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Cultura
aprile, 2018

La psichedelia torna a conquistare il mondo

King Gizzard & The Lizard Wizard, Tame Impala, Black Angels: la neopsichedelia fa rinascere l’estetica del “flower power”. Non è un esercizio di nostalgia per vestiti stravaganti, colori e percezioni alterate da funghi magici. Ma l’omaggio a un’arte d’avanguardia, dal suono fino al design

Chiusi nella loro sala prove di Melbourne sette giovani rocker australiani si lanciano in lunghe jam sessions con cui superano i limiti della forma canzone e sperimentano brani dove mischiano psichedelia, garage, kraut-rock e una mezza dozzina di altre influenze sonore. Sono i King Gizzard & The Lizard Wizard, la punta di diamante della nuova scena psichedelica, e il loro desiderio più grande è quello di trovare nuove forme di comunicazione. «Mi sembra che ci siano un milione di modi per fare musica o per realizzare un disco che non ho ancora indagato. Per non parlare di così tanti strumenti da imparare, musica da ascoltare, culture da esplorare», dice il cantante e chitarrista Stu Mackenzie.

Lo scorso anno la formazione australiana ha battuto ogni record di creatività pubblicando cinque album in una sola stagione. In totale, di dischi, i King Gizzard ne hanno realizzati tredici tra il 2012 e lo scorso dicembre, a conferma di un approccio totalizzante alla loro musica e di una verve artistica che non conosce confini.
I nuovi esponenti della psichedelia sono ragazzi i cui padri non erano neppure nati all’epoca della “Summer of Love” del 1967, il momento più alto della controcultura americana del Novecento. Non sono i soli. 
I King Gizzard al Coachella Festival di Indio, California

L’elenco dei gruppi che rileggono in chiave contemporanea l’ispirazione estetica e culturale che proviene inequivocabilmente dalla fine degli anni Sessanta è lungo.
Band in circolazione da tempo, come i danesi Baby Woodrose o gli statunitensi Brian Jonestown Massacre, e che adesso riempiono i club essendo riusciti a conquistarsi un fedele seguito di fan. O gruppi più giovani come i texani Black Angels, in attività dalla metà degli anni Duemila e tra gli organizzatori del festival psichedelico di Austin. Con un nome ispirato a una canzone dei Velvet Underground (“The Black Angel’s Death Song”), il quintetto ha sin qui pubblicato cinque album di rock oscuro e ipnotico, tutti acclamati da critica e pubblico, l’ultimo dei quali, “Death Song”, ha visto la luce lo scorso anno.

Molto celebrati sono pure gli australiani Tame Impala, venuti allo scoperto nel 2010 con “Innerspeaker”, lavoro che l’influente sito musicale Pitchfork ha descritto come un incrocio di «psichedelia americana dei tardi anni Sessanta, rumorosi riff della Motor City e decenni di pop britannico che va dal pop bucolico dei Kinks alla vivida espansività dei Verve fino al calore narcotico degli Stone Roses». Da allora il gruppo di Perth ha realizzato altri due dischi (“Lonerism” e il più elettronico “Currents”), facendo incetta di premi non solo in madre patria, a testimonianza di una fama non più ristretta al mondo indipendente.

Affascinato dal rock psichedelico, anche se la sua musica è un frullatore in cui trovano posto molteplici influenze, è anche il folletto californiano Ty Segall: un musicista dalla creatività straripante grazie alla quale ha lasciato dietro di sé, da solista o con i mille progetti che lo hanno coinvolto, una lunga scia di dischi. A fine gennaio è uscito “Freedom’s Goblin”, decimo album in navigazione solitaria e lavoro ambizioso: 19 brani per settantacinque minuti di durata.

Ty Segall in concerto a Los Angeles

Questi gruppi rappresentano soltanto la punta dell’iceberg del movimento neopsichedelico che sta attraversando il pianeta a ogni latitudine, grazie anche a un mondo senza più barriere che viaggia alla velocità di Internet ed è interconnesso in tempo reale. Così cinquant’anni dopo l’esplosione del “flower power” per le vie di Londra e San Francisco, la psichedelia è ancora qui tra noi.

A Liverpool, la città dei Beatles, si tiene ogni anno il Pzyk, conosciuto anche come Liverpool International Festival of Psychedelia: una celebrazione intercontinentale di musica retro-futurista che si muove nell’alveo del rinascimento psichedelico contemporaneo. A partire dal 2012, ogni anno nel mese di settembre l’ex cuore industriale del Merseyside accoglie per due giorni migliaia di spettatori e i migliori gruppi e video-artisti da tutto il mondo. Un tuffo in una dimensione caleidoscopica dove light-show, video e musica dal vivo danno forma a un universo parallelo. Gli organizzatori, però, ci tengono a precisare che il Pzyk «non è un esercizio di nostalgia o un rigurgito dell’Ufo», il club underground di Londra che tra il dicembre 1966 e il settembre 1967 ospitò i primi viaggi interstellari dei Pink Floyd di Syd Barrett. «La nostra è piuttosto la celebrazione di una cultura all’avanguardia dell’esplorazione artistica».

UN PUBBLICO DI VENTENNI

Dall’altra parte dell’Oceano a tenere alto il vessillo dell’acid rock è il Levitation, nato nel 2008 come Austin Psych Fest. Da piccolo festival indipendente, grazie anche al passaparola in Rete, l’evento è cresciuto sino a diventare la manifestazione di genere più importante al mondo con un cartellone che riunisce ogni anno la crema della psichedelia contemporanea e attira una comunità di appassionati provenienti da ogni continente. Quest’anno il Levitation si terrà dal 26 al 29 aprile con un cast impressionante.

Tra gli ospiti principali Brian Jonestown Massacre, Ty Segall, Black Angels, Oh Sees, Wooden Shjips, Electric Wizard, oltre ai redivivi Slowdive: tutti nomi che in tempi recenti hanno lasciato un segno e che riscuotono i favori di un pubblico composto prevalentemente da ventenni che della stagione dei fiori conoscono poco o nulla. Per loro la psichedelia viaggia su Internet, si trova nei blog e nei video su Youtube, oltre che negli happening dal vivo che spuntano come funghi in ogni angolo del pianeta: dal Regno Unito agli Usa passando per il Portogallo, la Spagna, la Francia, il Cile, il Canada, la Svezia e la Finlandia. Il solo Levitation, curato da un manipolo di appassionati riuniti sotto l’evocativa sigla di The Reverberation Appreciation Society, in omaggio al leggendario gruppo Sixties locale dei 13th Floor Elevators, ha trovato terreno fertile a Vancouver, Chicago e anche ad Angers, in Francia, dove sono state organizzate delle edizioni gemelle.


Questo ritorno della psichedelia non stupisce affatto Matteo Guarnaccia, storico disegnatore underground italiano e studioso delle controculture: «La psichedelia è come un fiume carsico: scompare all’improvviso per ricomparire a distanza di decenni altrettanto improvvisamente». Nel suo nuovo coloratissimo volume, “Il grande libro della psichedelia”, da poco uscito per Hoepli, Guarnaccia rintraccia il filo conduttore che parte dai primi del Novecento, con lo studio degli effetti psicoattivi delle droghe naturali usate nei culti magici di antiche culture, dagli Aztechi agli indiani nativi d’America, per arrivare all’esplosione del “flower power” negli anni Sessanta: «Fu un momento esuberante nel campo della creatività e della comunicazione. Un’esperienza partita in sordina, inizialmente riservata agli scienziati e agli intellettuali anglosassoni e mitteleuropei, e diventata grazie alla musica rock un’avventura collettiva che ha coinvolto giovani ribelli, registi che cercavano una nuova modalità di raccontare il cinema, scrittori, drammaturghi, stilisti. Tutti in grado di leggere la realtà attraverso la percezione alterata».

Percezione alterata dalle sostanze psichedeliche: non solo il peyote dei riti esoterici dell’America Latina descritto da Carlos Castaneda ne “Gli insegnamenti di Don Juan”, ma anche i funghi magici e soprattutto la droga allucinogena per eccellenza: l’Lsd. Una sostanza sintetizzata in laboratorio dal chimico svizzero Albert Hoffman nel 1943 e i cui effetti creativi si manifestarono solo un ventennio dopo caratterizzando in maniera prepotente i meravigliosi anni Sessanta. Soprattutto tra il 1967 e il 1969. Ovvero tra l’anno magico della “Summer of Love” californiana con il quartiere di Haight-Ashbury a San Francisco preso d’assalto da centinaia di giovani scappati di casa, del Festival Pop di Monterey che segnò la definitiva ascesa della stella di Jimi Hendrix e della comunità di artisti locali con a capo i Grateful Dead del barbuto Jerry Garcia e i Jefferson Airplane dell’avvenente Grace Slick; e l’apice raggiunto nei tre giorni di “pace, amore & musica” a Woodstock e la fine del sogno hippy al concerto gratuito dei Rolling Stones ad Altamont, caratterizzato dalle violenze degli Hell’s Angels.

E L'ONDA ARRIVA A GUCCI

In quei tre anni si sperimentò un’esplosione di luce, di colori sgargianti, di musiche innovative, di capi d’abbigliamento stravaganti, di film visionari e di espressioni artistiche che riverberavano i viaggi all’Lsd.
«L’influenza della psichedelia parte dalla musica e incrocia tutte le espressioni della creatività: dalla grafica all’illustrazione, dal design alla moda, fino al cinema», ricorda oggi Guarnaccia.

Negli anni Sessanta il rock psichedelico non sarebbe stato lo stesso se non si fosse fuso, sino a diventare una cosa sola, con l’attività di disegnatori e grafici segnati anche loro dall’esperienza lisergica. Artisti in grado di ricreare la dimensione magica dei “viaggi” e di riportarne su carta i colori vividissimi, alterando le forme, piegando e deformando il lettering. Anche oggi è così.

Ai Rick Griffin, Victor Moscoso, Wes Wilson, Stanley Mouse, Martin Sharp, che con il loro tratto grafico marchiarono in maniera indelebile quella stagione, oggi rispondono poster artist che dagli Stati Uniti all’Europa reinterpretano la materia dei sogni. Chuck Sperry è forse l’artista che più di ogni altro ha raccolto il testimone dei grandi maestri californiani. Le sue opere sono coloratissime e prendono spunto tanto dall’Art Nouveau quanto dalla Pop art. Da solo o in coppia con Ron Donovan, disegnatore recentemente scomparso con cui formava il team creativo Firehouse, Sperry ha disegnato centinaia di locandine di concerti per personaggi come Bob Dylan, Patti Smith, Who, Queens Of The Stone Age, Nick Cave, Kraftwerk e per una miriade di gruppi underground. Molto apprezzati sono pure lo svedese Robin Gnista, il tedesco Kiryk Drewinski e il collettivo italiano Malleus.

E la moda? Tracce evidenti si trovano nel lavoro di molti fashion designer. Ad esempio nella collezione 2017 della stilista greca Mary Katranzou, ricca di richiami optical, ma anche in quella di Gucci. O, andando indietro di pochi anni, nei vestiti di Dries van Noten e nei costumi da bagno di Mara Hoffman. Per Guarnaccia «il motivo per occuparsi oggi di psichedelia è semplice: è ancora qui con noi. È durata ben oltre le canoniche otto ore del viaggio chimico».

Modelle con gli abiti di Mary Katranzou si preparano per una sfilata

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