Parla il geniale disegnatore che ha lavorato con Stefano Savona a "Le strade dei Samouni". «Il 3D serve a dimezzare i costi ottenendo subito un grande realismo»

“La strada dei Samouni” è firmato da Stefano Savona ma non sarebbe lo stesso senza Simone Massi. A questo animatore appartato quanto geniale che vive in campagna sotto Urbino, Savona ha chiesto di ricostruire il passato e le fantasie dei sopravvissuti. Così le case, le strade, i frutteti, ?il grande sicomoro accanto alla moschea, tutto ciò che le bombe israeliane hanno distrutto, rivive sullo schermo grazie a una combinazione insolita: animazione in 3D ?e fotogrammi disegnati, anzi “graffiati” a mano.

«Il 3D serve a dimezzare i costi ottenendo subito un grande realismo», spiega Massi. «Il mio modo consueto di lavorare ha tempi biblici. Partendo dalle immagini girate da Savona nella striscia di Gaza, invece, gli animatori in 3D hanno ricostruito velocemente ambienti, persone, movimenti, perfino le riprese fatte dai droni al momento del bombardamento», ricreate grazie a una commissione d’inchiesta israeliana che ha ammesso l’errore militare.
Ma il computer è solo l’inizio. Ottenute le immagini in 3D, Massi e i suoi collaboratori hanno ridisegnato tutto a mano, un fotogramma alla volta, passando dalla perfezione ?un po’ algida della computer grafica all’imperfezione viva ?e palpitante dell’immagine animata. ?La stessa che rende “vere” anche fantasie surreali, ?come la controffensiva scatenata da uccelli che scaricano pietre su elefanti blindati.
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«Personalmente non ho mai messo piede a Gaza, ma ho studiato le scene girate sul posto da Stefano Savona fin ?dal 2009, e ancor prima ho ascoltato con emozione i suoi racconti», riprende Massi. «Parlare con lui, che con i Samouni ha costruito un rapporto di totale confidenza e intimità, è stato fondamentale per entrare in un mondo lontano ma al tempo stesso vicinissimo al mio. Perché dopo anni di lavoro sulle memorie della mia terra ho capito che la vita in campagna in fondo è la stessa ovunque. Me lo disse anche Sokurov, ospite al festival che organizzo a Pergola, “Animavì”, assistendo ai racconti dei contadini del luogo. ?La fame, lo sfruttamento, si somigliano sempre. Io vengo ?da una famiglia poverissima. A casa mia da bambino non c’era neanche un libro, mia nonna era analfabeta. Ma sono cresciuto ascoltando storie bellissime, incredibili».
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Sono le storie che hanno ispirato una ventina di “corti” onirici e pietrosi, premiati nei festival di tutto il mondo. Anche se ora Massi dice basta. «Autoprodursi stanca. ?Vorrei fare un film vero, un lungometraggio. Si chiama “Tre infanzie”, ho già la sceneggiatura pronta. Impasta le mie cose di sempre, le uniche che conosco, la civiltà contadina, le radici, la Resistenza. Ma nessuno vuole produrlo».

Forse Massi e Savona dovevano incontrarsi. In fondo animazione e documentario sono facce di una stessa medaglia. Quella di un cinema davvero indipendente ?che non si stanca di cercare e rischiare. Ma che nessuno sostiene.