Si chiamano “musalsalat” e sono le soap opera prodotte nei Paesi arabi seguite da centinaia di milioni di spettatori. Siamo andati a vedere come funziona questo business (Foto di Andrea & Magda)
Bella, elegante, assorta nei suoi pensieri, una giovane donna siede dentro una tipica tenda beduina. Vestiti, mantello e turbante neri e viola la coprono quasi del tutto, facendo spiccare il viso perfettamente truccato e una mano ingioiellata. Intorno a lei, tappeti, arazzi, pelli di animale, cassettoni e cofanetti di fattura pregiata. Tutto è tipicamente beduino e tutto è assolutamente falso: siamo in Giordania, sul set di “Dhebbah Ighleis” (“Ighleis l’assassino”), serie televisiva che è un esempio tipico del nuovo corso delle “musalsalat”, le telenovelas prodotte nei Paesi arabi. Shooting of the series ìDhebbah Ighleisî (ìIghleis the killerî) Jordan, March 2017 (Arab Telemedia). The story is inspired by a legendary character from the Bedouin mythology: Ighleis, a bloodthirsty killer is the hero of the series. His name is well known by the bedouins, reminding the stories told to frighten children.
Tournage de la sÈrie "Dhebbah Ighleis" ("Ighleis le tueur") Jordanie, Mars 2017 (Arab Telemedia). La sÈrie met en scËne un personnage lÈgendaire de la mythologie bÈdouine: Ighleis, un guerrier sanguinaire, est ici le hÈro. Son nom, pour les bÈdouins, Èvoque les histoires qu'on raconte aux enfants lorsqu'on veut leur faire peur.
Riprese della serie "Dhebbah Ighleis" ("Ighleis the killer") Jordan, marzo 2017 (Arab Telemedia). La storia è ispirata a un personaggio leggendario della mitologia beduina: Ighleis, un assassino assetato di sangue, è l'eroe della serie. Il suo nome è ben noto ai beduinie ricorda le storie raccontate per spaventare i bambini. Tra qualche istante la scena finirà e l’attrice si struccherà, si cambierà e tornerà alla sua vita quotidiana. La serie invece alla fine della lavorazione verrà mandata a cercare fortuna nei Paesi del Golfo: ispirata a un leggendario e sanguinario predone beduino (l’equivalente dell’“Uomo Nero” che spaventava i bambini italiani di qualche decennio fa), “Debbah Ighleis” è pensata per i telespettatori della penisola araba, che sono particolarmente affezionati alle storie ambientate nel leggendario passato delle tribù nomadi. E contribuirà a far sopravvivere tra i diretti interessati quell’immagine orientalista della vita che fu codificata più di un secolo fa da viaggiatori e colonizzatori europei. Shooting of the series ìJareemat Shaghafî (ìPassionate Crimeî), Lebanon mars 2016 (Media 7 revolution). The lebanese star Nadine El Rasi plays the role of a prisoner. In the story, she is accused of having killed her husband, who in fact committed suicide after an unfortunate misunderstanding in the first episode. For the scene, the actress prefered to keep her beauty make up, the style being more important than realism for her.
Tournage de la sÈrie "Jareemat Shaghaf" ("Crime Passionnel") Liban, Mars 2016 (Media revolution 7). La star libanaise Nadine El Rasi incarne le personnage d'une prisonniËre. Dans l'intrigue, la belle prisonniËre est accusÈe d'avoir assassinÈ son mari, qui s'Ètait en fait suicidÈ sur un malentendu dans le premier Èpisode. Pour la scËne, l'actrice prÈfËre conserver son maquillage beautÈ ‡ celui de prisonniËre, privilÈgiant le style au rÈalisme du rÙle.
Ripresa della serie "Jareemat Shaghaf" ("Passione criminale"), Libano, Marte 2016 (Media 7 rivoluzione). La star libanese Nadine El Rasi interpreta il ruolo di una prigioniera. Nella storia, è accusata di aver ucciso suo marito, che in realtà si è suicidato dopo uno sfortunato fraintendimento nel primo episodio. Per la scena, l'attrice preferiva mantenere la sua bellezza, lo stile era più importante del realismo per lei. Un modello che in Occidente, dopo le critiche di Edward Said, è stato messo violentemente in discussione, ma è invece ancora oggi amatissimo dagli arabi più conservatori. Come sono quasi sempre i produttori di queste telenovelas: «Gli imperi mediatici sono perlopiù finanziati da capitali provenienti dalle monarchie tradizionali dei Paesi del Golfo, che impongono la loro impronta conservatrice alle musalsalat arabe», ha scritto in un saggio Alexandra Buccianti, studiosa dei media locali. Shooting of the series ìMesh Anaî (ìNot for meî), Lebanon, Mars 2016 (M&M production). The scene is shot in the villa of a rich lebanese family, that offered the use of the house to the production. Lebanese productions usually use real locations, as there are no big studios like in Egypt for example. The decoration of the living room has not been altered for filming.
Tournage de la sÈrie "Mesh Ana" ("Sans moi"), Liban, Mars 2016 (M&M production). La scËne est tournÈe dans la villa d'une riche famille Libanaise, qui a mis ‡ disposition sa maison ‡ la production: les sÈries Libanaises sont presque systÈmatiquement tournÈes dans des lieux existants, en l'absence de grands studios comme en Egypte. La dÈcoration est celle d'origine choisie par les propriÈtaires.
Ripresa della serie "Maglia Ana" ("Non per me"), Libano, Marte 2016 (produzione M & M). La scena è girata nella villa di una ricca famiglia libanese, che ha offerto l'uso della casa alla produzione. Le produzioni libanesi di solito usano luoghi reali, perché non ci sono grandi studi come in Egitto, ad esempio. La decorazione del soggiorno non è stata modificata per le riprese. Le musalsalat hanno un peso sempre maggiore nei palinsesti televisivi dei Paesi arabi e per questo se ne girano sempre di più. Andrea & Magda - la coppia italo-francese autrice del reportage “Arabian Tales” che pubblichiamo in queste pagine - ha dedicato finora due anni per raccontarle, visitando una decina di set tra Egitto e Medio Oriente. Un lavoro finanziato dal Centre National des Arts Plastiques e dalla Fondation Les Treilles per mettere a fuoco le diverse anime di un settore del tutto sconosciuto allo spettatore televisivo occidentale. Shooting of the series ìQawalis al Madinaî (ìbehind the city's wallî) Lebanon, April 2016 (Assada Production).The series is inspired from real facts, with three criminal cases of politics and corruption, that shook Lebanon a few years earlier. The actor Youssef Haddad plays a corrupt judge, who is also known in Lebanon for his homosexuality. In the series, this aspect of his life is explicitly shown, which is still a new thing for the lebanese public.
Tournage de la sÈrie "Qawalis al Madina" ("Les coulisses de la citÈ"), Liban, Avril 2016 (Assada Production) . La sÈrie s'inspire de faits rÈels en mÍlant trois affaires criminelles qui ont ÈbranlÈ le Liban quelques annÈes plus tÙt, impliquant politiques et faits de corruption. L'acteur Youssef Haddad incarne un juge corrompu, qui est aussi connu au Liban pour son homossexualitÈ: dans la sÈrie, cet aspect de sa vie est rÈvÈlÈe sans dÈtour, une premiËre pour la tÈlÈvision libanaise.
Riprese della serie "Qawalis al Madina" ("dietro le mura della città") Libano, aprile 2016 (Assada Production). La serie si ispira a fatti reali, con tre casi criminali di politica e corruzione, che hanno scosso il Libano alcuni anni prima. L'attore Youssef Haddad interpreta un giudice corrotto, noto anche in Libano per la sua omosessualità. Nella serie, questo aspetto della sua vita è esplicitamente mostrato, che è ancora una novità per il pubblico libanese. Ad attirare i produttori di musalsalat è il mercato potenzialmente molto ampio: i Paesi di lingua araba sono più di venti, i canali televisivi tradizionali oltre trecento e i potenziali spettatori più di duecento milioni. La lingua non è esattamente la stessa per tutti, ma finora questo non è stato un problema. All’inizio le musalsalat parlavano prevalentemente egiziano, la lingua della più fiorente industria cinematografica dell’area. Poi sono passate a un arabo classico, modellato sulla letteratura e sul giornalismo televisivo alla Al Jazeera. Ora invece stanno scoprendo il gusto di conservare la parlata del Paese produttore, che spesso finisce per diventare anche quella di un determinato genere di storie: così succede che in televisione i beduini parlino sempre giordano, i poliziotti libanese, i migranti siriano, le coppie di innamorati egiziano… Shooting of the series ìJareemat Shaghafî (ìPassionate Crimeî), Lebanon mars 2016 (Media 7 revolution). The actress Nadine El Rasi in preparing for a prayer scene at the cemetery. The plate has been inscribed for the scene, but the shooting is in a real cemetery.
Tournage de la sÈrie la sÈrie "Jareemat Shaghaf" ("Crime Passionnel") Liban, Mars 2016 (Media revolution 7). L'actrice Nadine El Rasi est prÈparÈe pour une scËne de priËre au cimetiËre. La plaque de la tombe a ÈtÈ gravÈe pour la scËne, tandis que le tournage se dÈroule dans un vrai cimetiËre.
Ripresa della serie "Jareemat Shaghaf" ("Passione criminale"), Libano, Marte 2016 (Media 7 rivoluzione). L'attrice Nadine El Rasi si prepara per una scena di preghiera al cimitero. la lapide è stata incisa per la scena, ma le riprese sono in un vero cimitero. Ogni produzione nazionale infatti tende a specializzarsi, andando incontro non solo ai gusti del pubblico ma alle proprie potenzialità. Grazie alla grande tradizione di cinematografia, l’Egitto ha un know-how unico per i set artificiali. Nel deserto vicino alle piramidi nascono dal nulla palazzi che diventano la location per storie ambientate ai tempi della colonizzazione inglese, come “Wahet Al Gheroub” (Oasi del tramonto”). Mentre per la serie “Al Halal” (“Ciò che è permesso”), che racconta una storia di poveri ma belli nel quadro di un genere amatissimo dal pubblico locale, è stato costruito dal nulla un intero vecchio quartiere del Cairo, con tanto di soffitti macchiati di fumo e intonaci pieni di crepe. Shooting of the series "Li a'la Se'er" (ìthe highest priceî) Egypt, April 2017 (El Adl Group). The production chose Sinai as the scenery to shoot the romantic images of the honey moon of the 2 heroes. In the following episodes, the couple will soon have to face the temptation of adultery.
Tournage de la sÈrie "Li A'la Se'er" ("Au prix fort"), Egypte, SinaÔ, Avril 2017 (El Adl group). La production a choisi le dÈcor du SinaÔ, sur la cÙte de la mer rouge, pour tourner les images romantiques du voyage de noces des deux hÈros. Au cours des Èpisodes suivants le couple traversera bientÙt la tentation de l'adultËre.
Ripresa della serie "Li a'la Se'er" ("il prezzo più alto") Egitto, aprile 2017 (Gruppo El Adl). La produzione ha scelto il Sinai come scenario per riprendere le immagini romantiche della luna di miele dei 2 eroi. Nei seguenti episodi, la coppia dovrà presto affrontare la tentazione dell'adulterio. Invece in Libano - dove hanno trovato rifugio molti cineasti siriani, dai registi agli attori alle maestranze in fuga dalla guerra - i nuovi arrivati hanno importato l’abitudine a girare serie più realistiche, legate all’attualità e alla cronaca nera, come “Jareemat Shagaf”: che sia un attentato o una visita a una tomba, viene girato sempre per strada o in un vero cimitero. I ricchi libanesi mettono volentieri a disposizione delle troupe che cercano location i loro appartamenti decorati con lusso, se non con buon gusto, per drammi d’amore come “Amr al leila” (“Il signore della notte”). Shooting the series ìAl Halalî, Egypt Mars 2017 (Cedar Group). Very popular in Egypt, the style of series ìshaabiî (from the people) takes place in poor areas. In a society where social classes are sharply divided, television has to be for everyone. On this shoot, the studio replicates a quarter of Cairo. This sheet is mounted to be used to filters the sunlight.
Tournage de la sÈrie "Al Halal", Egypte Mars 2017 (Cedar Group). Les Egyptiens sont friands des sÈries de style "shaabi" (populaires), dont les histoires se dÈroulent dans des quartiers pauvres. Dans une sociÈtÈ o˘ les diffÈrentes classes sociales sont impermÈables les unes aux autres, la tÈlÈvision doit plaire ‡ tous. Sur ce tournage, le studio rÈplique un quartier du Caire. Le voile qui permet de filtrer la lumiËre du soleil est en train d'Ítre montÈ.
Girando la serie "Al Halal", Egypt Mars 2017 (Cedar Group). Molto popolare in Egitto, lo stile della serie "shaba" (dalle persone) si svolge in aree povere. In una società in cui le classi sociali sono nettamente divise, la televisione deve essere per tutti. In questo servizio, lo studio riproduce un quartiere del Cairo. Questo lenzuolo è montato per essere usato per filtrare la luce solare. Produrre le soap opera in casa ha molti vantaggi, per il pubblico dei Paesi arabi. Prima di tutto, perché si evita il pericolo dei messaggi inquinanti portati da certe fiction: dal consumismo americano alla passionalità messicana. Anche con le storie che vengono dal mondo musulmano non sempre si può stare tranquilli dopo il grande scandalo di “Noor”, doppiata in siriano e trasmessa nel 2008 con un successo entrato nella leggenda: l’ultima puntata è stata vista da 85 milioni di persone; secondo alcuni calcoli, metà delle donne di tutto il mondo arabo ha sintonizzato la televisione su quel canale. La trama di “Noor” sembrerebbe castissima a un pubblico occidentale. Malgrado questo, la serie ha attirato prima le forbici del censore, poi gli strali delle autorità religiose: dal divieto di entrare in moschea con le magliette decorate con i volti dei protagonisti, alla minaccia di una fatwa - una condanna a morte - lanciata dal capo dei tribunali religiosi dell’Arabia Saudita contro i proprietari della televisione che la trasmetteva. Una condanna che ha creato un problema politico non da poco, visto che i padroni del media sauditi sono tutti imparentati con la famiglia reale. Shooting of the series ìQawalis al Madinaî (ìbehind the city's wallî) Lebanon, April 2016 (Assada Production). The scene replicates a car bombing: the story mixes three criminal cases involving politics and corruption that shook Lebanon a few years earlier. It was produced on the initiative of journalist Ghada Eid, who wanted to raise public awarness by using elements of real life.
Tournage de la sÈrie "Qawalis al Madina" ("Les coulisses de la citÈ"), Liban, Avril 2016 (Assada Production) . La scËne reproduit un attentat: l'intrigue mÍle trois affaires criminelles qui ont ÈbranlÈ le Liban quelques annÈes plus tÙt, impliquant politiques et faits de corruption. La sÈrie libanaise, produite ‡ líinitiative de la journaliste Ghada Eid, innove en s'inspirant de faits rÈels.
Ripresa della serie "Qawalis al Madina" ("dietro le mura della città") Libano, aprile 2016 (Assada Production). La scena replica un'autobomba: la storia mescola tre casi criminali che coinvolgono politica e corruzione che hanno scosso il Libano alcuni anni prima. È stato prodotto per iniziativa della giornalista Ghada Eid, che voleva sensibilizzare l'opinione pubblica usando elementi della vita reale. Nessun rischio del genere con le musalsalat “muslim friendly”, prodotte tra Egitto e Medio Oriente. Non c’è traccia di situazioni peccaminose nella serie egiziana “Li a’la Se’er” (“Il prezzo più alto”), che pure segue una coppia di sposi dalla luna di miele alle prime tentazioni di adulterio. E nemmeno nel libanese “Ya rayet” (“Lo voglio”), storia dell’amore contrastato tra una ragazza del posto e il figlio di profughi siriani. Malgrado l’autocensura sui temi più sexy, per soddisfare il pubblico sempre più esigente le produzioni si aprono a temi di attualità scottanti e le conseguenze cominciano a farsi sentire. Come quando in Libano la serie “Qawalis al Madina” (“Dietro le mura della città”) ha romanzato una storia vera, che aveva per protagonista un giudice molto noto e dichiaratamente omosessuale. Shooting of the series ìDhebbah Ighleisî (ìIghleis le tueurî) Jordan, Mars 2017 (Arab Telemedia). Jordanians are known for the production of bedouin series. The style of these series is not realistic; it is mainly watched in the Gulf countries, who enjoy this oriental fantasy.
Ripresa della serie "Dhebbah Ighleis" ("Ighleis le tueur") Jordan, Mars 2017 (Arab Telemedia). I giordani sono noti per la produzione di serie beduine. Lo stile di queste serie non è realistico; è principalmente visto nei paesi del Golfo, che amano questa fantasia orientale.
Tournage de la sÈrie "Dhebbah Ighleis" ("Ighleis le tueur") Jordanie, Mars 2017 (Arab Telemedia). Les Jordaniens sont spÈcialisÈs dans les sÈries bÈdouines: loin de chercher le rÈalisme, ces sÈries sont surtout regardÈes dans les pays du golfe, qui raffolent de cet imaginaire orientaliste. Sbocchi sul mercato occidentale per la produzione di musalsalat non sono previsti, per ora. Anche se Babel, uno dei canali visibili su Sky, ne ha programmate tre, in arabo con sottotitoli italiani, durante l’ultimo Ramadan: il mese del digiuno è per tradizione anche quello più dedicato alla televisione, con i dati di ascolto che raddoppiano in tutti i Paesi musulmani e serie di trenta puntate prodotte apposta per essere trasmesse una a sera. Per non parlare della trasmissione sul web, su Youtube o sul canale di Google dedicati esclusivamente alle musalsalat, che così vengono messe a disposizione di tutti gli arabofoni sparsi per il mondo: una diaspora che va dal Cile all’Olanda, dalla Svezia all’Australia. E forse presto anche loro, come succede agli occidentali abbonati a Netflix, inizieranno a farne malsane scorpacciate: come si dirà “binge watching” in arabo?
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