è confidenziale», ha risposto Miskovic quando l’abbiamo contattato. Una ritrosia anomala nel calcio professionistico, in cui le compravendite dei club vengono solitamente rese note nei minimi dettagli.
Ma d’altra parte Volpi e i suoi uomini sono fatti così. Decine di società disseminate in paradisi fiscali: Panama, Isole Vergini Britanniche, Bahamas, Isola di Man, Malta, Lussemburgo, Liechtenstein. Tutto nella massima riservatezza.
E anche per lo sport è stata scelta una piazza discreta. Tutti i club sono controllati da una fondazione olandese, la Social Sport, di cui non è possibile conoscere i beneficiari. C’è solo un dettaglio utile. Fino a un paio d’anni fa esisteva una succursale in Belgio chiamata Volpi Sportmanship Foundation. Amministrata, oltre che dal milionario con passaporto nigeriano, dal finanziere Giovanni Tamburi e da Franco Carraro, senatore di Forza Italia e già ministro, sindaco di Roma e presidente di Figc e Coni.
Per districarsi nella complicata trama e trovare una spiegazione a tanta riservatezza bisogna seguire lo spostamento di alcuni giocatori. Giovani promesse che rimbalzano tra le varie squadre della galassia calcistica targata Volpi, quasi sempre in prestito o ceduti a parametro zero, senza dunque esborsi ingenti per i club. Se tutto va bene, tra un passaggio e l’altro il calciatore aumenta il suo valore di mercato. Finché non arriva una società esterna pronta a comprarlo. Più o meno lo stesso schema usato per Iturbe.
La casistica è ricca, ma ci sono un paio di esempi emblematici. Abdullahi Nura e Umar Sadiq sono due nigeriani classe ’97. Cresciuti nell’Accademia Abuja, arrivano allo Spezia nel 2013, ancora minorenni, per cifre sconosciute. Tre anni dopo li compra la Roma sborsando in totale 5 milioni di euro. Un bel guadagno per Volpi e la sua organizzazione benefica.
Ma il nigeriano più promettente, al momento, è Orji Okwonkwo, 19 anni, anche lui cresciuto nell’Abuja, la scuola di calcio fondata da Volpi. Nell’estate del 2016 è arrivato al Bologna, il club che Volpi in passato aveva cercato di comprare. E quest’anno, nei pochi minuti giocati, ha già segnato tre gol, tanto da essersi meritato il titolo di rivelazione della serie A. Chi è l’intestatario del giocatore? Nel bilancio del club emiliano il nome di Okwonkwo non compare, ma la società assicura di averlo acquistato interamente senza aver versato un euro all’accademia nigeriana.
Se fosse vero, Volpi si sarebbe lasciato scappare un affare milionario. E per una volta avrebbe fatto davvero beneficenza. Al Bologna, però.