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7 luglio, 2025Il presidente brasiliano attacca il tycoon dopo la pubblicazione sui social delle lettere con cui ha annunciato i nuovi dazi per Giappone e Corea del Sud: "Non vogliamo un imperatore". Lo scontro anche per la difesa di Bolsonaro: "Non accettiamo interferenze"
Con Donald Trump si era entrati già da mesi in una nuova era della comunicazione politica, con ogni regola diplomatica bistrattata. Oggi - 7 luglio - c'è stato l’invio delle lettere ai Paesi che non hanno ancora firmato accordi commerciali con gli Stati Uniti. Per annunciare l’introduzione di nuovi dazi a partire dal prossimo primo agosto, sono state pubblicate anche sul suo social personale, Truth.
"Non vogliamo un imperatore"
Su questo punto – nel metodo, ma anche nel merito – il presidente brasiliano Lula ha attaccato Trump: “Non mi sembra una cosa molto responsabile o seria che il presidente di un Paese grande come gli Usa minacci gli altri Paesi via Internet. Non è giusto - ha detto mentre presiedeva il vertice dei Paesi Brics, in corso a Rio De Janeiro -. Non vogliamo un imperatore. Siamo Paesi sovrani. Se lui pensa di poter tassare, anche i Paesi hanno il diritto di farlo. C'è la legge della reciprocità”.
Lo scontro su Bolsonaro
Ma quello sui dazi non è l’unico fronte di scontro che ha visto Lula opporsi a Trump. Dopo che il tycoon ha difeso l’ex presidente brasiliano, nonché suo stretto alleato e amico personale, Jair Bolsonaro – “Seguirò da vicino la caccia alle streghe”, aveva promesso Trump –, Lula ha incalzato il suo omologo americano: "Siamo un Paese sovrano. Non accettiamo interferenze o tutela da parte di nessuno. Nessuno è al di sopra della legge. Soprattutto coloro che attentano contro la libertà e lo stato di diritto”.
Di cosa è accusato Bolsonaro
Bolsonaro è alle prese con un processo che lo vede accusato di aver tentato di impedire, sulla falsariga di quanto avvenuto a Capitol Hill il 6 gennaio del 2021, l’insediamento dello stesso Lula; un colpo di Stato che, secondo l’accusa, è fallito solo per la mancanza di sostegno da parte dell’esercito. L’ex presidente, insieme ad altri sette ex collaboratori, rischia fino a 40 anni di carcere se sarà dichiarato colpevole.
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